Al Giffoni Film Festival il celebre interprete riflette sul mestiere dell’attore, evocando maestri come Jouvet e l’importanza di non abituarsi mai alla scena. Un confronto sincero con i ragazzi sul ruolo dell’emozione e del rischio. E su Loro, il film diretto da Paolo Sorrentino: “Non ho altro da aggiungere, preferisco lasciar parlare l’opera”.
Toni Servillo: “Mi sbatte o’ core prima di ogni scena, come a Eduardo”
Al Giffoni Film Festival l’attore incanta i giovani con una lezione sul talento e la paura
C’è un fremito che non passa mai, nemmeno dopo anni di premi, ruoli iconici e teatri affollati. “Mi sbatte o’ core, come a Eduardo”, confessa Toni Servillo davanti a una platea di giovanissimi al Giffoni Film Festival. L’attore napoletano, protagonista di un incontro affollatissimo, rivela che anche lui, come Eduardo De Filippo alla soglia degli 80 anni, sente ogni volta l’ansia salire prima di entrare in scena: “Credo che se non si ha questa sensazione vibrante, si paga nel risultato.”
Una paura creativa, che non frena ma spinge. Lo dice evocando un altro maestro, il francese Louis Jouvet, che al Conservatoire di Parigi insegnava che “la paura arriva con il talento”. È proprio quando il batticuore scompare – ammonisce Servillo – che si entra nella “routine”, e il pubblico se ne accorge. E quando non si ha più niente da dire, “forse è meglio fermarsi”.
Il talento, il palco, il rischio: quando la paura è un alleato
Il suo racconto è una dichiarazione d’amore al mestiere dell’attore, ma anche una riflessione sulla fragilità che si nasconde dietro la maschera dell’artista. “Dietro le quinte, Jouvet chiese a un ragazzo: hai paura? Quando quello rispose di no, disse: arriverà con il talento.” Una frase che Servillo scolpisce nel cuore degli ascoltatori come monito e speranza.
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Ma l’incontro tocca anche un nervo ancora scoperto: il destino del film Loro di Paolo Sorrentino, in cui interpretava Silvio Berlusconi. Una ragazza del pubblico, tra le poche ad averlo visto in sala al cinema Troisi, chiede come mai non sia disponibile in home video né in digitale, pur essendo passato di mano a Mediaset.
La risposta è tagliente: “Ho già risposto in passato, e quella risposta ha creato polemiche che mi hanno stancato. Ho fatto il film, basta.” Un rifiuto garbato, ma deciso, che conferma quanto quella vicenda sia ancora spinosa.
Conclusione
Servillo, con la sua eleganza feroce, ha dimostrato che non è il tempo sul palco a definire un attore, ma il brivido che ancora lo accompagna. Quello “sbatte o’ core” che unisce lui, Eduardo e ogni artista che rifiuta l’abitudine.
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i"È uno dei festival più belli del mondo, non solo d’Italia", dice Toni Servillo, visibilmente emozionato nel ritrovare i ragazzi del Giffoni Film Festival. Un luogo che sente familiare e fertile, dove il cinema è ancora incontro autentico. Parlando del suo storico sodalizio con Paolo Sorrentino – atteso a Giffoni mercoledì – l’attore racconta il set del loro settimo film insieme, La Grazia, che aprirà la Mostra di Venezia: “L’entusiasmo tra noi è intatto. Ci siamo fatti del bene reciproco. Tra me e Paolo c’è un legame umano profondo, oltre che professionale. Gli devo moltissimo: è stato il primo a darmi un vero ruolo da protagonista, e ha sempre saputo come modellarmi nei suoi film”. Un’intesa che definisce “fatta di curiosità rinnovata e soccorso reciproco”, in cui Sorrentino lo chiama fratello maggiore e gli ha persino affidato il ruolo di suo padre.