Cesare Cremonini, La Ragazza del Futuro è dignità, abbracci e poesia

Musica

Fabrizio Basso

Un album che indaga l'animo umano anche nelle sue sfaccettature più intime e nascoste, a volte scomode. Un lavoro che va ascoltato nel suo insieme aspettando i concerti negli stadi e seguendo il progetto Io Vorrei. L'INTERVISTA

La ragazza del Futuro è molto di più di un lavoro discografico. È un progetto umano, sentimentale, altruista, è un mondo nuovo che un lieve Colibrì ci porta a scoprire. Cesare Cremonini è Dante e il Colibrì è Virgilio in una commedia sonora che si chiama, appunto, La Ragazza del Futuro. Cinque anni dopo Possibili Scenari, e a pochi mesi da un tour negli stadi che vanta già due sold out, Milano e Bari, l'artista bolognese pubblica il suo settimo lavoro in studio. È anche il primo album dopo il nuovo accordo di Universal con Cesare Cremonini che comprende pure l’acquisizione del catalogo. Il mio incontro con lui non poteva che svolgersi alla Casa degli Artisti, nel cuore di Milano.

Cesare partiamo dall'origine de La Ragazza del Futuro.
È un disco che nasce da una riflessione molto profonda, il ruolo dell’artista musicale: sono arrivato a 41 anni nel pieno delle mie energie e con un progetto che guarda al mercato e ai live, con un tour in sette stadi più l'appuntamento conclusivo all'Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola. Mi sono posto delle sfide importanti e mi sono raccontato attraverso le canzoni. Torniamo un attimo a Sanremo (GUARDA LO SPECIALE): non andavo da anni su un palcoscenico televisivo e lì mi sono presentato come fosse un concerto tradizionale. Essere ora qui a parlare di un album di canzoni è una cosa molto importante. Dove può arrivare un artista uscendo dai confini del disco? L’album ha cambiato il suo significato e il cantautore deve darglielo, ecco perché la mia riflessione è in un viaggio che faccio da bambino: ho più ricordi da cantante che da non cantante.
Non c’è il tuo nome nel titolo ma solo Cremonini?
Cerco una musica sempre più cosmica. Una volta ci si chiamava per cognome e col cognome do una identità alla mia musica. Se poi andiamo a e bere una birra sono Cesare. Parto dalla mia storia famigliare e come identità cerco di essere il più largo possibile. Solo il mio cognome è identità. Anche Bond parte dal cognome.
Moonwalk racconta di tuo padre. È un brano di immensa dignità.
Vivere l'esperienza di un padre anziano ti insegna tantissimo, hai una libreria di ricordi in casa ed è straordinario. È la terza canzone dell'album: quando vivi il suo ultimo periodo vedi la dignità di un essere umano, vedi un corpo che se ne va  accompagnato da riflessioni che continuano e la canzone parla di quei dialoghi. Chi ha avuto la fortuna e l’età di vivere quei momenti si può riconoscere in quella sensibilità. Ci sono visioni importanti non solo per me, in senso ampio un disco deve avere le braccia larghe per abbracciare la vita di tante persone.
Un disco così profondo come si colloca in un contesto discografico radicalmente cambiato?
Il mercato segue un nuovo modo di proporre e usufruire della musica. Ma un artista come me è libero, non è più schiavo. La discografia ti dice che ci sono nuove regole però fai quello che vuoi. Io non posso dire che sono fuori da un mercato, parlo a un pubblico vastissimo. In questo momento la scelta è tra paura, cavalcare la situazione o essere liberi. Dunque oggi per me è stato ancora più facile fare un disco così.
Ecco, il disco appunto...
Sono tracce molto ingombranti, ognuna ha una corposità e un significato preciso e profondo. Non sono singoli separabili, il collante è uno strumentale grezzo, ruvido, fatto in studio con musicisti straordinari. Ad esempio porterò in tour con me Davide Rossi col quale ho arricchito l’album, gli ho dato un significato di album musicale. L’album è nato con influenze diverse e in città diverse con la mia ragazza che si lamentava che ero sempre troppo concentrato. Tutto questo mi ha spinto a muovermi: è un disco aperto verso il mondo. Ci sono tante influenze che si impastano creando un mix che trasmette la sensazione di un album musicale. Con Maggese ho fatto un disco acustico, poi c’è stata l’elettronica di Greygoose e poi è arrivato Possibile Scenari che ha portato canzoni dalla poetica ingombrante: ora è venuta a salvarmi La ragazza del futuro che rappresenta femminilità, a chi parlare, a chi tendere la mano… ho pensato a un album, con alcune canzoni visionarie, che mi trascinasse verso il futuro.
In parte lo hai lavorato nei mitici studi di Abbey Road.
Non è che lavorare in Italia non abbia fascino. Qui si va oltre, lavorando nello studio dove hanno lavorato i grandi miti. Lì c’è un suono che riconosco e porto nel disco, il suono di Abbey Road è solo lì. Ha riverberi particolari, è il suono di quella stanza ed è eterno. Poi è anche un vezzo personale: quando faccio i dischi mi regalo alcune registrazioni di archi, strumenti o musicisti che mi lasciano un ricordo importante dal punto di vista sentimentale e umano.

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Il disco dunque dove ci porta?
Verso una idea di musica che allarga le braccia verso la società. Un artista oggi ha davanti un mercato confuso ma ha una identità ben specifica. Oggi tutti comunicano qualcosa che va oltre il disco e il mercato. Ho capito che il titolo era più profondo del mercato e in questa riflessione ho cercato di dargli una identità più tangibile e reale. Una canzone collettiva che parla alla comunità è importante.
Quando ti senti felice?
L'album si chiude con Chiamala felicità, è una canzone empatica che ho messo per ultima e finisce con sai la paura di morire è una mosca nel caffè sempre a un passo dalla fine ma raccontami di te… sono felice quando ho uno scambio con gli altri. Adesso aspetto questo scambio e spero che avverrà questa estate.
Il Covid come ti ha cambiato?
Difficile dire come sono cambiato ma ho immagazzinato tutta la mia gioia per resistere a un momento di grande difficoltà. A lungo ci commuoveremo a vedere certe immagini, prima proveremo a rimuovere, poi quel momento che ha segnato la vita di tutti lo culleremo. Io ho mantenuto la propulsione ai sogni, alle ambizioni a quello che prima chiamavamo successo e ora può avere un altro nome.
In Jeky affronti la solitudine degli adolescenti.
La mia sensazione è di avere vissuto mesi nei quali giovani e giovanissimi hanno dimostrato una grande maturità. A volte vado nella mia vecchia scuola a salutare le persone con cui sono cresciuto: vedere i ragazzini separati nell’intervallo mi ha lasciato un segno profondo. In questi mesi si è parlato tanto dei giovani ma loro hanno avuto poca voce. La ragazza del Futuro parla anche ai giovani: spesso si deformano le caratteristiche per farlo: questo è un disco adulto ma cerca anche un linguaggio diretto ai giovani con temi che ci sono e possono unire una generazione all’altra.
Dietro la cover c'è un progetto più ampio e profondo.
A un certo punto ho sentito che il titolo aveva aperto una profondità, una riflessione in me. È il Colibrì che ci porta La ragazza del futuro e ho pensato al linguaggio della street art perché non ha confini. Nel mio mestiere hai un sacco di tempo e cerchi di capire la sensibilità comune sull’arte. Ho scritto a Giulio Rosk su instragram: il suo è un lavoro di valorizzazione urbana con attenzione al sociale che trasforma in tele i palazzi fatiscenti fuori dalle aree urbane. Giulio ha percepito che nel mio progetto c’era quello che lui porta avanti da anni. E abbiamo capito che c'è la ragazza di periferia.
Da questa condivisione nasce il progetto Io Vorrei.
A Palermo, Ostia Lido, Napoli e altre città si aggiungeranno. Lì con Giulio abbiamo creato laboratori con i bambini, creando rapporti con presidi che operano in zone dove essere parte delle istituzioni non è facile. Saranno opere permanenti. La musica che può arrivare a questo punto è quella che voglio per me. La street art è un linguaggio che trasforma la casa diroccata da anni una idea di grande profondità. Questo è possibile grazie al contributo, oltre che di Giulio Rosk, di Intesa Sanpaolo.
Arrivi dalla citta di Lucio Dalla.
Il Re Sole della musica bolognese e anche di quella italiana. Non va solo tramandato ma anche omaggiato da altri artisti.
Ed eccoci al tour.
Ci sono già due sold out e anche le altre date vanno bene. Ragionare con i termini cui eravamo abituati dopo una pandemia è sconveniente, le regole sono cambiate. Oggi bisogna rimettere in circolo capacità, voglia e musica. A Sanremo ho fatto 15 minuti di spettacolo con solo due parole, ho portato solo musica, mi hanno visto 14 milioni e 300mila persone. Io ero su quel palco con l’idea di un mio live. Le canzoni hanno una sola voce e per il mio pubblico è importante.
Chiudiamo approfondendo altre due canzoni: una è Stand up Comedy.
È provocatoria perché è lunga e complessa, con qualche citazione al mio amore Prog-Rock. Vengo dalla classica che mi ha portato ai Queen e a una certa musica anni 70. È una canzone lunga e articolata.
Infine Psycho.
Parla dell’ossessione. In questo disco ho trovato la liberazione della scrittura attraverso una continua ricerca di atti liberatori molto umani e terreni, tutti sentimenti dai quali sentivo il bisogno di liberarmi. Qui indago il lato B della nostra personalità, mi incuriosiva e ci ho fatto una canzone. Le canzoni che parlano di cose severe hanno ritmo perché mi piace ballare sulle nostre rovine.

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