L’#UltimoConcerto non c’è stato: un modo per attirare attenzione su silenzio dei live club

Musica

Doveva essere un grande evento gratuito in streaming, con circa 130 live in contemporanea alle 21 di sabato da locali sparsi in tutta Italia. Invece non c’è stata nessuna esibizione: lo “straziante silenzio” degli artisti è stato un modo per riaccendere i riflettori su un settore - quello della musica dal vivo nei club - messo in ginocchio dalla pandemia e che chiede aiuto. Ma non tutti hanno apprezzato

Era stato presentato come un grande evento gratuito in streaming, con circa 130 concerti in contemporanea alle 21 di sabato da locali sparsi in tutta Italia. Invece, la sera del 27 febbraio, quello che è andato in scena è stato solo silenzio, non c’è stato nessuno show. Stiamo parlando dell’iniziativa #UltimoConcerto. Per gli organizzatori, l’attesa dei live e poi lo “straziante silenzio” degli artisti è stato un modo per richiamare l’attenzione di tutti su un settore - quello della musica dal vivo nei club - messo in ginocchio dalla pandemia di coronavirus e che ancora non vede spiragli di riaperture. Non tutti, però, hanno apprezzato il finto appuntamento e sui social sono nate delle polemiche.

Il lancio dell’iniziativa

Partiamo dall’inizio. Nelle scorse settimane l’iniziativa - organizzata da KeepOn Live, Arci e Assomusica, con la collaborazione di Live Dma - era stata pubblicizzata come un grande evento che avrebbe dato voce ad artisti e live club da troppo tempo senza palco e in silenzio. La data del 27 febbraio non era stata scelta a caso: un anno fa, nello stesso giorno, iniziavano le prime chiusure dovute all’emergenza sanitaria. Doveva essere un modo, quindi, per rialzare il volume della musica, dando la possibilità sia agli artisti di tornare a esibirsi sia ai locali - grandi e piccoli - di ribadire la loro importanza. Avevano aderito circa 130 live club italiani e si parlava dell’esibizione di altrettanti gruppi, con diversi grandi nomi. La lista delle esibizioni era lunghissima: dai Subsonica dall'Hiroshima Mon Amour di Torino ai Lacuna Coil dall’Alcatraz di Milano; da Brunori Sas e Naip e Cimini al Mood Social Club di Rende (Cs) a Manuel Agnelli & Rodrigo D'Erasmo dal Bloom di Mezzago; dai 99 Posse dal Duel club di Pozzuoli (Na) a Colapesce & Dimartino dai Magazzini Generali di Milano, da Roy Paci dal Candelai di Palermo agli Zen Circus dal The Cage di Livorno; da Lo Stato Sociale al Locomotiv di Bologna agli Elio e le Storie tese dal Campus di Parma. Solo per fare degli esempi.

La campagna

Da fine gennaio, i locali avevano iniziato a pubblicizzare l’iniziativa, con l’hashtag #UltimoConcerto e un sito internet che spiegava i motivi della campagna e raccoglieva le adesioni in una mappa. Il 28 gennaio un’immagine con un grande punto interrogativo era comparsa contemporaneamente sui canali social dei live club, simbolo della musica dal vivo in Italia. Nella foto c’era l’anno di nascita del locale e il 2021, a suggerire il possibile anno di chiusura. “Ci sarà un ultimo concerto? O c'è già stato?”, era la domanda. E man mano che l’evento si avvicinava e artisti sempre più importanti aderivano, cresceva l’attesa dei fan per i concerti.

Il silenzio del 27 febbraio

La sera del 27 febbraio sono state migliaia e migliaia le persone che da tutto il mondo si sono collegate per seguire i live. Alle 21, però, non è iniziata nessuna esibizione. È partito un video in cui le band si preparavano, poi nulla. Silenzio. Poco dopo, sugli schermi neri è apparsa una scritta: “Nessun concerto, lo avete capito anche voi. Qui è dove siamo adesso: la realtà che viviamo oggi, che rischia di essere anche il nostro domani. Ma vogliamo cambiare il futuro. L’ultimo concerto? L’avete già vissuto nel 2020. Il prossimo? Noi vogliamo che ci sia”.

Il comunicato dei live club

Più tardi, è stato diffuso anche un comunicato dei live club: “Vi aspettavate di vedere un concerto, invece vi siete trovati davanti a un muro di silenzio. Non vi abbiamo preso in giro. I vostri artisti non vi hanno voluto fare un brutto scherzo. Abbiamo voluto trasmettervi un messaggio. Farvi capire qual è la situazione in cui ci troviamo”. “Da un anno – si legge ancora nella nota – siamo obbligati al silenzio e cerchiamo di galleggiare, di preservarci per un futuro che ogni giorno sembra allontanarsi. Abbiamo voluto condividere con voi queste sensazioni e, con ancora questo sapore amaro in gola, vi chiediamo tutto il supporto e la comprensione di cui abbiamo bisogno. Un grazie immenso a tutti gli artisti che hanno preso parte a questa iniziativa. È stato emozionante rivederli nelle varie forme, ancora una volta qui, sui nostri palchi, nelle scorse settimane. È stato un colpo al cuore per tutti noi avere l’occasione di riaccendere le luci, i microfoni, le casse, anche solo per poche ore. Questa era la nostra vita fino a un anno fa e vogliamo tornare a viverla. Con voi. Per farlo ora più che mai abbiamo bisogno di essere riconosciuti, di essere adeguatamente sostenuti e promossi, desideriamo essere citati come luoghi di cultura, al pari di cinema e teatri, e non scomparire nel silenzio. Grazie quindi per la vostra partecipazione, per il vostro incoraggiamento e per la vostra presenza qui, ora, in questo momento che ci auguriamo possa rappresentare una svolta”. Il comunicato si chiude così: “Un concerto senza musica non è un concerto. Un live club in silenzio non è un live club. Da oggi inizia per noi una nuova fase, da oggi vogliamo parlare del Prossimo concerto. Abbiamo bisogno di tutti voi!”. E poi il link a una playlist YouTube con i video delle esibizioni in ogni locale.

Le polemiche

Playlist che, in alcuni casi, non è bastata a placare gli animi. Sono diverse, infatti, le persone che sui social hanno criticato l’iniziativa, puntando il dito contro il fatto che sia stata creata tutta questa attesa per poi non vedere i live. C’è anche chi si è sentito preso in giro. In tanti, invece, hanno spiegato di aver capito il senso della protesta e aver apprezzato. Diversi artisti, inoltre, hanno scritto messaggi in cui hanno chiesto scusa ai fan, ma hanno sottolineato quanto fosse importante partecipare a questa specie di flash-mob.

I numeri e le richieste dei live club

Altre spiegazioni, comunque, sono arrivate sul sito dell’iniziativa. Si legge che questa è stata “una delle più importanti iniziative che ha coinvolto per la prima volta i live club di tutta Italia, oltre a un incredibile numero di artisti che con il loro straziante silenzio hanno sottolineato l’importanza essenziale di questi spazi anche in riferimento alla loro stessa formazione professionale, in quanto luoghi di passaggio e partenza necessari e obbligatori per tutti coloro che fanno della musica la loro carriera”. Non mancano i numeri per raccontare la crisi: “I mancati incassi per il settore sono superiori a 50.000.000 di euro. Per una media di € 332.491 per singola realtà. Il 49% dei live club dichiara di non avere certezza circa la possibilità di una riapertura a fine pandemia. Durante l’anno di chiusura forzata, infatti, i costi fissi hanno avuto un peso di oltre 10.000.000 di euro, per una media di € 63.922 per singolo live club”. Infine, si chiede di iniziare il “processo di riconoscimento dei live club come luoghi della cultura da sostenere e promuovere”, di prevedere “linee di ristoro economico emergenziale fino alla completa ripartenza” e, alla ripartenza, pensare a “misure per incentivare la partecipazione del pubblico agli eventi, come la deducibilità fiscale sui biglietti”.

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