La Prima Estate, Nas ci spiega cosa significa fare rap. La recensione del concerto

Musica
Valentina Clemente

Valentina Clemente

Credit foto: Stefano Dalle Luche

Queensbridge, Versilia. La sottile linea rossa che unisce la Big Apple al Lido di Camaiore si chiama Nas, maestro del rap statunitense, che dà ufficialmente il via alla prima giornata de “La Prima Estate”. Un concerto di ottanta minuti in cui l’artista regala ogni sua energia ai presenti e che ci spiega, molto semplicemente, che è di pochi e per pochi. Quelli che lo sanno fare, proprio come Nas

 

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Non è certo una sorpresa, Nas. Anzi: che fosse bravo si sapeva, e pure da tempo. Ma il concerto al Parco BussolaDomani, che lo ha visto headliner del primo giorno dell’edizione 2023 del Festival “La Prima Estate”, è stato un’ulteriore conferma del suo talento.

 

Sì, Talento, quello vero, che hanno in pochi. E lui è uno di quelli. Quando sale sul palco il pubblico è in estasi, e non ha ancora iniziato con le sue rime. Bastano poche note e il pubblico va ufficialmente in visibilio. È lui, due musicisti e la sua bravura. Nulla più. O meglio: per pochi è sufficiente l’essenziale, proprio come il palco di Nas. Dietro di lui la scritta “The world is yours".

Un tributo a “King’s Disease” e alla Big Apple

 

Una celebrazione della trilogia creata con il produttore Hit-Boy proprio negli ultimi tre anni, che gli ha dato il primo Grammy della sua lunga carriera. Ma soprattutto un concerto che racconta la sua New York, ancor di più il suo quartiere, Queens, forse raccontato ancora troppo poco. Dietro di lui, rima dopo rima, si vedono immagini proprio di quelle zone, di quella Grande Mela di cui, da anni, è il protagonista. Si vedono immagini di Tupac, della neve che scende su New York, a volte solo una scritta, Nas, quasi a voler dire “c’è la musica, non c’è bisogno di aggiungere altro”.

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Ed è probabilmente questa la lezione più importante che ciascuno di noi può portare a casa, dopo un live come quello di Nas, una leggenda del rap che non ha la pretesa di esserlo (e che non sente la necessità di ripeterlo a tutti, ogni giorno): il rap, se rispettato, curato e studiato (e ben fatto) è sufficiente. Non serve nient’altro: nessun effetto speciale, perché gli effetti speciali sono proprio quelli che uno come questo artista straordinario fa con le sue strofe. In inglese, certo. Ma per tutti. E anche per chi, proprio grazie alle sue canzoni, si è avvicinato e ha conosciuto la cultura hip-hop e approfondito il mondo del rap. Perché si sa, bisogna sempre imparare dai migliori. E Nas lo è.

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Credit foto: Stefano Dalle Luche
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