Il Baracchino, la serie che scommette sull'animazione italiana

Il 3 giugno, su Prime Video, arriva “Il Baracchino”, la prima serie animata italiana di Amazon, sviluppata da Megadrago e prodotta da Lucky Red. Rappresenta un’eccezione per il nostro mercato. Innanzitutto per il modo in cui è stata realizzata: uno studio relativamente nuovo e giovane che si occupa dei vari aspetti e che lo fa quasi – sottolineiamo: quasi – in sordina. E poi per il tipo di target a cui si rivolge: uno più adulto e maturo, decisamente diverso rispetto a quello delle tante serie distribuite dalla Rai. “Il Baracchino” è composta da sei episodi, e ogni episodio dura tra i 15 e i 20 minuti. La scelta del bianco e nero, come fotografia, è una scelta interessante, che non influenza solamente il risultato finale . Ma pure, e forse è la cosa più importante, il racconto. Un mix di tecniche d'animazione Ci ritroviamo in questo locale, Il Baracchino appunto, circondati da personaggi più o meno umani, antropomorfi, strani. Tutti caratterizzati in modo differente. Ognuno di essi è stato sviluppato con una tecnica particolare: 3D, 2D, stop-motion, marionette. E questa idea, questa intuizione, funziona. Perché dona a ciò che vediamo un ulteriore spessore e una consistenza diversa. È un avanti e indietro continuo. Volutamente frenetico, volutamente velocizzato. L’idea è quella di costruire la serie come se fosse un mockumentary, quindi un finto documentario. Di volta in volta, ci sono delle interviste ai personaggi, in cui si allontanano dagli altri e aggiungono dettagli, spunti, dicono quello che pensano. E sono questi momenti, non le battute di per sé, a essere divertenti. È una comicità dell’assurdo, quella de “Il Baracchino”. Un po’ come succede in “The Studio” di Apple tv+. Qui, però, i riferimenti sono chiaramente altri: “Camera Café”, “The Office”, da un punto di vista di animazione “Lo straordinario mondo di Gumball” e altre serie di Adult Swim . Le voci dei comici italiani La scelta dei doppiatori, che ha lasciato perplesso più di uno spettatore, ha perfettamente senso: “Il Baracchino” racconta la storia di un locale di stand-up comedy, dove dopo tanto tempo vengono organizzati degli spettacoli. E quindi avere dei comici e degli attori come voci è una decisione che si inserisce perfettamente sia nel contesto che nello sviluppo stesso della trama. Pilar Fogliati interpreta la protagonista, Claudia, e fa da guida-coscienza-narratrice. Lillo Petrolo, invece, interpreta Maurizio, questo unicorno-cavallo, proprietario de Il Baracchino e deciso, oramai, a chiudere. Poi ci sono Pietro Sermonti, Frank Matano, Edoardo Ferrario, Stefano Rapone, Luca Ravenna, Daniele Tinti, Michela Giraud, Yoko Yamada e Salvo Di Paola . Una scelta che premia l'animazione La regia è firmata da Nicolò Cucci e Salvo Di Paola, i due co-creatori, che hanno scritto “Il Baracchino” insieme a Matteo Calzolaio e Tommaso Renzoni. Non ci troviamo davanti a una serie perfetta, ma è importante – fondamentale, anzi – tenerla in considerazione per un discorso più ampio, che riguarda lo stato del mercato italiano, dove l’animazione continua a essere sottovalutata e poco valorizzata . È strana, e questo è abbastanza innegabile, la decisione di Prime Video di tenere tutto sotto silenzio fino all’ultimo minuto, quando “Il Baracchino” è stato presentato in anteprima al COMICON di Napoli. Serie del genere non possono affidarsi unicamente al passaparola. Hanno bisogno di una comunicazione più capillare e diffusa. Soprattutto per poter coinvolgere – o quantomeno, ecco, intercettare – il potenziale pubblico di riferimento. Che magari non segue tutti gli annunci e che forse può essere interessato a saperne di più, andando anche dietro le quinte de “Il Baracchino” e del suo sviluppo.

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