Arturo Benedetti Michelangeli, il pianista rivoluzionario di Anzovino

Musica

Fabrizio Basso

26th June 1959:  Italian pianist Arturo Benedetti Michelangeli (1920 - 1995), (right), and his tuner Ettore Tallone at the piano during a concert tour.  (Photo by Erich Auerbach/Getty Images)

Il 12 giugno 1995, esattamente 25 anni fa, se ne andava il maestro Arturo Benedetti Michelangeli. Lo ricordiamo attraverso le parole di Remo Anzovino, pianista tra i più creativi e rivoluzionari degli ultimi vent'anni

Ci sono due poster nello studio di Remo Anzovino, uno è di Bob Marley e l’altro del maestro Arturo Benedetti Michelangeli, del quale in questo 2020 ricadono i 100 anni dalla nascita e i 25 dalla scomparsa, avvenuta proprio il 12 giugno del 1995. Per raccontare questa imponente figura del secolo scorso ho chiesto a Remo Anzovino di ricordarlo, professionalmente e umanamente. Il pianista di Pordenone è uno di quelli che non si è mai fermato durante questo lockdown (straordinario il suo Diario Sonoro con oltre 500mila visualizzazioni) e non si fermerà neanche ora che la situazione è più “aperta”. A breve verranno annunciate alcune date estive mentre è già confermato che in occasione della Festa della Musica, il prossimo 21 giugno (Suoni italiani e New Age Production), verrà mandato in live streaming sui canali YouTube degli Istituti Italiani di Cultura di Tokyo, Pechino, Hong Kong, Kuala Lumpur, Haifa, Il Cairo, Praga, Belgrado e Parigi il concerto di Remo Anzovino e Flavio Boltro per il progetto Suoni Italiani ideato da New Age Productions.

Remo sei pronto per questa strana estate?
Non si può attraversare una estate senza musica. Per un pianista mille presenze è tanta roba. Spero non ci vengano messi i bastoni tra le ruote. Bisogna stare attenti alle norme di sicurezza (tutto sul coronavirus) che fanno salire anche i costi. Spero comunque si possa partire metà luglio soprattutto al Sud.
Come nasce il tuo culto per Benedetti Michelangeli?
Me lo ha trasmesso da bambino, da pre-adolescente Maria Luisa Sogaro, la mia maestra di pianoforte. Cominciò a farmi ascoltare i dischi, vidi i suoi concerti degli anni Cinquanta e Sessanta in vhs. Ho iniziato a suonare a 11 e lui mi stimolava molto.
E’ definito un rivoluzionario.
Lo è. Come lui Bill Evans che col suo Explorations ha portato nella musica l’improvvisazione, rivoluzionando il concetto di trio. Benedetti Michelangeli ha rivoluzionato Il linguaggio di Debussy, Ravel, degli Impressionisti.
Come ricordi il primo “incontro”?
Una folgorazione. La perfezione di cosa deve rappresentare un pianista. La sua posizione formale del braccio e della schiena, la curvatura della mano. Certo uno step estetico e non fondamentale ma ricordiamoci che quando impari il piano è estremo dal punto di vista estetico.
Ci fai un esempio?
Nell’esecuzione del concerto in Sol di Ravel tendeva quasi a falsare le due mani quando dovevano andare insieme per udire tutte le parti.
La sua caratteristica?
Rigore e abnegazione per lo strumento. Nella parte adulta ebbe un repertorio limitato per penetrare sempre di più determinati autori.
Non da tutti fu amato.
Fu definito figlio di una tradizione superata il suo modo di suonare il pianoforte, alcune critiche sostenevano che il suo era un modo superato di suonare. Ci sono vari Michelangeli, io ora penso al fascino e alla magia di un interprete che è riuscito a codificare e rendere dal suo punto di vista autori eterogenei, su tutti Chopin e Debussy.
Era anche un curioso.
Sì, ha fatto scoprire un autore misconosciuto Mompous, uno spagnolo della stagione dell’impressionismo, che è a torto sconosciuto. La mia maestra lo scoprì grazie a Michelangeli, perché lui suonò un suo brano in televisione. Ha poi avuto sempre passione per la musica corale, penso alle armonizzazioni che scrisse per il coro della Sat.
Si parla di un uomo caratterialmente ruvido.
Fu un uomo difficile e complesso ma anche di cuore: ad Arezzo teneva una masterclass completamente gratuita, credendo nei giovani e nelle giovani generazioni. Partecipavano persone che poi sarebbero diventati concertisti. Poi aveva un difficile rapporto col nostro paese a causa della confisca di due pianoforti per questioni fiscali. Invito a riflettere sul fatto che ovunque sarebbe stato osannato.
Anche artisticamente era così?
Era un persona intransigente. Non sopportava le licenze che certi pianisti si prendono nel non rispettare il testo musicale. Il concetto di partire dal testo me lo ha trasmesso lui, non mi piace chi cambia il brano di un altro. Lui chiedeva l’applauso non per lui ma per il compositore. In un mondo di eghi molto grossi lui sottolinea il valore di chi ha scritto il testo.
Come lo racconteresti a un adolescente di oggi?
Non conoscerlo sarebbe come giocare a pallone senza guardare i video Baggio, Crujff e Maradona. Invito a studiarlo come esempio di ricerca costante della perfezione e dedizione allo strumento.
Il suo progetto che più ami?
Il concerto in Sol di Ravel è il più straordinario, è un concerto che venero, soprattutto il secondo movimento.

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