The Rocky Horror Picture Show, 10 curiosità per il 50° anniversario

Cinema
Giuditta Avellina

Giuditta Avellina

©Getty

Introduzione

La versione cinematografica del musical inglese usciva il 14 agosto 1975. Lo ripercorriamo attraverso dieci curiosità sul film cult che ha rivoluzionato il cinema e la cultura pop, dal rito delle proiezioni di mezzanotte alla storia delle iconiche labbra, passando per set gelidi, censure mancate e un ingresso nel National Film Registry.

Quello che devi sapere

Il flop iniziale che durò... per sempre

Al momento dell’uscita nel 1975, The Rocky Horror Picture Show fu un flop commerciale. Ma l’anno successivo, con le proiezioni notturne a New York (al Waverly Theater a partire dal 1976), iniziò a radunare un seguito devoto: pubblico travestito, battute urlate, "shadow cast" che mimavano dal vivo il film — e da allora non ha più smesso di essere proiettato. È diventato il film con il rilascio teatrale più longevo della storia.  (leggi qui per scoprire perché The Rocky Horror Picture Show)è ancora un cult dopo 50 anni)

Il flop iniziale che durò... per sempre

Un sogno diventato manifesto queer

Il film, nato come adattamento low‑budget di un musical londinese, è diventato un pilastro della cultura queer e della liberazione sessuale. Nelle proiezioni di mezzanotte, spettatori marginalizzati hanno trovato comunità, espressione e visibilità – tanto che la pellicola è stata definita "un simbolo di accettazione, esplorazione e rottura delle norme". 

Un sogno diventato manifesto queer
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Quelle labbra… erano sue, ma la voce era di un altro

Nella celebre sequenza iniziale, le labbra appartengono alla performer Patricia Quinn (Magenta), mentre la voce nella canzone Science Fiction/Double Feature è di Richard O’Brien (co-autore e interprete). Questo contrasto visivo-sonoro è frutto di una scelta stilistica voluta.

Quelle labbra… erano sue, ma la voce era di un altro

Riprese congelanti, con conseguenze serie

Le riprese svolte tra Bray Studios e Oakley Court nell’autunno del 1974 furono estremamente fredde e umide. L’attrezzista spruzzava acqua gelida ogni pochi minuti: Susan Sarandon si ammalò di polmonite, e quasi tutti subirono raffreddori o peggio. Barry Bostwick ricorda di aver maledetto il freddo prima di ogni scena.

Riprese congelanti, con conseguenze serie
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Rocky non canta (anzi, un altro canta per lui)

Il bel Rocky, interpretato da Peter Hinwood, non fece da voce durante la creazione musicale. I produttori usarono in post-produzione la voce di Trevor White per le parti cantate. 

Rocky non canta (anzi, un altro canta per lui)

Frank‑N‑Furter non doveva parlare così

Originariamente, il personaggio di Frank‑N‑Furter doveva avere un marcato accento tedesco. Ma Tim Curry cambiò idea dopo aver ascoltato una signora con accento aristocratico su un autobus: "che suoni come la Regina", decise. 

Frank‑N‑Furter non doveva parlare così
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Mick Jagger (e Bowie, Reed) volevano il ruolo

Nel documentario Strange Journey, Richard O’Brien rivela che Mick Jagger, David Bowie e Lou Reed erano interessati a interpretare Frank‑N‑Furter. Il regista Jim Sharman però insistette per mantenere il cast originale, permettendo la partecipazione di Curry e altri membri del gruppo teatrale originario.

Mick Jagger (e Bowie, Reed) volevano il ruolo

Nostalgia horror tra Hammer e Oakley Court

Per costruire l’ambientazione gotica, le riprese si svolsero in studi e ville legate ai classici film horror della Hammer – come Oakley Court, già sede di produzioni horror inglesi. Un tributo estetico, ma anche un modo intelligente di contenere i costi. 

Nostalgia horror tra Hammer e Oakley Court
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Cavie bianche e ovetti nascosti

Il cast riciclò molti oggetti di scena dai film Hammer degli anni precedenti. Inoltre, sul set furono nascosti veri "Easter eggs": uova colorate così ben celate che sono rimaste nel film. Una di queste appare sotto il trono di Frank‑N‑Furter.

Cavie bianche e ovetti nascosti

Un'eredità preservata nel tempo

Dopo il successo postumo, il film è stato inserito nel National Film Registry della Library of Congress nel 2005, come opera “culturalmente, storicamente o esteticamente significativa”.

Un'eredità preservata nel tempo
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