Niccolò Agliardi, dopo Golden Globe e Oscar arriva su Sky Cinema con Ostaggi

Musica

Fabrizio Basso

L'artista milanese ha firmato, insieme a Edwyn Roberts e Giordano Colombo, il brano principale del film di Eleonora Ivone e ha curato la direzione musicale della colonna sonora scritta insieme a Tommaso e Giacomo Ruggeri edita da Edizioni Curci e Fenix Entertainment. L'INTERVISTA

Il mappamondo di casa Agliardi non è mai fermo. Dopo essere stato protagonista, con Laura Pausini, della fantastica avventura di Io Sì (Seen), brano che ha vinto il Golden Globe e ha ottenuto la nomination agli Oscar 2021, Niccolò Agliardi riprende la sua rotta che lo allontana, almeno per ora, dal cantautorato e lo avvicina ad altre forme d'arte. Anche se, quando lui è coinvolto, è difficile parlare al singolare, tutte le sfaccettature dello spettacolo si danna appuntamento per creare ogni volta un qualcosa di unico.

Niccolò, come stai?
Sto attraversando un buon momento, sono sereno. Ho da poco acquistato un piccolissimo appartamento a Roma, che tengo con cura, e mi divido dunque tra Milano, che è la mia città, e Roma dove spesso lavoro.
Ti è dispiaciuto vedere sfumare l'Oscar?
Avrei fatto più fatica a governare le sensazioni con un Oscar vinto. Ma ti posso dire che un Golden Globe e una nomination superano ogni aspettativa. Con Laura ci siamo spalleggiati in questi mesi di lavoro e di risultati.
Cosa ti ha emozionato maggiormente?
Tanto affetto dei colleghi non me lo aspettavo. Ho percepito pochissima invidia e mi ha stupito. Per Io Sì (Seen) ho lavorato con Laura, poi col regista, siamo una macchina collaudata, ci capiamo a distanza, abbiamo condiviso molto.

Entriamo nel tuo mondo, partiamo da Ostaggi, in programmazione su Sky Cinema. Nasce in maniera casuale ed è legata a un affetto speciale che mi lega da tempo a Vanessa Incontrada. Ho letto la sceneggiatura e mi è subito piaciuta.
Cosa ti ha convinto?
La possibilità di entrare nelle storie altrui senza dover attingere nelle mie. E un mio incubo ricorrente anche nei sogni è essere prigioniero. Raccontare di un uomo disperato che costringe altre quattro persone a vivere ore disperate solo perché è disperato lui mi ha subito coinvolto.
Tu sei uno degli artisti italiani più trasversali. Perché l'Italia fatica ad accettare l'eclettismo artistico?
Le incursioni in altre arti mi consente di andare oltre un sentire che ho già sentito. Il cinema merita di essere supportato. Considera anche il bello di lavorare sempre con i ragazzi con cui ho condiviso mille vicende musicali: dopo anni in questo ambiente sapere che esiste una famiglia solida che lavora con la freschezza di quando facevi solo canzoni è rassicurante.
Quindi confermi che ti dimetti da cantautore?
Non è che non voglio più cantare. Oggi sopravvivi solo se entri nelle prime dieci posizioni in classifica. Io faccio progetti che, oltre a piacermi, mi consentono di vivere, sentirmi realizzato e avere privilegi. Oggi essere cantante è soprattutto uno sforzo più che una soddisfazione. Da cantante non sopravviverei, conosco la differenza tra prosciutto crudo e cotto e preferisco il crudo. Dunque negli anni sono diventato anche altre cose ma non dimentico di essere da qualche parte anche un cantautore. Alle canzoni ho aggiunto altri ingredienti.
Soffri le categorizzazioni?
Ho iniziato che avevo 25 anni ed era poco permesso dal sistema mettersi in gioco in più ambiti.
Perché, secondo te?
In parte per colpa della stampa: è difficile per un giornalista raccontare qualcuno che fa il razzolone, che si cimenta in più ambiti. Ci ho messo più di vent’anni per dimostrare che non ero un pupazzo da circo ma stavo perseguendo più di una storia. Dove è il dolo se cambia il luogo dove le racconti? Non mi sento in contraddizione e citando il maestro Franco Battiato dico che siamo perennemente in evoluzione.
Oggi però raccogli il frutto delle tue scelte variabili.
Ho fatto molte cose, non ho mai goduto del privilegio di stare nel corridoio dove si potevano allungare le gambe, mai ho viaggiato in super lusso e se lo avessi fatto forse mi sarei adagiato. Ma ti dico che ora il mio bilancio è positivo anche nella scomodità.
Hai scritto Ho cambiato i piani con Edwyn Roberts per il film 9 Lune e Mezza.
La voce è di Arisa. Quando ascolto quel brano mi viene da sorridere e mi domando quante volte li ho cambiati io nella mia vita e la sua voce attesta una realtà di cambiamento: ho un figlio di affido e ho amori che non hanno funzionato e a tutto ha fatto seguito un cambiamento di piani.
Come sta il divano sul quale hai lavorato durante il lockdown?
E' sfondato per storie di instagram dove tutti si prestavano a una foto su quel divano. E' molto comodo, un po’ sdrucito ma prenda la forma della persona.
Prossimi obiettivi?
Stanno nascendo due film dagli ultimi due miei romanzi. Ti devo un ritorno diventerà una serie televisiva mentre Per un po’ - Storia di un amore possibile sarà un film.
Debutterai come attore? Magari con micro camei alla Alfred Hitchcock?
Diciamo che tutelerebbe il mio ego e potrei chiedere di aprire una posizione Enpals solo per una posa.
Che estate prevedi?
Penso a un programma tv che vorrei parlasse di musica raccontando lo storytelling che c'è dietro le grandi canzoni coinvolgendo i ragazzi giovani: rime e barre esistevano prima della trap e sono raccontati da nomi forse desueti ma che in realtà sono le radici.
Anche stavolta la musica ripartirà dopo il calcio.
Considero essere a traino del calcio una mancanza di buon senso.
La tua agenda fin dove è piena?
Vivo la quotidianità. Ora penso a quello che devo fare stasera, amo vivere il mio presente. Il massimo cui mi spingo è il concerto di Francesco De Gregori il 13 luglio a Vigevano.

laura pausini

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