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Danti, dopo sette anni arriva finalmente "L'ultimo disco"

Musica

Manuel Santangelo

©Getty

L’ultimo disco (Parte 1) segna il ritorno in campo dell’ex Two Fingerz. Un album breve ma pieno di “dantissime cose”, con cui il rapper e produttore prova a prendersi quella considerazione mainstream che troppo a lungo gli è stata ingiustamente negata

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Partiamo dalle buone notizie. L’ultimo disco di Danti non sarà davvero l’ultimo disco di Danti. L’uomo che aveva intitolato uno dei suoi mixtape Ritorno al futuro Vol.1, rientra in prima persona sul mercato discografico dopo sette anni, facendo esattamente quello che in maniera implicita aveva promesso in quel lavoro ormai lontano un po’ di anni: “ritornare al futuro”, riprendendo da dove era rimasto pur tenendo gli occhi ben aperti verso ciò che intanto è cambiato. Perché Danti, l’uomo che ha fatto conoscere a tanti ragazzi negli anni Dieci il rap italiano con il programma Made in Italy - Two Fingerz, sa meglio di tutti come funziona la scena. E sa che sette anni possono essere nel rap game un’era geologica in cui cambia tutto: se non stai al passo, il tuo ultimo disco può diventare davvero in fretta il tuo canto del cigno.

Dantissime cose

Danti non corre il rischio di chiudere la sua carriera con il nuovo lavoro discografico. Non lo diciamo solo per la fiducia che nutriamo nelle sue capacità ma anche perché ad annunciarlo è stato lui stesso, quanto ha fatto capire che L’ultimo disco parte uno sarebbe stato appunto solo la prima metà di un progetto più ampio. Non si pensi tuttavia che il lavoro lanciato il 21 ottobre sia un album “monco”, incapace di camminare sulle proprie gambe senza il supporto dell’altro pezzo. Come ha detto lo stesso artista sui social, nella sua ultima fatica ci sono “dantissime cose” e, se questo giochino di parole non vi è piaciuto, vi sconsigliamo vivamente di procedere all’ascolto di un’opera in cui Danti dimostra di non aver perso la voglia di usare le parole come uno strumento creativo. L’ex Two Fingerz anche qui si diverte a citare, inserendo le cose che ama all’interno dei brani. Lo fa per esempio nel singolo di lancio Vasco a San Siro: un pezzo romantico dove lui e la partner in crime Nina Zilli finiscono per buttare in una canzone d’amore riferimenti a Tarantino a Kurt Cobain e ovviamente al rocker di Zocca.

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Non me ne frega

Danti negli ultimi sette anni senza album a suo nome non è scomparso, ha anzi addirittura sfiorato il successo mainstream insieme a Gabry Ponte con Che ne sanno i Duemila. Ha collaborato praticamente con tutti, da Fedez a Fabri Fibra fino ad Annalisa. Tutte queste esperienze sono confluite ora però in un disco che ha per forza di cose sfumature diverse, un’opera in cui i grandi padrini dell’hip-hop italiano (da Inoki a Fritz da Cat) convivono con il pop di Nina Zilli e le vibes adolescenziali garantite da Dj Matrix sulla chiusura.

Uno dei brani si intitola Non me ne frega e riassume perfettamente l’attitude di un artista che ha deciso di tornare in campo per dimostrare quanto vale, senza dare troppo ascolto alle voci che vengono da fuori. D’altronde oggi è il primo a sapere benissimo di aver raccolto, in particolare assieme a Roofio nei Two Fingerz, forse meno di quanto avrebbe meritato. Lo aveva rappato anche lui stesso nel 2021, ospite di Nerone in Posso: “Zero dischi d’oro i Two Fingerz, quest’Italia non mi merita. Che Ne Sanno i 2000 due platini, è come DiCaprio l’Oscar per Revenant”

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Guess who’s back

Nel 2022 Daniele Lazzarin può fare rap sulla “cassa dritta” ben conscio di essere stato tra i primi ad aprire quella strada, rivendicando senza rabbia di aver avvicinato rap e pop in Italia. L’ultimo disco tradisce l’amore per la musica tutta, non solo quella di nicchia, perché uno che apre il proprio nuovo lavoro con pezzo intitolato Vendo tutto non può poi aver paura di farsi dare del “venduto” (anche qualora dovesse finalmente ricevere un unanime riconoscimento nel mainstream). D’altra parte era stato lo stesso Danti mesi fa ad anticipare qualcosa di questo album al sito Rapologia, spiegando che aveva grandi ambizioni per l’atteso comeback: “Tornerò con un mio progetto e il mio scopo sarebbe quello di portarlo al mainstream. Ma detto questo, devi capire che io sono nato per correre, sono nato per giocare a questo gioco. Il paragone che uso sempre è questo: la mentalità che vedo oggi – non solo legata ai ragazzini ma anche a quelli della mia età – è quella del meglio panchinaro alla Juve che bomber all’oratorio. Se tu fai questo ragionamento con me non andiamo d’accordo”. Danti vuole essere il più grande bomber dell’oratorio. D’altronde Dario Hubner insegna: meglio capocannoniere nel Piacenza spalla senza gloria di qualche presunto campione.

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