Addio a Renato Casaro, autore delle locandine che hanno fatto la storia del cinema

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llustratore tra i più influenti del cinema mondiale, ha firmato locandine diventate iconiche per film di Leone, Bertolucci, Coppola e Tarantino. Le sue opere hanno segnato l’immaginario visivo di intere generazioni

È morto nella notte tra il 29 e il 30 settembre all’ospedale di Treviso, dove era ricoverato per una broncopolmonite, Renato Casaro, che avrebbe compiuto 90 anni il prossimo 26 ottobre. Considerato l’ultimo dei grandi cartellonisti del cinema, Casaro è stato un artista capace di trasporre, disegnandola, l’anima di un film in un manifesto, spesso mentre la pellicola era ancora in lavorazione. Bastavano poche foto di scena e un formidabile intuito visivo per creare immagini che sarebbero diventate iconiche. Le sue locandine hanno accompagnato migliaia di titoli, collaborando con le più prestigiose major hollywoodiane e con registi come Francis Ford Coppola, Sergio Leone, Quentin Tarantino, Franco Zeffirelli, Claude Lelouch e molti altri.

Una carriera tra Treviso, Cinecittà e Hollywood

Il sodalizio tra Casaro e il cinema è iniziato da ragazzo, quando dipingeva a mano le grandi sagome collocate all’ingresso del Cinema Teatro Garibaldi e del Cinema Esperia di Treviso. A 19 anni, nel 1954, si trasferisce a Roma per lavorare nello studio di Augusto Favalli, dove apprende le tecniche e i trucchi del mestiere. Il suo primo manifesto ufficiale è per “Criminali contro il mondo” (1955). Due anni dopo apre uno studio a proprio nome, nel pieno fermento di Cinecittà. Da lì, la sua firma accompagna film di Jean-Jacques Annaud, Dario Argento, Marco Bellocchio, Ingmar Bergman, Bernardo Bertolucci, Luc Besson, John Boorman, Tinto Brass, Liliana Cavani, Milos Forman, Costa-Gavras, Pietro Germi, Sergio Leone, Sidney Lumet, Anthony Mann, Mario Monicelli, Francesco Rosi, Alberto Sordi, Giuseppe Tornatore, François Truffaut, Carlo Vanzina, Carlo Verdone. Casaro ha saputo adattarsi a ogni genere: storico, peplum, commedia, noir. Tra i suoi capolavori figurano i manifesti di “Lo chiamavano Trinità”, “Rambo”, “I magnifici sette”, “C’era una volta in America”, “Amadeus”, “Il nome della rosa”, “Il tè nel deserto”, “L’ultimo imperatore” e “C’era una volta a... Hollywood”.

Un’eredità visiva che racconta il cinema

Nel 2022 Treviso gli ha dedicato una grande mostra curata dallo Studio Esseci, con oltre 170 manifesti esposti in tre sedi cittadine, tra cui il Museo Nazionale Collezione Salce, che gli ha riservato un’area permanente. Casaro è stato il simbolo di una scuola italiana di illustratori cinematografici dove tecnica, creatività e istinto erano strumenti fondamentali per il successo di innumerevoli film. La sua arte, ormai rara e quasi scomparsa, ha attraversato la seconda metà del Novecento lasciando una galleria di immagini che non sono solo manifesti, ma vere e proprie testimonianze storiche e culturali. Con la sua scomparsa si chiude un capitolo irripetibile della cultura visiva legata al grande schermo.

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