Esattamente mezzo secolo, l'1 marzo 1973, usciva l'epocale album della band inglese; per l'occasione viene pubblicato uno speciale volume celebrativo accompagnato da un cofanetto di materiale inedito
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Era l'1 marzo del 1973 quando i Pink Foyd donarono al mondo, e all'immortalità, The Dark Side of the Moon, album che divenne immediatamente una pietra miliare nella storia della musica. Il valore artistico dell'opera marciò di pari passo con quello commerciale: basti ricordare che l’album restò ai vertici delle classifiche di vendita fino al 1988, quidi per 15 anni, e oggi si presume che una copia di The Dark Side of the Moon si trovi nelle case di una famiglia inglese su cinque. La grandezza di questo lavoro va tuttavia compresa andando i numeri e le classifiche. Questo album non era un disco facile né un’opera allegra, con tutte le sue riflessioni filosofiche sul “lato oscuro” dell’essere umano. The Dark Side of the Moon rha attraversato il tempo, arrivando a essere celebrato ancora oggi, mezzo secolo dopo, in una maniera molto speciale, con un libro e un cofanetto preparati per l’occasione.
Istantanee dal passato
Il volume esce in concomitanza con l’anniversario. Il titolo scelto per questa operazione è lineare, The Dark Side of the Moon by Pink Floyd. L’opera consiste in primis in una marea di fotografie rare o inedite della band in scena e nel backstage, scattate durante le tournée a cavallo tra il 1972 e il 1975. A questo tesoro vanno poi aggiunte altre 129 istantanee in bianco e nero, che documentano soundcheck, concerti e after show e sono state realizzate da grandi nomi della fotografia come Storm Thorgerson o Jill Furmanovsky. Quest’ultima è particolarmente legata professionalmente all’album, visto che proprio a cavallo tra le registrazioni di The Dark Side Of The Moon e il relativo tour nel Regno Unito divenne la fotografa ufficiale della band. Furmanovsky testimoniò con i suoi scatti anche uno dei concerti più iconici dei Pink Floyd, quello dell’ottobre 1972 allo stadio di Wembley, che viene rievocato con una recensione pubblicata originariamente sul Melody Maker e ora inclusa in questa edizione speciale per i 50 anni del disco.
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Ai creatori dell’operazione celebrativa per il mezzo secolo del disco non è poi sfuggito che uno degli elementi più importanti per il successo dell’album sia stata la sua iconica e misteriosa copertina. Per questo tra i contenuti ci saranno pagine dedicate alla nascita della cover. Aubrey "Po" Powell (che insieme a Thorgerson era stato tra i fondatori dello studio Hipgnosis responsabile di molte illustrazioni iconiche del rock) aveva già rivelato qualcosa sulla genesi del prisma, in una intervista a Repubblica. Al quotidiano italiano, Powell aveva anticipato che prima di arrivare all’illustrazione finale si erano vagliate molte alternative, alcune decisamente fantasiose e ispirate persino al mondo dei fumetti: “Presentammo idee ambiziose, compreso un Silver Surfer tra le galassie, ma i Floyd chiesero una grafica semplice. Io stavo leggendo un libro di fisica elementare e da lì viene l'idea del prisma. Troppo basica per noi, ma la band non ebbe dubbi. E aveva ragione. Quel simbolo ci ha cambiato la vita, è finito nello spazio e nei cortei contro la guerra”. L’immagine che venne associata all’album è diventata ormai davvero immortale al pari della musica contenuta nell’album, rappresentando al meglio quello stratificato lavoro che parlava pure di caducità del tempo e di conflitto interiore tra le altre cose. Brani come Us and Them contengono ancora oggi un messaggio pacifista molto attuale e non è un caso che anche Hans Zimmer abbia riarrangiato Eclipse per renderlo il tema portante del trailer di un kolossal fantascientifico come Dune. La musica dei Pink Floyd cinquanta anni dopo sembra uscire ancora dal futuro grazie a quell’alone di mistero che oscura la luna e non ha smesso mai di affascinarci.