Dopo le “nozze musicali dell’anno” tra Damiano, Victoria, Ethan e Thomas in occasione della presentazione dell’ultimo album Rush! a Palazzo Brancaccio, i Måneskin continuano a far parlare, tra entusiaste recensioni e qualche stroncatura
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Dopo le “nozze musicali dell’anno” che “nella gioia e nel dolore” hanno sancito la reciproca fedeltà tra Damiano, Victoria, Ethan e Thomas in occasione della presentazione dell’ultimo album Rush! a Palazzo Brancaccio, i Måneskin hanno regalato agli ospiti un mini-live dei loro successi, inclusi alcuni brani tratti dalla nuova uscita. L’urgenza espressiva della band romana, che in Rush! ha alternato alla spavalderia del rock’n’roll l’impeto del punk e delle ballate, ha trafitto i pezzi crudi con la voce incisiva e tagliente di Damiano, tra l’euforia tesa fra il filo del rasoio e il timore di precipitare e il viaggio alla scoperta di sé e delle emozioni. Sciolta la grande attesa, il mondo è ora all’ascolto della band romana che nel 2022 ha vissuto un momento d’oro, dal ritorno al Festival di Sanremo alla candidatura ai Grammy Awards 2023 nella categoria Best New Artist, e ancora dalla partecipazione al Coachella Festival al maxi-concerto al Circo Massimo di Roma.
LE CRITICHE
Le recensioni di Rush! sono arrivate anche da oltreoceano, dove i critici non hanno risparmiato pareri negativi. Sulle pagine di The Atlantic il critico Spencer Kornhaber ha intitolato la stroncatura ai Måneskin Questa è la band che dovrebbe salvare il rock & roll? e ha sentenziato che il gruppo romano “sembra molto più cool di come suona”. Definiti come una “band da bar in pelle bordeaux”, con i semplici e spontanei singoli Beggin’ e Zitti e Buoni i Måneskin avrebbero mostrato “audacia” nel disegnare atmosfere “piacevolmente sporche”, mentre in di Rush! avrebbero composto canzoni “così chiaramente riciclate, così sfacciatamente mediocri che l’idea che il gruppo accenda una guerra culturale tra rock e pop” risulta “nella migliore delle ipotesi tragica”. I testi non sarebbero altro che “timidi tentativi di scioccare e provocare fastidio”, e la popolarità dei Måneskin sarebbe tutta questione di “memorabile esposizione televisiva”. All'interno della stampa americana ha fatto eco, con toni più moderati, Rolling Stone, che ha definito la band “i salvatori italiani dello sleaze-rock di cui probabilmente non abbiamo bisogno ora – però sono ancora abbastanza divertenti”. In Italia, invece, in occasione della presentazione del suo programma di concerti, il celebre violinista Uto Ughi ha definito i Måneskin “un insulto alla cultura e all’arte”, precisando di non avercela in particolare con la band romana perché “ogni genere ha il diritto di esistere, però quando fanno musica, e non quando urlano e basta” e sottolineando inoltre la “grave carenza per l’istruzione musicale dei giovani” nelle scuole, dove “emergono lacune spaventose”. Il violinista, però, è stato ripreso dal sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi che, in occasione della presentazione della lista regionale Noi Moderati - Rinascimento, ha affermato: "La contrapposizione tra Uto Ughi e i Måneskin è anch'essa una provocazione. Comunque consiglierei a Uto di non occuparsi dei Måneskin. La musica dei Måneskin è un'interpretazione teatrale e di costume".
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GLI ELOGI
Non sono tuttavia mancati anche commenti positivi. Il Guardian, che ha ricordato la performance della giovane band durante il tour statunitense dei Rolling Stones, la collaborazione con Iggy Pop e la colonna sonora del biopic Elvis di Baz Luhrmann, ha descritto Rush! come un “disco entusiasta ispirato da un sacco di influenze”. Rockol ha invece riconosciuto non solo il “salto internazionale” compiuto dall’album e la conseguente migliore qualità dei brani in inglese rispetto a quelli in italiano, ma anche i “pezzi potenti, suonati, certamente sotto un filtro più pop-rock, ma nella sua complessità non è tutto musicalmente innocuo come molta musica contemporanea da classifica”. Rush! è forse “una grande playlist pop-rock che tende a ripetersi”, ma il pubblico della nuova generazione “se ne frega, in parte e per il momento, di quello che c’è stato prima” e accoglierà l’album “come un grande ottovolante pop-rock, capace di divertire, far ballare e saltare rivendicando il diritto di far festa”. Per Elle, invece, l’album “è molto affezionato agli stereotipi del rock, con un martellare a tratti ridondante su storie di sesso, droga ed eccessi, ma ne è anche una sincera celebrazione”, soprattutto in “un momento musicale in cui i generi durano poco”, perciò “rimanere fedeli alle chitarre e al cantato graffiato è encomiabile”, quindi “i Måneskin continueranno a cavalcare il rock, fregandosene delle mode del momento”. The Skinny ha infine concluso che Rush! “cattura perfettamente il senso della spontanea autenticità che rende uno spettacolo unico nel suo genere”.