Paul McCartney, basta autografi e foto con i fan: "Non sarebbe meglio parlare?"

Musica

Camilla Sernagiotto

©Getty

L'ex bassista dei Beatles ha fatto sapere che non intende più rilasciare autografi né scattare fotografie con i suoi estimatori. “Mi è sempre sembrata una cosa un po’ strana”, ha rivelato il cantautore e polistrumentista britannico, oggi 79enne. Segue così l'esempio del collega Ringo Starr, che dal 2008 non concede più autografi. Allo “scrivere il tuo nome sul retro di questa ricevuta”, come Macca li definisce, lui preferisce di gran lunga il dialogo con i fan: “Meglio scambiarci delle storie”

Paul McCartney ha deciso che non firmerà più autografi né si lascerà immortalare nelle foto assieme ai fan ma non per una questione di snobismo: “Non sarebbe meglio parlare e scambiarci delle storie?”, queste le parole dell’ex bassista dei Beatles.

Dunque il cantautore e polistrumentista britannico, oggi 79enne, con le sue parole non intende intimare ai fan di stargli alla larga, tutt'altro. Ciò che si propone di fare è avviare un dialogo con il proprio seguito, senza limitarsi a “scrivere il tuo nome sul retro di questa ricevuta”, come lui stesso definisce la bizzarra pratica del rilascio di autografi.

“Mi è sempre sembrata una cosa un po’ strana. Mi chiedono: ‘Puoi scrivere il tuo nome sul retro di questa ricevuta, per favore?’ Perché? Sappiamo entrambi chi sono”, ha raccontato Paul McCartney.

Ha rivelato il proprio profondo disagio di fronte a questa pratica, che da decenni caratterizza la forma più acuta di divismo, in occasione di una recente intervista rilasciata a Reader’s Digest. Perché sì, McCartney almeno le interviste le rilascia ancora, finché non preferirà scambiare storie con i giornalisti anziché essere imboccato con una serie di domande in maniera univoca…

Scherzi a parte, questa voglia di contatto e di osmosi con i suoi fan è lodevole. E senz'altro non è da tutti. Ad esempio non è da Ringo Starr, il suo collega che nel 2008 ha detto basta agli autografi perché quelle firme da apporre su pezzi di carta e cimeli vari gli portavano via troppo tempo. E lui, chiaramente, è “molto occupato”. Non fatevi ingannare dal tono che sembra vagamente critico, perché non lo è: se proviamo a fare un rapido calcolo per stimare quanto tempo i mostri sacri del calibro dei membri dei Beatles hanno impiegato per firmare poster, dischi e chitarre nel corso della loro carriera, verrebbe fuori probabilmente una vita intera. E almeno i Beatles hanno smesso di suonare nel 1970: immaginiamo quanto tempo hanno "buttato" via a firmare autografi i Rolling Stones, dato che loro sono ancora in attività... Eppure, per adesso, Mick Jagger, Keith Richards & Co. sembrano ancora trovare le forze per scrivere una dedica a un loro sostenitore.

Ma ripetiamo: nel caso di Ringo Starr, magari il batterista dei Fab Four non ce la faceva più a dedicarsi ai fan e ci ha dato un taglio, mentre a differenza sua ciò che l'ex bassista dei Beatles vorrebbe non è eliminare l'autografo e lo scatto con il fan per guadagnare tempo, macché! Macca è pronto a perderne molto di più di tempo: si augura infatti che, al posto dello scarabocchiare il nome su un pezzo di carta, lui e il suo estimatore di turno possano trovare il modo di scambiarsi storie.

 

“Non sarebbe meglio parlare e scambiarci delle storie?”,  si è domandato in maniera retorica l'artista, interpellato dalla celebre rivista mensile statunitense, Reader's Digest. Magari è la volta buona che i fan italiani imparano l'inglese pur di non deludere McCartney, chissà.  

Addio anche alle foto con Paul

Se speravate di ottenere almeno un selfie assieme al mitico Paul McCartney, disposti a fare a meno dell'autografo (perché tanto con quello non ci si può vantare sui social network), sappiate che anche le foto con lui sono da oggi off limits.

 

Il musicista la pensa esattamente come per gli autografi, con l’aggravante che lo scatto verrà poi postato su Facebook, Instagram, Twitter e via dicendo e, a suo avviso, lui viene sempre molto male.
“Lo stesso vale per le foto”, ha continuato McCartney. “Di solito viene fuori una foto scadente, con un brutto sfondo e la mia faccia un po’ triste”.
La conclusione? Quella di prima: “Meglio parlare”.

Paul McCartney and John Lennon hold their guitars while on the set of The Ed Sullivan Show at the CBS television studios in Manhattan, where the Fab Four are performing their nationwide television debut.

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Le tante e varie dichiarazioni che McCartney ultimamente ci sta regalando...

Recentemente Paul McCartney sta offrendo svariate dichiarazioni che stanno facendo il giro del mondo, amplificate da quel megafono che è il web.

Poche settimane fa, all'inizio di ottobre, il bassista dei Beatles ha rilasciato un'intervista alla BBC Radio 4 in cui ha ammesso che i Fab Four non si sono sciolti per colpa sua ma per via di John Lennon.

“Quella era la mia band, il mio lavoro, la mia vita, quindi volevo continuare”, ha dichiarato Macca per scrollarsi finalmente di dosso l'accusa di essere il principale responsabile dello scioglimento della band tra le più celebri (ci sono pure gli Stones, con buona pace di McCartney...) della storia della musica.

 

È infatti trascorso mezzo secolo dalla fine dell'attività del gruppo di Liverpool e ancora c'è chi crede che sia stato lui a dire basta. Il motivo? Per via di quella "maledetta" auto-intervista inviata alla stampa nel 1970 in cui il bassista dei Beatles spiegava la nascita del suo album solista (“Hai intenzione di registrare un nuovo album o un singolo con i Beatles?”, “No”. Abbastanza inequivocabile, perlomeno ai tempi).

 

Ma stavolta Paul ha deciso di dire basta, non solo agli autografi ma anche alla storia di lui come capro espiatorio. Nell’intervista con John Wilson di BBC Radio 4, ha raccontato per la prima volta che lo scioglimento dei Beatles è avvenuto molto prima di quel suo annuncio.

“Non sono stato io a provocarlo. È stato John. Non sono io ad aver provocato lo scioglimento. Oh, no, no, no. Un giorno John è arrivato e ha detto che avrebbe lasciato i Beatles”, queste le parole che dovrebbero scagionarlo.

 

Per chi invece nel “derby” Beatles vs Rolling Stones ha sempre tifato per Mick Jagger, Keith Richards & Co., l'uscita spiacevole che Paul McCartney ha fatto poco fa è stata quella di definire i suoi eterni rivali come “una cover band blues”.

Poche settimane fa l’ex Beatle ha riaperto l'antica rivalità tra i suoi Favolosi Quattro e le Pietre Rotolanti: durante un'intervista rilasciata al periodico statunitense The New Yorker, ha voluto riconfermare ciò che più volte ha dichiarato anche in passato (e che, c'è da scommetterci, continuerà a dire e ridire e ridire ancora anche in futuro).

"Non sono sicuro di doverlo dire, ma loro sono una cover band blues. [...] Sono fantastici. Amo gli Stones”, aggiunge. Ma poi: “Però i Beatles erano migliori”.

Pete Townshend, Paul McCartney, and Mick Jagger during The Concert for New York City at Rehearsals at Madison Square Garden in New York City, New York, United States. ***Exclusive*** (Photo by KMazur/WireImage)

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La risposta di Mick Jagger

Già nel dicembre 2020 McCartney aveva rilasciato dichiarazioni che più o meno suonavano uguali a quelle del parallelo con la cover band di genere blues.
Un anno fa le aveva fatte in occasione di un'intervista radiofonica del programma di Howard Stern. È stato il conduttore statunitense a dare il la all'ex Beatle, affermando lui stesso di preferire la band di Liverpool a quella londinese. E a quel punto Stern ha giocato "sporco", chiedendo a McCartney cosa ne pensasse. Ed ecco quanto.

 

“Gli Stones erano radicati nel blues. Quando scrivono qualcosa ha sempre a che fare con il blues. Noi abbiamo avuto più influenze. Ci sono un sacco di differenze tra di noi e amo gli Stones, ma penso che i Beatles fossero migliori”.

 

Insomma, Macca non perde occasione per sgranare il solito rosario di commenti negativi nei confronti degli Stones. Allora gli ha risposto per le rime l'ugola di “Angie”, “(i Can't Get No) Satisfaction”, “Paint It Black”, “Gimme Shelter” e via dicendo. Cantandogliele, dato che parliamo di Mick Jagger...

Il frontman delle “Pietre Rotolanti” ha sottolineato come la sua band sia ancora abbastanza “fortunata” da poter esibirsi negli stadi. A differenza dei Beatles, che si sono sciolti nell'ormai lontanissimo 1970.

 

“Ovviamente non c'è concorrenza. Lui (Paul McCartney, ndr.) è un tesoro. Io sono un politico. La grande differenza, però, è che i Rolling Stones sono una grande band che ha fatto concerti per diversi decenni e in diverse aree del mondo quando i Beatles non hanno nemmeno hanno fatto un tour in un'arena. Si sono lasciati prima che l'attività dei tour iniziasse per davvero. I Beatles hanno fatto quel concerto allo stadio (Shea, ndr.) nel 1965. Ma gli Stones sono andati avanti. Abbiamo iniziato a suonare negli stadi negli anni '70 e li facciamo ancora adesso. Questa è la vera grande differenza tra queste due band. Una band incredibilmente fortunata suona ancora negli stadi e l'altra band che non esiste”, queste le parole di Mick Jagger durante un'intervista con Apple Music per il lancio del nuovo singolo.

Sì, perché i Rolling Stones nel 2021 lanciano ancora nuovi singoli. E fanno autografi ai fan, cosa che per alcuni è anche più importante che lanciare nuovi dischi e suonare negli stadi.  

 

 

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Paul McCartney durante una sessione di autografi a Parigi, il 14 ottobre 1993. Sta per firmare una chitarra a un poliziotto. Credits: Getty Images. - ©Getty

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