Oscar, quando a vincere è un outsider

Gli Oscar sono uno dei momenti più attesi del cinema mondiale, e non solo perché per molti film rappresentano la fine di un percorso cominciato mesi e mesi prima. Per quanto commerciali e politicizzati , gli Oscar offrono una fotografia di ciò che l’industria dell’intrattenimento è stata e sta diventando. Al di là di chi, poi, vincerà, è interessante dare un’occhiata ai titoli che di volta in volta vengono selezionati e anche alla loro storia. Vedere film come “Anora” di Sean Baker tra i favoriti non è una novità. Ci sono sempre stati degli outsider che agli Oscar, quasi dal nulla, sono riusciti a ritagliarsi il loro spazio e a ottenere le statuette più ambite. Pensiamo, banalmente, al “Godzilla Minus One” di Takashi Yamazaki, che l’anno scorso ha portato a casa l’Oscar per i migliori effetti speciali . Il trionfo di “Everything Everywhere All At Once” Due anni fa, a trionfare nella categoria più ambita, quella cioè per il miglior film, è stato “Everything Everywhere All At Once” di Daniel Kwan e Daniel Scheinert: costato poco più di 35 milioni di dollari, è stato in grado di conquistare non solo il favore della critica e del pubblico ma anche, visti i voti che ha ottenuto, dell’Academy. Non è stata una vera e propria sorpresa visto che diversi commentatori avevano accennato a questa possibilità nelle ore immediatamente precedenti alla cerimonia, ma è stato comunque incredibile vedere un film di genere ottenere un riconoscimento simile. Da "Parasite" a "Coda" Nel 2022, il titolo che ha portato a casa l’Oscar per il miglior film è stato “Coda”, distribuito da Apple. Anche in questo caso ci ritroviamo davanti a una produzione a basso budget , e anche in questo caso l’annuncio è stato accolto con un certo stupore. Nel 2022, nella stessa categoria di “Coda”, erano candidati “West Side Story” di Steven Spielberg, “Il potere del cane” di Jane Campione, “Licorice Pizza” di Paul Thomas Anderson e “Dune” di Denis Villeneuve. Il 2020 è stato l’anno di “Parasite” di Bong Joon-ho, che ha battuto sia “The Irishman” di Martin Scorsese che “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach. Ed è stato pure l’anno in cui è diventato piuttosto evidente un cambio di rotta nell’Academy, che si è aperta a un cinema più internazionale, non per forza nord-americano, con una riconoscibilità e una forte firma autoriale. Il caso "Moonlight" Nel 2019 “Green Book” ha superato “La favorita” di Yorgos Lanthimos e “Roma” di Alfonso Cuarón, su cui Netflix aveva investito tantissimo. Ma una delle sorprese più grandi degli ultimi anni degli Oscar è arrivata nel 2017, quando prima venne annunciato per errore come miglior film “La La Land” di Damien Chazelle e poi il nome del vincitore fu corretto con “Moonlight” di Barry Jenkins, primo titolo indipendente a tema LGBT a ricevere un premio simile. Un’altra sorpresa è stata senza ombra di dubbio la vittoria de “Il caso Spotlight” di Tom McCarthy: un film tutto sommato classico, sul giornalismo d’inchiesta, che è riuscito a superare grandissimi favoriti come “Revenant” di Alejandro González Iñárritu. Un premio "politico" In alcune scelte, gli Oscar – e lo abbiamo già anticipato – sono sempre stati profondamente "politici": più che il film in sé, hanno contato le campagne, il lavoro di marketing e l’impegno dei singoli studi. Per questo, a volte, può apparire inatteso il successo dei film più piccoli e indipendenti. È chiaro che, nell’economia stessa dell’industria cinematografica, qualcosa è cambiato. Ed è altrettanto chiaro che determinati equilibri, soprattutto con il succedersi di produttori e con l’arrivo di nuove realtà , finiscono per essere sostituiti da altri rapporti di forza. Davide contro Golia Nel 2006, “Crash” di Paul Haggis riuscì a battere “Munich” di Steven Spielberg, “Good night, and good luck” di George Clooney e “I segreti di Brokeback Mountain” di Ang Lee, dato da molti come favorito. Perché? Com’è stato possibile? Dov’è che il meccanismo, se un meccanismo in questo genere di cose esiste, si è inceppato? La verità è che tutti, a un certo punto, finiamo per fare il tifo per Davide e per sperare che riesca a battere Golia. A volte succede , a volte no. Ma gli Oscar non sono un sinonimo assoluto di qualità o di merito. È importante ricordarlo. Gli Oscar restano dei premi, e come tutti i premi riflettono il punto di vista della loro giuria, che per quanto grande non è il mondo intero.

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