Return of the Dream Canteen, il nuovo album dei Red Hot Chili Peppers: la recensione

Musica

Fabrizio Basso

Abbiamo ascoltato in anteprima il nuovo lavoro della band di Los Angeles che uscirà allo scoccare della mezzanotte tra giovedì e venerdì con una serie di eventi dedicati in tutta Italia. IL NOSTRO COMMENTO

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C'è un qualcosa di fanciullescamente lisergico nell'incipit di Return of the Dream Canteen, il nuovo album dei Ret Hot Chili Pepper in uscita il 14 ottobre su etichetta Warner Records e che arriva poco dopo il precedente album in studio, Unlimited Love, tanto è vero che la nuova creatura è stata registrata nelle stesse sessioni, che hanno segnato pure il ritorno di John Frusciante dopo un'assenza di dieci anni. Ancora una volta i RHCP dimostrano, nonostante da anni siano all’apice del successo, di essere in grado di continunare a cavalcare una straordinaria onda creativa. Return of the Dream Canteen, composto da 17 tracce, si apre con Tippa my tongue, caratterizzata da sonorità estive, molto East Coast e ha un paio di versi che sembrano il ritratto di questa band nata a Los Angeles nel 1983, quasi quaranta anni fa: "Something like a cannibal, very flammable and partially programmable", ovvero siamo simili a cannibali, facilmente infiammabili e poco programmabili. E questa anarchia sonora è tutta nel terzo brano, che arriva dopo la ballad Peace and Love, e si intitola Reach Out: qui the voice Anthony Kiedis libera le sue tonalità tra un'ironia alla Freddie Mercury e una aggressività punkeggiante che si uniscono in un testo tarantiniano tra snake bomb, un bar di motociclisti e fantasmagoriche suore volanti. Eddie ha un che di batavo maledetto, un calediscopio di immagini che sembrano confluire nel Lete e invitare alla dimenticanza; qui le oasi musicali sono un viaggio nel viaggio che culminano in un finale distorto. Fake us F@ck è melanconia pura tra un amore che non può nascere e l'esorcismo agli spin doctot che vogliono giocare con i nostri pensieri. Strana tipa Bella, che vuole vivere a L.A. dove ogni cane ha la sua giornata; Roulette, al di là della nostalgia della scuola e del senso di indefinitezza umana che trasmette, per una lode per la citazione di Hall & Oates, duo musicale che ha segnato gli anni Settanta e oggi è praticamente dimenticato. Cigarettes si apre con una immagine degna degli amori trovadorico: "Sip from this glass of hours", sorseggia questo bicchiere di ore; qui altre citazioni (Nat King Cole, Dick Van Patten e New York Dolls) insieme al desiderio di un po' di anonimato.

Afterlife ha un testo infinito e si apre, oltreché con una risata, augurando lunga vita al re ed è una ode all'assenza, un invito ad abbeverarsi nel grande lago dell'amore anche quando i suoi affluenti sono prosciugati. Shoot Me Smile è un invito a porgere le labbra al sorriso (e al bacio) che la vita ci riserva e precede Handfull che è una canzone liquida e d'amore, che in qualche modo ricorda Afterlife: ricevere una manciata d'amore quando è il momento di invecchiare non è un gesto di una tenerezza straordinaria? Si entra in un grande fratello versione RHCP in The Drummer, dove si delinea un mondo dove bisogna stare attenti a quello che si fa e quello che si pensa; la sensazione è che il titolo sia la risposta a questa idea di sottommissione, la definirei una canzone resistente. Mentre Bag of Grins invita ad affrontare i propri fantasmi, La La La La La La La incita a trascorre una vita insieme dove "every day’s the same but new", ogni giorno è uguale ma è nuovo. Copperbelly è un viaggio motivazionale e Carry me Home è un invito alla trasparenza misto al desiderio di essere accolti, portami a casa insomma. L'ultimo brano, In The Snow, è anche il più lungo Return of The Dream Canteen, sfiora i sei minuti e in una frase condensa l'umana esistenza: "Does everything that feels so nice", lui fa ogni cosa che lo faccia stare bene e noi dovremmo imitarlo. Una è di certo questo nuovo, ipnotico album dei Red Hot Chii Peppers.

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