DiMaio, il suo Prometto è un profondo respiro tra passato e modernità

Musica

Il brano, che ha anche un video diretto da Luigi Pintore, è come una narrazione che parla di moderno raccontando il passato

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Prometto, l'ultimo brano di DiMaio (INRI Classic /AdaMusic), prodotto dal maestro Carmelo Patti, ha un video. Il videoclip di Luigi Pingitore vede la presenza del famoso scultore Jago. Nel videoclip DiMaio con la sua rara vocalità diventa colonna sonora di alcune immagini inedite dello scultore, registrate durante la realizzazione della P I E T À, una tra le opere più famose dell’artista esposta nei luoghi d’arte più importanti al mondo. Jagi è anche l’autore di “Habemus Hominem” che scolpisce all’età di 24 anni

quando, selezionato da Vittorio Sgarbi per partecipare alla 54a edizione della Biennale di Venezia, espose il busto in marmo di Papa Benedetto XVI (2009) che gli è valso la Medaglia Pontificia. La scultura giovanile è stata poi rielaborata nel 2016, prendendo appunto il nome di “Habemus Hominem” e divenendo uno dei suoi lavori più noti.

“Devo partire sempre da un’immagine -dice Luigi Pingitore- qualunque sia il lavoro che affronto, tutto deve nascere da una primissima immagine partorita dall’inconscio. E la prima immagine che mi ha illuminato, man mano che mettevo a fuoco la sorprendente unicità della voce di DiMaio, è stata quella di una coppia uomo-donna che vagabonda in un bosco - la foresta delle favole, il giardino dell’Eden? - non aveva importanza. Ma l’uomo e la donna non dovevano semplicemente muoversi; dovevano danzare. Qualche volta sarà l’uomo a prendere su di sé la donna per trascinarla. Altre volte sarà la donna a chiamare a sé l’uomo. La loro danza è quella di due creature sciamaniche, che nei movimenti del corpo cercano una connessione con il mondo circostante. Ed è questa la promessa che si fanno. Mentre loro proseguono in questo attraversamento ritmico, vediamo un uomo (Jago, raccontato all’inizio per lo più in dettagli ravvicinati) che colpisce con tutti gli strumenti che ha a disposizione un grande blocco di marmo. All’inizio non

sappiamo cosa sta facendo o quale figura emergerà dal marmo. E mentre accadono questi due eventi, in un’altra dimensione Dimaio nel suo spazio altro – come un Dio che tutto sorveglia – compare in primissimi piani e dettagli – mentre canta alcune strofe del suo brano. Questi tre momenti sono legati da una successione inconscia. Il cantante ripete con le mani alcuni gesti dello scultore, lo scultore plasma una figura che alla fine i ballerini imiteranno nella postura. Uno e trino. Unità e circolarità. L’ultima immagine mostra esattamente questo: la Pietà di Jago si “sovrappone” all’uomo e alla donna, e ne svela la perfetta Simbiosi”.

Il brano “Prometto” conserva la natura classica del progetto dell’artista evolvendosi verso sonorità moderne che si amalgamano in maniera organica al suono acustico e alla voce (tenore sopranista). “Prometto” è come una narrazione che parla di moderno raccontando il passato; la tradizione del canto unita alle sonorità attuali del pop che troviamo nell’apertura degli archi che si trasformano in synth elettronici e si inseriscono nell’orchestra in modo complementare. Il suono del pianoforte ci proietta in un ambiente sonoro intimo. I ritornelli aprono a paesaggi sonori lontani.

La ritmica dirompente dell’ultimo ritornello accompagna la forza della vocalità di DiMaio. Con questo brano DiMaio ha quindi voluto proseguire il percorso di ricerca sonora già intrapreso con il suo precedente album, “Debut”, prodotto da Dardust e realizzato con la collaborazione del maestro Carmelo Patti che ha curato la direzione musicale e gli arrangiamenti.

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