Eugenio Finardi, Milano chiama e la città risponde

Musica

Fabrizio Basso

Il lungo periodo di pausa forzata ha costretto anche Eugenio Finardi a confrontarsi con l'emergenza dovuta alla pandemia mondiale da Covid-19. Il risultato è Milano Chiama, un brano carico di energia, permeato da un mix di poesia, rabbia e ironia

Tre mesi di clausura (CORONAVIRUS: AGGIORNAMENTI LIVE – LO SPECIALE), sono tanti anche per un (ex) nomade qual è Eugenio Finardi. Al lavoro su nuovi brani insieme al suo fedele collaboratore Giuvazza Maggiore, il cantautore ha creato Milano Chiama, un brano potente, nei testi e nella musica, rabbioso ma pieno di speranza, con quell'anima punk che Finardi sa rendere magica. Raggiunto al telefono mi ha raccontato che "che dopo tre mesi a casa credi di avere contratto l'agorafobia, la sento nascere dentro". Da un biennio Finardi abbina alla musica la sua passione per le chitarre, nel senso che le costruisce: "L'obiettivo è fare chitarre d'arte per artisti e poi fare in modo che diventino benficenza. Purtroppo in questo periodo non sono riuscito a portarle a chi le dipinge.. Prendo legno e metallo e provo a dargli un'anima. Un po' la favola di Pinocchio ma con sei corde".

Milano Chiama nasce in casa col microfono di riserva del palco: "Ho visto arrivare medici dalla Cina, dalla Russia, dall'Albania e sull'altra sponda una Europa che ci trascura. Per me è la fotografia di un attimo e vorrei diventasse un canto di lotta, un inno per la ripresa. Io mi muovo fuori dalle mode e mi rattrista vedere che oggi l'amore passa attraverso gli schermi e non gli sguardi. Mi turba che non si arriva mai alla radice di una questione, anche quando sembra di esserci rimane un generalizzato malessere che poi è quello che alimenta il pensiero. Io credo che la pandemia sia il #metoo di un pianeta che chiede di essere protetto. Ci focalizziamo sugli esseri umani ma il cuore del problema è l'ambiente".

La sua frase del momento è comunità per la libertà: "Si parla di andare su Marte, di immortalità e non ci assumiamo la responsabilità di un cambiamento filosofico. Per quanto mi riguarda desidero che la vita abbia un termine". E per sottolineare questo suo ragionare aggiunge che "non so se finirò mai un nuovo album. Quando ho un pezzo che mi piace lo pubblico. Cominciamo col rispettare il lavoro del musicista e di chi opera nel settore. E' giusto che la Siae paghi i diritti d'autore per i concerti in streaming di questo periodo. Non dobbiamo lavorare gratis. Io ho i mezzi per attraversare questa emergenza ma molti no. Il tecnico del suono come sopravvive? Che la Siae divida il suo tesoretto con chi è in difficoltà". Eugenio Finardi è conscio di essere condannato a fare l'artista. Io ho il timore di non volere ricominciare, sento dei freni, il bisogno di isolamento e mi stupisco di questo mio sentire".

 

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