Ben: Respira, il docu-film che racconta la storia di Benjamin Mascolo

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Helena Antonelli

L'artista emiliano inizia a raccontare il nuovo progetto che lo vede protagonista: si chiama Ben: Respira e nasce da una sfida personale. L'INTERVISTA

“Tutto è nato come una sfida personale” – così Benjamin Mascolo conosciuto al grande pubblico come componente del gruppo Benji & Fede inizia a raccontare il nuovo progetto che lo vede protagonista Ben: Respira, dal 12 novembre disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video.  E aggiunge – “Dopo sei anni di una malattia che mi ha cambiato la vita, ho deciso di affrontarla ripartendo da me”.  

 

Dietro una vita vissuta sempre a mille all’ora, con l’adrenalina e l’entusiasmo tipici di chi sta realizzando un sogno, Ben ha infatti dovuto fare i conti con una rarissima malattia, l’Istiocitosi X che quando era ancora un ragazzino ha compromesso la sua capacità polmonare, portandolo fino in terapia intensiva. Una patologia che ha influito sul suo respiro ma non di sicuro sui suoi progetti e ambizioni. Da Modena ad Hollywood, dalle esibizioni alle sagre della zona, all’Arena di Verona, dall’incontro con Fede all’album solista e al debutto come cantante, dalla vita di provincia ai paparazzi e all’amore con Bella Thorne, passando per il suo nuovo impegno come attore, dalla malattia al riscatto che culmina con la Maratona di New York. Una parabola di vita fatta di sogni inseguiti con tenacia e realizzati, di talento e impegno verso se stessi.

Come è nato tutto?
Da una sfida personale. Volevo far vedere la mia storia, la mia battaglia e perché no essere d’ispirazione a chi come me si ritrova a fare i conti ogni giorno con la propria sfida. Se io sono in grado di affrontare i miei demoni anche gli altri possono farlo. 

 

Il documentario parla del periodo in cui hai sfidato te stesso, della tua carriera e di momenti personali come la proposta di matrimonio a Bella Thorne. Quanto di te vuoi condividere con i tuoi fan e quanto vuoi che resti nel tuo privato?
Crescendo con i social io e Fede abbiamo sempre condiviso tutto con le persone che ci seguono. Non è mai stata una forzatura, anzi mi è sempre venuto molto spontaneo farlo. Pian piano però mi sto rendendo conto di dover tenere qualcosa per me, nel mio privato, per le persone che amo. Là fuori non tutti fanno il tifo per te. Alcuni momenti vanno preservati e protetti.

 

Qual è oggi la tua paura più grande?
Ci sono tantissime cose che mi spaventano. La più grande forse è quella di non essere amato. Vivo costantemente con la paura di fallire. Non esiste un uomo senza paura, l’importante è affrontarla. La corsa mi ha anche insegnato questo.

 

Nel documentario dici che “tutti abbiamo bisogno di una spinta”. Nel tuo caso chi ti ha incoraggiato?
I miei genitori mi hanno sempre supportato, in maniera molto elegante, senza dirmi mai cosa fosse giusto fare. Non mi hanno mai giudicato. Gli sarò per sempre grato per questo.

 

Cosa provi oggi ripensando alla malattia che hai vissuto?
Prima del documentario avevo rimosso molte cose, come ad esempio la sofferenza dei miei genitori. In qualche modo avevo messo da parte il trauma. Il documentario mi ha fatto capire cose che prima non avevo realizzato. E poi sono riuscito ad avere un dialogo con mia madre su quanto accaduto, nonostante il nostro bellissimo rapporto non ne avevamo mai parlato prima.

 

Dal punto di vista tecnico, quanto c’è di te nel documentario?
Questo film è di Gianluigi, sia a livello artistico che di scelte. Io ho prestato la mia storia, il mio corpo, il resto ci ha pensato lui. Ha saputo leggermi molto bene, gli sarò per sempre riconoscente.

 

Che immagine hai di te nel futuro?
Il mio sogno più grande per i prossimi anni è quello di costruire una famiglia.

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