Marco Mengoni: “Materia (Prisma) è un album arrabbiato, voglio la libertà dell’uomo”

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Si chiude con questo album la trilogia Materia. L’artista spinge l’Italia a mettersi al passo dell’Europa in tema di diritti umani e civili. E adesso il tour. L’INTERVISTA

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Con "Materia (Prisma)" Marco Mengoni esplora nel profondo ogni singola sfaccettatura che caratterizza l’essere umano, traducendo in musica le esperienze e gli insegnamenti che ha fatto propri grazie al suo spirito d’osservazione che da sempre lo accompagna, come lui stesso racconta in questa intervista.

Marco con “Materia (Prisma)” si chiude la tua trilogia. Partiamo con “Pazza Musica”, il brano condiviso con Elodie.
Si va incontro all’estate, nel nostro pezzo non c’è molta Latino-America, siamo contro corrente e spero sia accolta bene. Scivolare sopra le paure e le ansie è un tema che condividiamo Elo ed io, è un lavoro che attraversa paura e ansie. Speriamo che la musica, questa pazza cosa inventata dall’uomo, ci porti fuori da quella situazione. Questo è un disco arrabbiato per come le cose non vanno bene.


Con Ernia hai fatto “Fiori d’’Orgoglio”.
E’un brano che già ho fatto sui palchi europei come anteprima. In fase di scrittura nasce come un pezzo totalmente mio e che avrei cantato io ma volevo provare, nonostante la natura melodica serrata e la sua velocità alimentata da tante parole, a vedere la seconda parte con uno che mastica di più il rap. L’ispirazione è Kendrick Lamarr, una elettronica che viene di più dal tribal, non proprio europea, più figlia del Sud.


Allargando il ragionamento, il ritmo caratterizza i colori del tuo Prisma.
C’è un accento alla ritmiche particolare in questo album, il mondo della batteria e percussivo è ampio. Volevo dare colori diversi alla mia voce usando per la prima volta plug-in che non avevo sperimentato per dare sfumature e paste diverse. In molti pezzi è cruda e naturale ma ho giocato a fare da prisma alle mie corde vocali.


“The Damned of the Earth” è la canzone più dura dell’album, come nasce?
Scaturisce da un saggio di antropologia psichiatrica di Frantz Fanon e contiene spunti sulla società che vivo e sulla sua storia che qualcuno ha studiato e qualcun altro no. Il problema, o la bellezza, di questo pezzo è che ci sono tanti spunti, a partire dal caporalato fino a comprendere il pensiero di Fanon. E’ un pezzo complesso che parla di tanti temi e di quanto cammino si debba ancora fare. Parla delle paure del passato che si riflettono sul presente. Il caporalato non è solo italiano, è un problema del mondo. Ogni volta che lo ascolto mi sorprendo per tutto quello che ho messo in pochi minuti di pezzo. La batteria martella costantemente, la donna è libera di gestire il suo corpo e ognuno libero di essere se stesso. Pesco nelle battaglie e nelle marce del passato senza le quali oggi non saremmo uomini abbastanza liberi. Ma non deve più esserci la parola abbastanza.


“Due Nuvole” ha una fascinazione particolare.
E’ un regalo di Calcutta, è arrivato spoglio e io lo ho rivestito. Mi alleggerisce. Devo fare un viaggio il prima possibile perché se non vivi non hai idee anche se ci sarebbe ancora da scrivere. Ho bisogno di vivere all’estero per due mesi, come in passato ho fatto in Spagna e negli Stati Uniti.

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All’Eurovision hai marciato con la bandiera arcobaleno: un momento senza…abbastanza.
La bandiera rainbow è quella dell’inclusività che all’interno ha mille rappresentanze. Le minoranze compongono la nostra società, l’Italia non deve fare passi indietro anche se l’Europa è un po’ più avanti di noi. Ho ricordato all’Europa che tanti la pensano come me, siamo uniti per la libertà dell’uomo. Per la mia scelta ho ricevuto anche commenti cattivi e ti dico che se avessi davanti quelle persone prima le abbraccerei, perché sono per la non violenza, e poi le incenerirei con lo sguardo. E’ giusto comprendere quello che c’è dietro ai giudizi, voglio capire cosa si cela dietro un pensiero diverso dal mio e lo faccio anche frequentando amici che non fanno il mio lavoro.


Sempre più stretto è il sodalizio con Fabio Ilacqua.
Continueremo a collaborare, siamo un puzzle che si incastra, per me è un fratello. E’ un mentore e maestro come lui, credo, pensi di me anche se io ho meno libri letti e meno quadri dipinti. Sembra radicato a un certo tipo di musica ma poi accoglie tutte le novità che gli porto.


Come porterai live questo progetto?
Il progetto continua ma si muterà e cambierà, tanto è dato da Prisma e altro da me che voglio cambiare, non amo ripetermi.


Ti senti molto sotto pressione?
Emotività e pressione ci sono e per quanto sia cresciuto e respiro e medito è tutto molto stressante; nell’ultimo anno non ho avuto una vita. A volte torni a casa e vuoi stare da solo, è un momento di stacco che serve.


Te lo dici mai 'bravo Marco'?
Dopo questo disco sì, del resto io dovevo fare il meglio divertendomi e godendomi ogni momento, cosa che non ho fatto nella prima vita. Non mi aspettavo né la vittoria di nuovo a Sanremo né la reazione così bella dell’Europa alla mia musica. Sono soddisfatto, da uno a dieci…cento.


Si è chiuso il progetto Materia: il primo pensiero?
Mai più una trilogia in un anno e mezzo. Di solito hai tempo di riprenderti dalle tue esperienze. E’ stato stancante e ne ho viste tante ma è stato un bel viaggio, mi sono svegliato all’alba in mezzo al deserto, ho portato zaini pesantissimi, ho incontrato animali mai visti e anche solo per questo deve rimanere un’opera unica. Qui ho seguito un sogno e non era possibile raccontarlo in disco solo. Sono molto contento di questo disco.


In “Materia (Prisma)” vedi un punto debole?
Ci saranno sicuramente. Forse ho ecceduto in messaggi e riflessioni ma lo scoprirò più avanti, lo scoprirò solo vivendo.

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