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Stories, "Jovanotti - L'Uomo che Danza". VIDEO

Musica

Dal primo album in inglese al palco del Jova Beach Party passando per Roma, Cortona, Cecchetto, Vasco e Sanremo. Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, si racconta al vicedirettore Omar Schillaci in una nuova puntata del ciclo di interviste dedicate ai principali interpreti dello spettacolo 

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È Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Francesco Venuto, il cantautore si racconta in “Jovanotti – L’uomo che danza”, in onda venerdì 13 maggio alle 20.45 su Sky TG24, sabato 14 alle 13.30 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand. La chiacchierata, accompagnata da alcuni dei suoi più grandi successi – da ‘Ragazzo fortunato’ a ‘L’ombelico del mondo’, da ‘Questa è la mia casa’ fino a ‘Il più grande spettacolo dopo il Big Bang’ –, è un susseguirsi da parte dell’artista di riflessioni e aneddoti della vita professionale (“ho fatto un pezzo che si chiama ‘Non m'annoio’, ma in realtà tendo ad annoiarmi moltissimo di me. La musica mi ha dato una grande mano nel trovare un po' di ordine, mi ha dato il ritmo“) e privata (“fino ai 15 anni ero certo di fare il pittore. Addirittura pensavo di fare i mosaici, gli affreschi, il mio punto di riferimento era uno tipo Raffaello. Vivevo in Vaticano, avevo accesso libero alla Pinacoteca vaticana perché il mio babbo lavorava lì, per cui quando vedevo la sua ‘Trasfigurazione’ pensavo semplicemente che quello sarebbe stato il mio lavoro“).

Dopo due anni imprevedibili, sospesi, chiusi, il mondo della musica sta gradualmente riassaporando il sapore della normalità e dei grandi eventi. E l’arrivo della stagione estiva, in particolare, coinciderà con l’attesissimo ritorno di Jovanotti e del suo Jova Beach Party. Dodici tappe e 21 serate, da Lignano a Bresso, di una grande festa che l’artista ha descritto come “una follia, una roba da matti. È il tentativo di andare oltre lo standard, di rompere qualsiasi formato tradizionale di concerti”. Questo perché “ad un certo punto ho avvertito la sensazione che, in qualche modo, la parte ‘prodotto’ del concerto avesse preso il sopravvento sulla parte misterica, magica”. Allora “ho cominciato a richiamare in me la sensazione avventurosa, che vivevo quando ero ragazzino, di quando ho iniziato ad amare la musica, perché i concerti devono essere avventurosi: bisogna perdercisi, devi non sapere esattamente cosa accade, lasciarti andare, fidarti della situazione e di chi, in un certo senso, ti ha invitato lì”.

 

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La musica e la spiaggia. Nulla di meglio, insomma, anche se il Jova Beach Party non è solo questo. ‘Lasceremo le spiagge più pulite di prima’ fu il motto, poi rispettato, dell’edizione 2019, e l’attenzione verso il pianeta sarà la medesima anche per questo nuovo tour. “Da subito ho pensato che questo progetto dovesse essere accompagnato da un impegno rispetto all’ambiente, ed al fatto che andiamo a suonare proprio in una zona fragile come la spiaggia”: l’impronta green che Jovanotti ha voluto dare all’evento è tanto semplice quanto importante, con il preciso intento di creare il più grande progetto di recupero ambientale mai realizzato in Italia. Un impegno che, come raccontato dallo stesso cantautore, sta crescendo sempre più, tanto che quest’anno, anche grazie al lancio, per l’occasione, di una raccolta fondi dal nome evocativo ‘Ri-Party-Amo’, è stato posto l’obiettivo di ripulire un totale di 20 milioni di metri quadrati tra spiagge, laghi, fiumi e fondali.

 

 

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Sono tanti gli appellativi con cui può essere definito Lorenzo Cherubini: artista, cantante, musicista, performer, deejay, o, più semplicemente, un uomo che danza. Un po' come succede al protagonista del video del suo ultimo singolo, la serenata rock’ n’ roll ‘I Love You Baby’, in cui un magazziniere in divisa diventa una rockstar che danza in mezzo agli scaffali, tra le campate del magazzino, e ancora più in alto, scalando le più alte pile delle casse animato da una nuova linfa. Un protagonista, un’idea, un appellativo in cui Lorenzo Cherubini sicuramente si ritrova e si riconosce nella sua quotidianità, in una realtà che spesso ti fa inciampare, ma proprio con l’aiuto della danza, e a quell’energia che regala, “puoi anche provare a trasformare un inciampo in una coreografia”.

 

Lo scorso febbraio, a oltre trent’anni dalla sua prima esperienza, Jovanotti è tornato a calcare il palcoscenico del Teatro Ariston, partecipando (e vincendo) in coppia con Gianni Morandi alla serata delle cover con un medley di alcuni fra i loro più grandi successi. Da Sanremo con ‘Vasco’ a Sanremo con Morandi, dunque. Era infatti il 1989 quando da outsider - come lo stesso artista si è definito - si presentò al Festival con il brano omaggio al suo idolo. Un’edizione in cui “mi ero divertito molto”, ha detto l’artista. “Ero un po' in un sogno, nel senso che non avevo molto la percezione di quello che succedeva, vivevo in una specie di frullatore. Ero militare quando ho fatto ‘Vasco’, e sono arrivato quinto fra l’altro: un miracolo, perché ci aspettavamo di arrivare ultimi”. Una canzone che fu completamente fraintesa, “però mi sentivo al sicuro perché l’avevo fatta sentire proprio a Vasco. Lo vidi in un ristorante a Milano e gli dissi: ‘Devi venire in macchina, devo farti sentire una cosa’. Mi ricordo quel momento con Vasco e Cecchetto, nella macchina di Claudio, ad ascoltare il pezzo che avrei portato a Sanremo”.

Jovanotti arrivava a quell’appuntamento dal grande successo del primo disco - tutto in inglese, ‘Jovanotti for President’ -. Un periodo, come ha affermato, in cui si confrontava “per la prima volta con la lingua italiana”, anche se si sentiva “un po' a disagio rispetto alla percezione che avvertivo che il pubblico aveva di me”, ovvero di “uno che fa casino e che non ha nessuna educazione musicale. In quegli anni c’erano ancora i cantautori, la musica italiana era Lucio Dalla, Fabrizio De André, per cui io mi inserivo in questo mondo come uno specie di Pinocchio. E lo ero di fatto, perché venivo dalla console, dalla musica da ballo: lì non avevo neanche il sospetto che potessi poi scrivere una canzone romantica”. E invece dopo anni si è ritrovato proprio a scrivere d’amore. Un tema spesso usato, alle volte abusato, ma sicuramente mai usurato, perché una di quelle parole che si possono “riambientare in mille modi. Poi l’usura è negli occhi di chi guarda e nelle orecchie di chi ascolta. Non ho mai avuto paura di avventurarmi nella banalità, la prima cosa che si fa nel mio lavoro è di sospendere il senso della vergogna. Spesso mi è capitato di dire a qualche mio collega ‘perché non dici ti amo nelle canzoni?’”.

 

Nel corso dell’intervista Jovanotti ha parlato anche del giovanissimo Lorenzo, “solitario, socievole, che aveva tutto un suo mondo avventuroso. Mi piaceva perdermi. Da bambino la mia formazione sentimentale, emotiva, è avvenuta tra Roma, nel suo punto più incasinato, a 100 metri dal Colonnato, e Cortona, che all’epoca veniva chiamata la ‘città del silenzio’ perché spopolata. Sono cresciuto tra queste due realtà, le ho in qualche modo incarnate ed assimilate dentro di me. Da una parte c’è proprio l’attrazione per il casino, per la piazza piena, una cosa che mi piace ancora e che mi eccita, e dall’altra parte il contrario, uno scenario di un paesino alla Sergio Leone, con le balle di fieno che il vento porta via. Nel mio ricordo d’infanzia Cortona era un po' così”.

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