30 anni fa usciva in Italia Quei Bravi Ragazzi: l'enciclopedia dei film di gangster

Cinema

Giuseppe Pastore

Il capolavoro di Martin Scorsese con Robert De Niro e Joe Pesci ha ispirato decine di pellicole, ma nessuna ha mai avuto lo sguardo lucido e analitico di un film che racconta le abitudini, i vizi e i segreti del mondo della mafia americana come nessuno

È il film che ha ridefinito i confini del genere gangsteristico, oltrepassando i cliché stabiliti dal Padrino di Coppola e proponendo un modo più analitico, quasi scientifico, di raccontare la vita, le abitudini, i gusti, i vizi, i tic linguistici della mafia americana – che, come sappiamo, per Martin Scorsese occupa un ruolo di primo piano nella costruzione del mito degli Stati Uniti d'America. Il 20 settembre 1990 usciva in Italia Quei bravi ragazzi, o se preferite l'originale Goodfellas: tratto dal libro Il delitto paga bene di Nicholas Pileggi, ispirato alla vera storia del “pentito” Henry Hill e sceneggiato dallo stesso autore insieme a Scorsese, è universalmente riconosciuto come uno dei film più importanti della storia del cinema americano.

L'inizio

“Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster” e poi la voce squillante di Tony Bennett nello swing Rags to Riches, sui titoli di testa del grande Saul Bass. Un classico del cinema di Scorsese, la sovrapposizione di una canzone allegra su una scena cupa come quella che apre Goodfellas, che stabilisce subito il tono del film: una storia di violenza, sopruso e sopraffazione, spesso improvvisi, compiuti quotidianamente e quasi inconsapevolmente dai tre protagonisti della storia, che abbiamo appena conosciuto.

Il potere

Goodfellas segue l'ascesa di Henry Hill, adolescente di Brooklyn che entra a far parte del clan dei Lucchese, avviando una brillante carriera da gangster. Senza mai adottare toni moralistici, Scorsese mostra abilmente i lustrini e i privilegi del ruolo, toccando un apice anche stilistico nella celeberrima scena in cui Henry e la sua fidanzata Karen entrano nell'esclusivo ristorante Copacabana a Manhattan: un labirintico piano sequenza di cunicoli, corridoi, entrate posteriori, banconote allungate a camerieri compiacenti, e il tavolino che compare dal nulla proprio sotto il palco: per il grande critico americano Roger Ebert è la rappresentazione in tre minuti senza stacchi di montaggio di cos'è il potere. Annusando qualcosa di strano, Karen non può trattenersi dal chiedere al suo accompagnatore cosa faccia nella vita. Memorabile la risposta: “I'm in constructions” (“sono nell'edilizia”).

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Tommy

Nel ruolo di Tommy DeVito, Joe Pesci incarna uno dei più grandi personaggi laterali della storia del cinema: volgare, imprevedibile, sempre sull'orlo della follia, nonostante un fisico non certo statuario Tommy è capace di inaudite esplosioni di violenza (una di queste gli sarà fatale nella seconda parte del film). Questo celebre dialogo con Ray Liotta caratterizza perfettamente il personaggio, e la frase “I'm funny how?”, ripetuta da Tommy a un attonito Henry, è una delle più famose della storia di Hollywood. Per quest'interpretazione Joe Pesci vincerà l'Oscar come miglior attore non protagonista, che ritirerà pronunciando il discorso di ringraziamento più breve della storia dell'Academy.

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De Niro che fuma

In tutto questo ben di dio, un gigante come Robert De Niro adotta volutamente una recitazione sotto traccia, muovendosi all'ombra dell'istrionismo di Ray Liotta e Joe Pesci: ma questi trenta secondi in cui, sentendo avvicinarsi la bufera, fuma nervosamente al rallentatore sulle note di basso di Sunshine of your love dei Cream, come si suol dire, valgono il prezzo del biglietto.

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Il ragù

Le prodezze e i virtuosismi di regia e montaggio si sprecano: particolarmente famosa è la scena, ambientata in una domenica di maggio dalle prime ore del mattino fino a tarda sera, che illustra in una dozzina di minuti il mental breakdown di un Henry Hill ormai schiavo della cocaina e ossessionato dalla paura di essere arrestato, che vede elicotteri FBI dappertutto. La paranoia di Henry si intreccia con i lenti e solenni preparativi della cena della domenica sera e soprattutto del ragù, dipinto come l'oggetto di una cerimonia religiosa. È una scena magistrale per mille motivi, dall'uso della colonna sonora alla creatività del montaggio della fidata Thelma Schoonmaker, che è diventata oggetto di studio nelle scuole di cinema o su Youtube, come dimostra questo bellissimo che ci svela tutti i segreti della sequenza.

LOS ANGELES, CA - SEPTEMBER 18:  Producer Martin Scorsese arrives at the 63rd Annual Primetime Emmy Awards held at Nokia Theatre L.A. LIVE on September 18, 2011 in Los Angeles, California.  (Photo by Frazer Harrison/Getty Images)

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Layla

Altrettanto celebre è quest'altra sequenza, scorsesiana fino al midollo, in cui le dolci note della coda di Layla di Eric Clapton (una parte strumentale composta in realtà da Jim Gordon) fanno da sottofondo a una carrellata di efferate uccisioni e regolamenti di conti, in cui l'eleganza dei movimenti di macchina contrasta la brutalità delle immagini e crea un corto circuito memorabile.

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lo sparo finale

Anche nel finale Scorsese trova il tempo, prima di lasciare la scena alla tossica My Way nella versione di Sid Vicious, di infilare un'altra citazione d'autore: i pochi fotogrammi di Joe Pesci che spara in direzione della macchina da presa sono un omaggio a The Great Train Robbery, film del 1903 di Edwin S. Porter, una pietra miliare dell'età pionieristica del cinema americano. Secondo le indicazioni del regista, la scena del bandito poteva essere indifferentemente montata in testa o in coda alla pellicola, cambiando così di significato: all'inizio era un'anticipazione delle scene successive, alla fine suonava come una minaccia che il “cattivo” potesse tornare.

Gli omaggi

Il valore di Goodfellas fu evidente fin da subito, anche se vinse solamente un Oscar (Joe Pesci), mentre miglior film e miglior regia andarono a Balla Coi Lupi di Kevin Costner. Peggio gli andò al Festival di Venezia, dove fu privato del premio principale a vantaggio dello shakespeariano Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard, uno dei Leoni d'Oro più contestati dell'ultimo mezzo secolo. La sua influenza è palese anche in una delle migliori serie tv di tutti i tempi, I Soprano, nel cui cast ci sono perfino tre attori di Goodfellas: Lorraine Bracco nel ruolo della psicoterapeuta, Michael Imperioli nel ruolo del nipote di Tony Soprano e Frank Vincent nel ruolo del gangster Phil Leotardo.

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