Italia-Belgio, il derby del "po-popopo-po": il coro dei White Stripes arriva da Bruges...

Musica

Giuseppe Pastore

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Seven Nation Army, la canzone-tormentone della vittoria degli azzurri ai Mondiali 2006, debuttò come coro da stadio nel 2003 proprio in Belgio e fu presa in prestito qualche anno dopo dai tifosi della Roma...

Un riff di basso memorabile di sette note, tante quante le nazioni dell'armata che compone il titolo del pezzo, tante quante le squadre che bisogna affrontare e sconfiggere per vincere un Europeo o un Mondiale (speciale Euro 2020): anche quest'estate i White Stripes (duo statunitense scioltosi nel 2011 e formato da Jack e Meg White, fratello e sorella) sono l'immancabile colonna sonora della Nazionale italiana, che stasera contro il Belgio punta a tornare nella semifinale di un grande torneo estivo a nove anni dall'ultima volta (agli Europei 2012) e a quindici anni dall'indimenticabile 2006, quando tutto ebbe inizio. O almeno, quando ebbe inizio la storia “calcistica” di Seven Nation Army.

Uscita nel marzo 2003, prima traccia dell'album Elephant, premiata nel 2003 con il Grammy Award per la miglior canzone rock, Seven Nation Army si affermò subito come il massimo successo del repertorio dei White Stripes, diventando popolare nel Nord Europa e venendo subito adottato dalle tifoserie di moltissimi club. Il titolo si rifà a un gioco di parole appartenente all'infanzia di Jack White, che storpiava in Seven Nation Army il nome della Salvation Army, l'esercito della Salvezza britannico. White ha dichiarato di aver composto il riff pensando a un'ipotetica colonna sonora di un film di James Bond (compito che in effetti gli verrà affidato nel 2008 per Quantum of Solace), ma la storia prese subito una direzione diversa, portando Seven Nation Army non nei film di spionaggio ma negli stadi di tutta Europa a cominciare da quello di Bruges, i cui tifosi trasformano quelle sette note in uno dei cori più trascinanti dei nostri tempi: lo si sente, per esempio, in un Bruges-Milan di Champions League del novembre 2003.

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Il 15 febbraio 2006 da una freddissima Bruges ci passa anche la Roma di Luciano Spalletti, impegnata nei sedicesimi di finale di Coppa UEFA. I giallorossi chiudono in vantaggio 1-0 il primo tempo, ma subiscono il pareggio a inizio ripresa: al gol dello spagnolo Portillo, ecco che i tifosi locali intonano tutti insieme la canzone trasmessa dagli altoparlanti, che è proprio Seven Nation Army. Ma pochi minuti dopo, quando Simone Perrotta segna il gol del 2-1 Roma, dallo spicchio riservato ai tifosi ospiti si alza lo stesso coro, che da quel giorno verrà importato anche all'Olimpico.

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Dieci giorni dopo, infatti, la Roma festeggia la vittoria nel derby (l'undicesima consecutiva in campionato) intonando a più riprese il “po-po-popopo-po”, sdoganato pochi giorni dopo anche da Francesco Totti seduto in prima fila al Teatro Ariston di Sanremo, spettatore di un Festival condotto da sua moglie Ilary Blasi. Infortunato da pochi giorni, con il morale basso per la preoccupazione di non poter partecipare ai Mondiali in giugno, in questo video Totti non è esattamente un fenomeno d'intonazione, ma rende l'idea...

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Il resto è storia: Seven Nation Army diventa patrimonio condiviso da tutti i tifosi della Nazionale e i grandi risultati degli azzurri di Lippi lo trasformano nel fortunatissimo tormentone di quell'estate 2006, al pari di Siamo una squadra fortissimi di Checco Zalone. Scandisce tutti i festeggiamenti al Circo Massimo, con un milione di persone a intonare fortissimo il riff di Jack White con grande approvazione dell'autore, che più volte ha dichiarato: “Adoro il fatto che la maggior parte della gente che la canta non sappia minimamente da dove provenga. Questa è la musica folk”.

 

Quell'estate Seven Nation Army scavalcò i muri di recinzione degli stadi di calcio arrivando una settimana dopo anche negli autodromi, per celebrare Valentino Rossi dopo la vittoria del Gran Premio di Germania 2006 e la Ferrari di Michael Schumacher dopo il Gran Premio di Francia 2006, entrambe domenica 16 luglio. E da lì in avanti dilagò senza freni – e dilaga tuttora – in tutte le arene d'Europa, presa in prestito da tifosi francesi, svizzeri, tedeschi, inglesi, olandesi, eccetera, tutti stregati dall'italian style che l'aveva avuta vinta ancora una volta, sia pure con la decisiva collaborazione di una curva belga e di due fratelli di Detroit.

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