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La nuova Cinecittà, gli studi di Roma tra passato e futuro. VIDEO

Cinema

Alessio Viola

©Webphoto

Cinecittà, tra teatri pieni, produzioni internazionali al lavoro e nuovi teatri hi-tech, sta tornado la fabbrica dei sogni che è stata per tanto tempo. Siamo andati a fare un giro 

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Cinecittà, 2023. Al cancello dei mitici studi di via Tuscolana 1055 a Roma oggi entri con in testa la sua storia, i grandi fasti, le scenografie, la Hollywood sul Tevere, er cinema, la Dolce Vita, Verdone, Sordi e tutto quanto, poi ti avvii e piano piano ti trovi davanti agli occhi set al lavoro, teatri di posa pieni, chiusi sì ma perché blindati dalle produzioni delle serie più attese, comparse che girano coi vestiti di scena, un gran via vai, una Cinecittà nuova, insomma. Quella di ieri, ma che sa di oggi. In questo Ciak si torna a girare, un giretto ce lo facciamo anche noi, con Nicola Maccanico (ad di Cinecittà S.p.A. da un paio d’anni).

Cosa c’è dietro questo nuovo cineboom?

C’è una fase straordinaria. La fabbrica dei sogni che torna a fare quello che le compete, si stanno costruendo i sogni di domani e gli studi sono tornati a essere la casa delle grandi produzioni, delle grandi serie, dei grandi film, sì oggi è piena. E si lavora per diventare sempre più un hub pubblico al servizio dell’intera filiera audiovisiva e multimediale.

 

Cosa è successo?

Intanto abbiamo approvato da poco il bilancio ’22 con risultati oltre le previsioni, abbiamo raddoppiato gli utili, oggi l’azienda non costa, funziona e guadagna. E’ un punto di partenza decisivo per far crescere un business che funziona. Poi il valore della sua storia, lo sappiamo, è attrattivo. Ci sono meravigliosi teatri di posa (tutti in funzione oggi, il 70% con produzioni internazionali), c’è una professionalità ricercata, riconosciuta, competente. Ma è un insieme di cose. L’Italia ha un credito d’imposta molto competitivo, poi c’è il nostro Paese che oggi conta di più nel settore dell’audiovisivo, grazie ai nostri autori, ai nostri produttori.

 

E’ anche vero che il contesto generale è come esploso, per il pubblico c’è un’offerta senza precedenti tra tv, cinema, piattaforme.

Sì, è ed è un’opportunità che cogliamo. La poderosa crescita della domanda di contenuti audiovisivi e multimediali, associata a sempre più ambiziose aspettative qualitative, visive e innovative richiede sempre di più l’utilizzo di studi e teatri di posa efficienti. E’ una grande opportunità per l’intera industria audiovisiva e, di conseguenza, per Cinecittà.

Da qui ok il teatro 5 ma occhio al 18…

Sì, Cinecittà ha 19 teatri, 4 li stiamo ristrutturando, 5 li faremo nuovi. Un aspetto che rende oggi i teatri competitivi è la realtà virtuale. Si è passati dal classico green screen allo smart stage. Un grande schermo, il nostro nel teatro 18 è di 350 metri quadrati, dove puoi costruire un mondo e girarci dentro. I registi e gli attori sono in studio ma possono essere in qualsiasi luogo del mondo. Il teatro 18 in questo senso è la nostra porta sul futuro.

 

Il Pnrr che ruolo ha in tutto questo?

Per lo sviluppo ulteriore. I dati che abbiamo raggiunto oggi, gli utili nel bilancio, la piena occupazione prescinde completamente dal Pnrr. Il Pnrr ci aiuta a crescere ancora e a consolidare lo sviluppo.

 

Cosa si sta girando in questi giorni?

Il premio Oscar Edward Berger sta girando Conclave, si sta facendo The Decameron, una serie Netflix, poi Roland Emmerich sta girando una serie sui gladiatori, Those about to die, per Peacock e poi ancora Sky, si gira M il figlio del secolo tratto di libri di Antonio Scurati.

 

Fellini a chi gli chiedeva in quale città preferisse vivere tra Roma, Londra o Milano rispondeva: sinceramente, Cinecittà. E una targa davanti al suo Teatro 5 ce lo ricorda

Il teatro 5 resta il più grande di tutta Cinecittà. Fellini è uno dei motivi per cui il mito di Cinecittà esiste, per questo noi lo stiamo facendo diventare davvero un posto dove si può tornare a vivere. Perché i grandi registi, i grandi attori oggi girano per questi viali anche grazie a quel mito, non più per visitare un museo però, ma per lavorare.