Deadpool & Wolverine, la recensione del film Marvel con Ryan Reynolds e Hugh Jackman
CinemaAl cinema dal 24 luglio, il lungometraggio diretto da Shawn Lewy rigenera l’universo MCU. Un gioiello metacinematografico che centrifuga allegramente l’action con il buddy movie. Tra humour scorretto e omaggi ai cinecomic del passato, un’opera che abbatte la quarta parete sulle note di una colonna sonora deliziosamente vintage
Una risata ci seppellirà. Oppure ci farà risorgere. D'altronde il mercenario chiacchierone si rigenera a suo piacimento e in questo film chi muore si rivede, spesso e volentieri. Sicché Deadpool & Wolverine, nelle sale cinematografiche italiane a partire da mercoledì 24 luglio, risulta una panacea contro il logorio del cinecomic moderno, corroborante quanto uno spritz con il Cynar. Si ride, si scherza su tutto, la computer graphic non impazza e soprattutto non ci si prende troppo sul serio pure se si tratta della fine di questo mondo o di altri. Il Multiverso si trasfigura in una rubrica della settimana enigmistica, non è obbligatorio cogliere tutta la ridda di citazioni, omaggi, camei, ricchi premi e cotillon (certo sapersi destreggiare nei dedali griffati Marvel moltiplica il piacere) perché alla fine si gode e ci diverte lo stesso, tra un ardito doppio senso sessuale e una battaglia a colpi di ossa sulle note di Bye Bye Bye - interpretata dagli NSYNC. Perché nel cinema d’intrattenimento contemporaneo, una pellicola mainstream piena di autoironia e irriverenza è rara quanto un francobollo Gronchi Rosa.
Rendere appetitosa la pizza all'Ananas
Per usare una mera metafora gastronomica, Deadpool & Wolverine riesce rendere digeribile e financo appetibile la pizza all’ananas, pietanza che nel Bel Paese terrorizza, peraltro a ragion veduta, i più, perché trattasi di un’opera capace di coniugare il dolore, il nichilismo, la solitudine di un film dark come Logan con allegra confusione, la spudorata sfacciataggine dei precedenti lungometraggi incentrati sul linguacciuto supereroe. Per una volta, almeno al cinema, gli opposti si attraggono davvero. Se lo scontro si trasfigura in incontro, gran parte del merito è da attribuirsi a Ryan Reynolds e Hugh Jackman, Senza correre il rischio di venire scomunicato dai Soloni della critica, e con le dovute proporzioni, i due bei tomi paiono davvero l’evoluzione beffardamente superomistica di La Strana coppia immaginata da Neil Simeon. Ineluttabile flâneur, ma pure megalomane, Wade Wilson cazzeggia e sogna di fare squadra con gli Avengers, ma i vendicatori sono un piatto che neanche si può consumare freddo per chi ha una moralità dubbia e una faccia modello Freddy Krueger. Cosi l’esistenza di Deadpool imbocca inesorabile il viale del tramonto. Con parrucchino color topo si ritrova come un monsieur travet a stelle e strisce a vendere automobili. Tuttavia pure nella più sgangherata versione dell’American Dream, si manifesta sempre una seconda possibilità. In questo caso l’opportunità è rappresenta da James "Logan" Howlet, noto come Wolverine. C’è solo un piccolo problema, il mutante villoso dai civettuoli basettoni è defunto. Ma si sa, in un cinecomic che si rispetti mai dire mai. Così il lupo solitario dal gene x si ritroverà, suo malgrado, a recitare l’oneroso ruolo di ancora temporale.
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Fresco e beverino come un chardonnay ghiacciato
Eccitarsi per la serie tv Gossip Girl, sbertucciare la Fox, sbandierare la propria bisessualità, irridere la cancel culture, evitare i dogmi in salsa woke: Deadpool & Wolverine con ricchezza frugale e consapevole leggerezza gironzola nel palazzo ormai fatiscente dei cinecomic alla ricerca della stanza del tesoro . E infine la trova. Il film si balocca nel ripresentare icone cinematografiche del passato del calibro di Blade, Electra, Torcia umana, X23, ma non cade nel trappolone della nostalgia coatta, Addirittura, il multiverso, espediente ormai più fastidioso delle zanzare, nel film non è altro che un efficace MacGuffin da canzonare. D’altronde che il tempo fosse un’illusione lo sapeva già Einstein, ma la piacevole realtà è che le due ore e 7 minuti del film corrono veloci e gradevoli, parimenti a uno Chardonnay ghiacciato sorseggiato in ottima compagnia in un pomeriggio d’estate.
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Frizzi, lazzi e sensi di colpa
Se Deadpool 2 si apriva su action figure raffigurante morte di Logan, in questo terzo capitolo la dipartita di Wolverine si manifesta in tutta la sua cadaverica evidenza. Ma nel il 34º film del Marvel Cinematic Universe , persino il trapasso si trasfigura in burla. Il lungometraggio è travolto dalla trasgressiva vis comica del ciarliero fool dal costume rosso ("cosi i cattivi non vedono le macchie di sangue"), un’infinita ridda di gag, calembour, frizzi e lazzi sovente triviali, ma mai volgari, Di contro, in questa versione, il mutante dagli artigli di adamantio ha il whisky facile perché il senso di colpa è solubile in alcol. Un X Men che si sente un uomo sbagliato e non vuole saperne di sfoggiare la tradizionale e chiassosa uniforme gialla. Ed è un piacere niente affatto colpevole, godersi il pellegrinaggio di questa amena coppia di spostati nel “Vuoto” luogo apparso nella serie Loki situato alla fine del tempo in cui convergono tutte le varianti e le linee temporali cancellate dall'esistenza. Una terra desolata su cui incombe la minacciosa e mostruosa entità di nome Alioth, pronta a inghiottire come un titanico aspirapolvere chiunque gli capiti a tiro.
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Emma Corrin e Matthew Macfadyen dalla tv ai cinemcomic
Un deserto uscito dall’immaginario della saga di Mad Max, (c’è pure un battuta su Furiosa). Su cui regna Cassandra Nova, gemella del Professor X, inguainata in uno stilosissimo trench steampunk con stivali abbinati: una villain capace di manipolarti il cervello, di entrarti letteralmente in testa peggio di un tormentone estivo. A interpretarla è Emma Corrin con tanto di calotta alla Nosferatu. Dopo il Golden Globe vinto per il ruolo di Lady Diana Spencer, in The Crown, l’attrice inglese si dimostra a proprio agio pure nei panni del consueto supercattivone che brama ridurre in cenere l’universo. E a proposito di star britanniche del piccolo schermo se la cava benissimo anche Matthew Macfadyen (pluripremiato per il ruolo di Tom Wambsgans nella serie capolavoro Succession. L’ex Signor Darcy del film Orgoglio e Pregiudizio datato 2004, risulta perfetto nel ruolo dell’arrogante, antipatico e buffonesco nella parte dell’untuoso burocrate della a Time Variance Authority (TVA).
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Cantare Like a Prayer alla fine del film
Tra frecciatine sulla carriera di Reynolds (si citano Maial College e Ricatto d’amore), e un omaggio al Mago di Oz, padre putativo di tutti i multiversi. Deadpool è davvero il Gesù della Marvel, come ama autodefinirsi: un mutante che invece di moltipicare pani e pesci, diffonde bizzare versioni di se stesso, tra cui un Dogpool tanto brutto quanto irresistibile. The Merc with a Mouth pare in grado di resuscitare i cinecomic di casa Marvel e in fondo, in questi tempi tristi, cupi e incerti, Deadpool & Wolverine è davvero il film di cui abbiamo bisogno, con il suo carico sovversivo di umorismo e spiensieratezza conditi da un pizzico di emozione. Tant’è che, terminato il film, dopo la canonica scena post credit, ti viene voglia di cantare Like a Prayer di Madonna e muoverti a ritmo della Dubstep (come suggerito da Deadpool 2; ho dovuto googlare per scoprire di cosa si tratttase). Insomma, stravolgendo la frase di Brecht: fortunata la pellicola popolata da supereroi di questo tipo.