Cinema Bersani, un viaggio dove il tuo ricordo è il mio, il nostro

Musica

Fabrizio Basso

A distanza di sette anni dall’ultimo disco di inediti Nuvola Numero Nove, l'artista romagnolo pubblica un album figlio di una lunga e attenta ricerca musicale. Racchiude 10 tracce in cui l'attualità irrompe nella sua poesia. La recensione 

Il cinema come luogo di trasgressione. Una volta ci si andava a fumare oppure strusciarsi nell'ultima fila. E non doveva per forza essere un cinema prono francese. Scrive Edoardo Albinati nel suo monumentale L'Educazione cattolica che una ragazza della sua adolescenza la ha conosciuta solo di profilo perché il loro amore ancillare (o poco più) si consumava solo al cinema, sguardo allo schermo e mani che si cercano nell'ombra delle poltrone. Samuele Bersani ha donato alla gente un album neorealista. Moderno e melanconico dove tutti siamo lucciole in un blackout finché il motore del proiettore non getta il suo fascio di luce ad accendere il sogno accompagnato da dieci carezze.

I baci provocatori con lo schiocco che manda e che arrivano a destinazione in mezzo secondo sono accompagnati da sonorità spesse, pastosi, sperimentali, profonde e si riannodano con elementi che avevo già respirato nella sua musica. D'obbligo alzare il volume anche quando il pianoforte e gli archi imporrebbero delicatezza. Ma la soundtrack deve uscire dal Cinema Bersani e deve attraversare la strada, entrare nei negozi, nelle case, negli uffici. E se siete malmostosi metteteci una pietra sopra come fa la sua poetessa in piena come un fiume che allaga di rime i nostri singoli campi. Le canzoni sono film da guardare a occhi chiusi. Lo ho ascoltato più e più volte. Anche ora mentre scrivo. Mi sembra di essere nei carruggi della mia Genova a camminare senza una meta ma con un senso forte di protezione. Nel suo (neo)realismo è un lavoro visionario. 

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L'intervista denuncia i soprusi del più forte verso il più debole concedendosi qualche rimprovero, neanche troppo velato, all'industria musicale. Scorrimento verticale è l'incapacità di guardare la vita che ci scorre intorno perché siamo ipnotizzati dal tablet, dal cellulare, dal pc. Siamo una umanità distante, Samuele Bersani la racconta in Distopici (ti sto vicino), per altro nata prima del lockdown, giunta all'ingresso del bunker quanto gli alberghi perdono tutti i turisti. Sente molto la piaga dell’incomunicabilità che permea Mezza bugia e Con te. Sembra una favola Harakiri ma ti lascia sulla pelle i graffi di Freddy Krueger. Altra favola, seppur macabra, molto Spoon River, è Il Tiranno che abita dall'altra parte: ce ne è uno per ognuno di noi e quella luna che dall'alto si gode la scena è per nulla rassicurante L'attacco ritmico di Pixel e sembra di sentirlo quel vento sotterraneo che anticipa l'arrivo della metro: e quell'unico signore in attesa è l'umanità ferma su una banchina con le sue cadute e le sue risalite racchiuse in frasi nascoste dentro colpi di tosse. 

L’amore universale abbraccia Le Abbagnale, dove una città fa da sfondo a sentimento che sembrano malati ma poi si aprono e si illuminano con una luce di candela: si può davvero spegnere? Infine Il tuo ricordo che ci invita a cogliere il presente e a non essere in ritardo perché diventano poco credibili le lezioni a chi è on time. Ricordatevi infine quello che per me è il messaggio cardine della filosofia di Cinema Bersani: non permettiamo a nessuno di infilarsi nel nostro cervello e fare il padrone. Nemmeno al passato.

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