Alice Phoebe Lou, la cantautrice sudafricana in concerto in Italia

Musica

Fabrizio Basso

alice phoebe lou

L'artista, uscita recentemente col quarto album Child’s Play, si esibirà in Italia a  luglio per tre concerti. E un quarto nella vicina Lugano. L'INTERVISTA

Iscriviti alla nostra newsletter per restare aggiornato sulle notizie di spettacolo


Si fa conoscere come musicista di strada a Berlino, Alice Phoebe Lou, cantautrice sudafricana, uscita recentemente a sorpresa col quarto album Child’s Play. Il progetto si è sviluppato in modo spontaneo e divertente in un piccolo studio sull’isola di Vancouver. Un lavoro emozionale nel quale gli ascoltatori si rispecchiano attraverso le sue esperienze. Alice ora è in tour e tocca l’Italia in quattro speciali date: il 23 luglio a Lugano, il 27 a Roma, il 30 a Rocca Calascio per arrivare a Madonna di Campiglio il 24 agosto.

Alice perché hai scelto di pubblicare l'album Child’s Play a sorpresa?

Molti artisti sanno quanto il processo che porta all’uscita di un album possa essere intenso. Io non ho un’etichetta e quindi ho meno obblighi e meno pressione. Avevo già vissuto tutto questo con l’uscita di Glow, il mio album precedente, perché ne ero fiera e volevo che molti lo ascoltassero. Improvvisamente è sbocciato un altro album da far uscire e volevo che il processo fosse più immediato perché rappresentava ciò che ero in un esatto momento della mia esistenza. È stato liberatorio e confortante lasciarmi andare e non preoccuparmi troppo di essere una businesswoman. La risposta è stata positiva anche se nessuno si aspettava un album così ravvicinato al precedente.

Ci spieghi la differenza tra suonare come artista di strada e in concerti tradizionali o festival?

Nelle strade c’è un’energia diversa, cerchi di attrarre le persone per unirle a te: è una sfida. La motivazione è attrarre chi ti sta davanti per caso. Oggi ci sono persone che mi raggiungono per strada quando annuncio che mi esibirò. Ai concerti è un po' più facile perché il pubblico è lì per vedere te. È diverso ma anche simile: ai festival alcuni spettatori sono fan ma altri possono non conoscerti e devi creare un mondo nel quale loro vogliano entrare. In questo la strada mi ha aiutato e per questo incoraggio altri artisti a suonare per strada: ti insegna tanto su come creare un’atmosfera e un mondo di cui le persone vogliono sentirsi parte.
Come definiresti la tua musica?
Non ho problemi a categorizzare la musica. Alcuni sono più facilmente definibili e rientrano chiaramente in determinati stilemi rispetto ad altri. Questo è un momento molto interessante per la musica in quanto gli artisti non si sentono forzati nell’aderire a un genere e possono cambiare stile da un album all’altro. Io lascio andare le canzoni dove vogliono.
Qual è il processo creativo delle tue canzoni?

È sempre cambiato nel corso degli anni anche perché sono un’autodidatta, non ho mai seguito lezioni di musica e non ho un metodo definito. Il mio processo creativo è influenzato solo dalle fasi della mia vita. Non avrò basi teoriche ma porto me stessa nella scrittura delle canzoni. Principalmente si tratta di improvvisare e di estrarre i testi dal mio subconscio senza preoccuparmi di come possano suonare le parole. Su questo si basano gli ultimi due album. Prima mi preoccupavo di essere profonda, di scrivere parole che avessero un significato, ora scrivo cose che altri non vorrebbero dire ad alta voce anche su temi come l’intimità e la sessualità.
Quale è l’idea dietro al titolo del tuo ultimo album, Child’s Play?

Nell’album c’è una la canzone. Ci è voluto un po’ per il titolo. Volevo scegliere qualcosa che un po' di mistero sui contenuti. Child’s Play funzionava perché ricorda il modo in cui l’album è stato scritto e registrato: mi sono messa in contatto con la bambina che è dentro di me, scoprendo la gioia di fare quello che faccio, senza prendermi troppo sul serio. Il titolo dunque rispecchiava il contenuto dell’album senza darne un’idea troppo precisa.

C'è un filo conduttore?

I temi principali sono l’amore, l’amore per se stessi, la scoperta di se stessi. È molto legato a questo periodo della mia vita e molte persone che si avvicinano ai trent'anni potranno capirmi. In questi anni vi sono stati numerosi cambiamenti. Io li ho attraversati durante la pandemia e ho avuto tempo per affrontare me stessa e i miei lati oscuri. Ho imparato a guarirmi e a essere più gentile e delicata nei miei stessi confronti. Ho capito quali amicizie e relazioni andavano bene per me e quali dovevo lasciarmi alle spalle. Ho lavorato su me stessa. Le canzoni dell’album sono molto personali e penso che altre giovani donne ci si possano rispecchiare. Ma non solo loro poiché ai miei concerti vedo persone di ogni età. Cerco solo di far provare qualcosa agli altri e far loro capire che va bene sentire qualsiasi tipo di emozione.

Come è cambiata la produzione rispetto al passato?

Questa è simile a quella di Glow: con me c'erano il mio produttore David Parry e le mie due compagne di band, Ziv e Daklis, insomma un gruppo di persone a cui piace veramente fare musica e a cui piace la compagnia. Siamo andati sull’isola di Vancouver a casa di un amico in mezzo al nulla. È stato pazzesco e abbiamo imparato che non c’è bisogno di uno studio per creare un buon album che suona bene. L’esperimento ci ha portato a registrare dieci canzoni in dieci giorni, un lavoro immenso.
Come mai hai scelto di essere una artista indipendente?

Premetto che non sono contro le case discografiche ma non è così. La mia scelta nasce dal fatto che ho capito che tipo di persona e desidero avere in controllo di quello che faccio. Ho lavorato con etichette e distributori e non me ne sono completamente separata ma ho capito che ci sono elementi che mi travolgono. Sono grata alla me stessa più giovane per questa scelta anche se a volte può risultare faticoso fare molte cose da sola. Ma oggi ho costruito la mia carriera su basi solide e ho fan che mi supportano in quello che faccio ed è tutto ciò di cui ho bisogno. Non sono attratta dalla celebrità e sono a mio agio nella mia situazione attuale. Non sto cercando di crescere esponenzialmente.
Come ti senti ad essere di nuovo in tour?

È molto bello. Ho suonato pure nel mezzo della pandemia quando è stato possibile. Per alcuni artisti è stato un periodo terribile ma io, anche se mi sento un po’ in colpa a dirlo, riconosco che quel periodo ma che mi ha aiutato. Mi sono concentrata sulla musica e sono stata fortunata avendo scritto due album. Oggi tornare a suonare è bellissimo, sentire il pubblico che canta le mie canzoni dal vivo e non solo su internet.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai lavorando a un nuovo album?

Al momento sono in studio a Berlino e lavoro a un album di Strong Boi, un altro mio progetto. Adoro fare musica per il progetto che porta il mio nome e racconta la mia storia mentre in questo caso posso fare musica in modo diverso ed esprimere altre parti di me. Ho passato un mese dopo il mio tour da sola a Los Angeles in un piccolo studio e ho scritto un nuovo lavoro e ora aspetto il momento per registrarlo. 

Spettacolo: Per te