Il disco del cantautore calabrese è arricchito dalle collaborazioni con Mauro Ermanno Giovanardi in Ma Anche d'Amore e con Peppe Voltarelli in Che Fortuna! L'INTERVISTA
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Un titolo che è già un progetto. In Eppure Adesso Suono il cantautore calabrese Domenico Barreca decide di ordinare tre parole di ordine fondamentale nelle sue gerarchie: eppure, avverbio che va a rappresentare la volontà dell’artista di affermare il proprio punto di vista, nonostante le contraddizioni e la confusione; adesso, che indica l’impellenza e il momento preciso in cui Barreca decide di agire e di tornare sulle scene; infine suono, che sta a rappresentare l’azione e al contempo l’oggetto della passione del cantante, emettere un suono, dare voce alle proprie storie e a quelle degli altri.
Domenico partiamo dalla storia dell’album: come lo hai costruito?
Il primo album, Dall’altra Parte del Giorno, ha avuto una gestazione più lunga, Eppure Adesso Suono nasce in tempi più stretti accompagnato da una bella magia che si è creata in studio, con i musicisti che lavoravano in maniera artigianale, attenti al dettaglio. La velocità è stata una forza. Qui si incontrano due anime, una più etnica, di sperimentazione che non avevo mai esplorato e un’altra più raffinata: è nato un intreccio che supera il genere musicale in sé. Anche nella musica i confini non esistono.
Quando è l’ultima volta che ti sei svegliato sentendoti un altro uomo?
Ho avuto un passaggio tra i due album, ma anche tra il me dello scorso anno e quello di oggi. Mi sono risvegliato da un torpore e la musica ha fatto uscire le fragilità e un modo inadeguato di vivere la vita e mi ha trasformato, ho fatto pace con silenzi e disillusioni, mi ha permesso di accettare me stesso e di ascoltare gli altri. Ora non c’è più la paura di sperimentare grazie all’osservazione delle storie degli altri.
Il problema è il lunedì, il venerdì o semplicemente il domani?
Il domani mi è pesato per certi versi, perché non mi godevo l’attesa. Me la sono rovinata per l’ansia ma ora so che il lunedì può iniziare qualcosa. Bisogna godere delle piccole cose con i sorrisi, la gentilezza e l’accettazione di se stessi. È pazzesco nutrirsi aspettando domani, fasciarsi la testa prima di romperla. Ora l’ansia della vigilia la controllo.
Sai che anche Francesco Guccini ha scritto una canzone intitolata Scirocco?
Ha avuto il coraggio, insieme a Ivano Fossati, di smettere quando non aveva più niente da dire. Lo sapevo ma il mio è un altro scirocco, è quello che nasce per raccontare una storia che è diventata una metafora. È il nostro vento del Sud.
Balla questa varia umanità che spara ai propri figli e non conosce né empatia né libertà: è l’umanità di oggi?
È la metafora dello scirocco che oscura l’orizzonte e io rispondo con i sogni. Ma è parte integrante di noi e dobbiamo conviverci. Non si arrende e mette alla prova la nostra resistenza. È una canzone di ribellione che apre la porta sulle speranze di chi rivendica la libertà. Parla di una donna che si ribella alla mafia e alla sopraffazione dell’uomo e il messaggio si espande alle nuove generazioni. Dobbiamo abbatterli questi muri e invece di nuovi se ne innalzano. Scirocco è un messaggio di speranza per le nuove generazione.
In Frana il Cuore è forte il senso dell’assenza: nella tua vita ci sono tante assenze molto…presenti? Anche in La Notte che cos’è chiedi di spostare le nuvole per vedere una persona.
Ciò che resta nella mente resterà per sempre ma siamo consapevoli che può fare bene ma anche male, ma è viva e non si scalfisce. La notte amplifica i pensieri e spegne le voci ululanti di chi pretende di sapere tutto. Ora sto vivendo una bellissima storia d’amore e metto in stand by tutto quello che c’è nella mente per vivere un amor semplice, impreziosito da un gesto rivoluzionario come un bacio.
Chi è un ignorante dell’amore?
Quello che non riesce più a stupirsi. Sento un appiattimento intorno, invece a me il meravigliarsi mi fa sentire un bimbo e mi porta a vivere in modo più amplificato. L’amore va vissuto, è donarsi per il gusto di farlo senza aspettarsi alcuna contropartita.
Sedersi un poco accanto accende la nostalgia oppure la fa evaporare?
Sono un nostalgico e melanconico incallito per il mio percorso culturale. Bisogna aprirsi alle emozioni primordiali che può essere anche solo un abbraccio su una panchina. Dalle mie parti si chiama pure una sana pomiciata.
Oggi ti senti più attore, acrobata o comico…nella vita?
Un pezzo di tutte e tre le situazioni. Bisogna sempre interpretare soprattutto su un palco. Il titolo dell’album sa di acrobata per la mia ostinazione nel racconto. Il comico sa ironizzare portandosi dentro la melanconia.
La vita continua a passare senza aspettarti? Nel caso si compensa con i sogni?
Ho imparato a vivere questo passaggio con meno ansia per tenere i sogni stretti. Aiuta a respirare. Lo ho capito dopo una brutta caduta che l’età che mi stava attraversando e ho compreso che era un segnale per attraversare il mio dolore e rialzarmi. In due anni ho fatto altrettanti album: quanta forza, mi dico.
E tutti i nomi di spazi e di terre sono solo invenzioni: a guardare in Ucraina però non si direbbe…un fallimento generazionale?
Questa canzone è stata profetica ed è lo slogan dell’album: il brano mi ha fatto riflettere su migrazione e integrazione, ancora oggi il colore della pelle incute spavento. Viene dimenticato solo se diventa un atleta famoso e diventa un eroe. Faccio parte di una generazione che vede i muri che si alzano ma anche nel mondo dell’arte, parlandone da fruitore, vedo pochi contenuti come se la superficialità servisse per anestetizzare. Le persone vanno fatte riflettere, la mia generazione è un po’immobilizzata ma c’è anche chi va avanti e si espone. Anche nella mia Calabria c’è troppo vittimismo, diciamo sempre di essere gli ultimi. Io dico che bisogna esporsi.
L’album sembra scritto come una serie di lettere: a chi deve recapitarle Mercurio, messaggero degli dei?
Mercurio è una provocazione oltre che una tematica. È un viaggio senza itinerari né confini: con l’album siamo partiti dall’Africa per giungere alla leggerezza del valzer francese. È una finestra sul mondo per raccontare le storie degli altri.
Alla fine possiamo dire che hai fatto pace con i silenzi? E hai raggiunto la perfezione?
Con i silenzi sì ma spero di non raggiungere mai la perfezione. Sono abituato ad avere delle crepe, che non è vivere nel dolore ma resta per me una fascinazione la zona oscura che genera creatività. Mi piacciono le anime tormentate, ma con i silenzi ho fatto pace.
Che accadrà nelle prossime settimane?
Siamo usciti con l’album in questo periodo per poi partire in autunno con un tour nei club. Con due album in due anni ora abbiamo la giusta dose di brani per fare i live. In estate faremo qualche festival al Sud come biglietto da visita per i concerti autunnali.