Era505, dietro le loro Barre c'è la paura per il futuro: il video

Musica

Il brano porta Flavio e Pietro a guardare dentro se stessi; è una urban ballad dall’atmosfera malinconica accompagnata da parole e immagini che raccontano il loro approccio alla musica

IL VIDEO E' INTRODOTTO DA UN TESTO ESCLUSIVO DELLA BAND

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Siamo Flavio Guarasci classe 2001 e Pietro Cencioni classe 2002 da Roma, e insieme formiamo il progetto era505. Lo diciamo subito, perché ce lo chiedono tutti: cosa significa il nostro nome? Il concetto di “era” è nato dal tempo che abbiamo trascorso insieme, il “505” nasce invece da un nostro gioco dove inseriamo “SOS” alla fine delle parole, acronimo che poi abbiamo trasformato in 505. “Barre” è il titolo del nostro ultimo singolo realizzato dal produttore Francesco Pierguidi del LoudnProud Studio. I beat sono nati ispirandosi inizialmente alla celebre “Thousand Miles” di The Kid Laroi, per poi orientarsi verso sonorità più rap, richiamando anche quel gusto di Dark Polo Gang, Ketama, Sick Luke, Franco 126 e Carl Brave, tutti artisti che hanno collaborato con Pierguidi. La canzone racconta di un senso di inadeguatezza e di paura verso il futuro, che proviamo ad affrontare tramite la musica. Per i nostri precedenti brani, ci eravamo affidati ad un altro tipo di scrittura. Un approccio che non ci coinvolgeva del tutto nello storytelling, ma ci limitava ad essere spettatori di una storia che non ci apparteneva fino in fondo. Così, con l’obiettivo di coinvolgere agli altri, abbiamo finito per dimenticarci di noi stessi e dei nostri reali pensieri. L’obiettivo finale era quello di arrivare a più gente possibile parlando di emozioni comuni, senza tener conto del fatto che queste cose potessero non riguardarci.

In questo senso il brano segna una svolta nella nostra modalità di scrittura, non più improntata sull’ascoltatore, ma su di noi e sui nostri dubbi e pensieri. Abbiamo iniziato a scrivere “Barre” in ottobre. Le barre esprimono la sofferenza emotiva, il desiderio di cambiamento e di rivalsa cercando la forza di liberarsi dalla propria infelicità. Quel senso di fallimento causato dalla paura per il domani che ci aspetta. Le barre, che sono l’unità di misura utilizzata per definire la durata di una strofa rap, diventano per noi un simbolo di cambiamento verso il nostro approccio alla musica. Le note del pianoforte che aprono la traccia preludono all’atmosfera malinconica del brano, che poi tra beat ed effetti vocali si evolve in un crescendo di rime. Il videoclip che accompagna il pezzo è stato girato da Ferdinando Montone per Himalaya Studio nella zona ciclabile del Lungotevere a Roma. Abbiamo scelto questo luogo nei pressi dell’Isola Tiberina, per accentuare questo senso di inadeguatezza. Noi che siamo nel mondo di sotto, e quelli del mondo di sopra. Il fiume Tevere che scorre al di sotto del livello stradale della città, rappresenta quindi un simbolo di collegamento tra la nostra condizione e il resto del mondo. Il playback sulle sponde bagnate del fiume, una giornata piovosa e le acque torbide fanno da cornice e conferiscono espressività al mood della canzone. Le scene girate con il corpo nella terra, sono poi una metafora dell’incapacità di cambiare questa condizione e prendere in mano la propria vita. Primi piani e dettagli velocissimi, come piccole nature morte urbane, frammenti di vita che ci passano accanto senza fare troppo rumore.

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