The Last Viking, la recensione del film di Jensen con Mads Mikkelsen presentato a Venezia
CinemaThe Last Viking (En Sidste Viking), presentato Fuori Concorso alla Mostra di Venezia, è la nuova opera di Anders Thomas Jensen con Mads Mikkelsen e Nikolaj Lie Kaas: un viaggio epico e ironico tra mito e quotidianità, dolore e commozione, dark comedy e poesia. Un film che ride e ferisce, che intreccia identità smarrite e traumi nascosti, ricordandoci che siamo tutti un po’ vichinghi, un po’ folli, un po’ fragili. il film uscirà prossimamente nelle sale italiane distribuito da Plaion Pictures.
Fuori Concorso alla Mostra di Venezia (LA DIRETTA), Anders Thomas Jensen porta En Sidste Viking (The Last Viking), film che riafferma il suo sodalizio con Mads Mikkelsen e Nikolaj Lie Kaas. È la sesta regia di Jensen, autore capace di mescolare tragedia e grottesco, filosofia e risata.
Il titolo rimanda all’epopea nordica, ma Jensen lo usa come chiave metaforica. Non vediamo il solito kolossal vichingo, bensì un racconto spiazzante, ironico e dolente, che parla del nostro presente più che del passato., film uscirà prossimamente nelle sale italiane distribuito da Plaion Pictures.
Un inizio disarmante: la favola animata
Il film sorprende da subito con una sequenza animata, semplice e quasi infantile, che richiama le leggende norrene. Un cartone che ci ricorda che siamo tutti menomati, feriti, divelti. Nessuno è mai intatto, e questo vale tanto per i vichinghi quanto per noi. Norman Bates (Anthony Perkins) lo diceva in Psycho: “Siamo tutti un po’ pazzi, a volte”.
È un prologo che destabilizza lo spettatore, per poi trascinarlo in una cavalcata selvaggia tra generi diversi: dal dramma all’assurdo, dal noir al road movie. Non una copia maldestra di Tarantino, ma un film fatto con stile, energia e accorata partecipazione.
La trama: fratelli, denaro e oblio
Anker (Nikolaj Lie Kaas) esce di prigione dopo quindici anni. Il bottino della rapina che lo ha condannato era stato nascosto dal fratello Manfred (Mads Mikkelsen). Ma Manfred, ormai segnato dalla malattia mentale, non ricorda più dove.
I due intraprendono così un viaggio alla ricerca del denaro, che diventa ben presto una ricerca di sé stessi. Ogni incontro è un tassello di un mosaico più ampio, popolato da eccentrici, folli, anime perdute: una sorta di famiglia allargata, tenera e disperata, che sembra una tribute band dei Beatles ma finisce per cantare gli Abba.
Mads Mikkelsen, attore proteiforme
Mads Mikkelsen, icona globale, conferma qui la sua grandezza attoriale. Dal villain di Casino Royale al padre alcolizzato di Another Round, fino al professore di The Hunt, Mikkelsen si reinventa come un Proteo capace di incarnare ogni fragilità. In The Last Viking è Manfred, l’uomo smarrito, dimentico del passato eppure custode di un’emozione pura.
Nikolaj Lie Kaas, volto iconico del cinema danese, offre ad Anker un’umanità ferita, ironica e malinconica. La loro alchimia è il cuore del film: un rapporto fraterno che diventa metafora dell’Europa di oggi, divisa tra memoria e oblio.
Sofie Gråbøl e l'ironia spumeggiante
Accanto a loro, Sofie Gråbøl (la detective Sarah Lund di The Killing) è Margrethe, figura femminile con una percezione di se stessa decisamente imprevedibie. Non è soltanto un personaggio, ma un archetipo simpatico di chi sogna di essere quello che non è , rivisitato in chiave ironica e pulp
Il cast è arricchito da Søren Malling (Borgen), Bodil Jørgensen (In a Better World), Lars Brygmann, Nicolas Bro e Lars Ranthe. Attori che insieme compongono una vera “compagnia teatrale” del cinema danese.
Un cinema di confusione gioiosa
La forza di The Last Viking sta nell’abbracciare il caos: un gruppo di sbandati che balla e canta Twist and Shout, con pellicce di castoro o elmi vichinghi, come in una festa improvvisata. È in questa confusione gioiosa che si nasconde la verità: solo l’ironia e la risata possono lenire le ferite di un’infanzia violenta, di giovinezze spezzate, di traumi mai rimarginati.
Tra mito e contemporaneità
Girato tra Danimarca e Svezia, il film utilizza paesaggi e scenografie naturali per coniugare realismo e fiaba. La fotografia di Sebastian Blenkov scolpisce la luce come fosse marmo, mentre la colonna sonora di Jeppe Kaas alterna malinconia e ironia.
Jensen mostra che l’identità non è mai fissa. È un gioco di specchi, una maschera che cambia di continuo. Siamo tutti vichinghi smarriti, pronti a reinventarci.
Jensen e il suo universo
Autore di sceneggiature premiate per Susanne Bier e Vinterberg, Jensen ha costruito nel tempo un universo personale, da The Green Butchers a Men & Chicken, fino a Riders of Justice. Il suo marchio è l’ibridazione: tragedia e commedia, grottesco e lirismo.
Con The Last Viking conferma questa cifra stilistica, arricchendola di una riflessione più profonda: accettare di non essere mai una sola cosa, ma una moltitudine.
Conclusione: l’ultimo vichingo siamo noi
En Sidste Viking non racconta solo due fratelli alla ricerca di un bottino. Racconta di noi: smarriti, feriti, un po’ folli, ma ancora capaci di ballare insieme, anche con un elmo vichingo in testa.
Alla Mostra di Venezia, il film risuona come un inno all’imperfezione: siamo tutti l’ultimo vichingo, alla ricerca di una comunità perduta e di una risata che ci salvi.
Se fosse un cocktail: il Viking Sour
Se The Last Viking fosse un cocktail, sarebbe un Viking Sour. Un sour di aquavite nordico, con limone e miele di foresta: ha l’acidità che brucia come una ferita, la dolcezza che consola come un abbraccio tardivo, e un retrogusto di anice che rimane in gola come un ricordo incancellabile.
È un drink che non si lascia addomesticare, spigoloso e poetico, proprio come il film di Anders Thomas Jensen. Un cocktail che racconta la stessa oscillazione del racconto: tra il dolore e la risata, tra il mito e la quotidianità, tra il gelo dei fiordi e il calore di una danza improvvisata. Con un Viking Sour in mano, anche il peso delle cicatrici diventa più leggero, e si può ballare Twist and Shout persino con un elmo da vichingo in testa.