Charles Bronson, il duro di Hollywood raccontato in un libro

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

(Original Caption) New York, New York: Publicity handout from Death Wish shows Charles Bronson seated on the banks of the East River with the Brooklyn Bridge in the background. 1974.

Nell’anno in cui ricorre il ventennale della morte della morte dell’attore, il volume scritto da Massimo Moscati e pubblicato da Shatter Edizioni, è una preziosa e illuminante biografia che ricostruisce la carriera di un’icona cinematografica tra luci e ombre

Charles Bronson – Il duro di Hollywood è un libro necessario. Vergato magistralmente da Massimo Moscati (scrittore, giornalista, direttore editoriale, docente) e pubblicato da quegli illuminati e volitivi della Shatter Edizioni, il volume è la prima biografia dedicata all’attore a uscire in Europa a 20 anni dalla dipartita del divo di origine lituana avvenuta il 30 agosto del 2003. Pagina dopo pagina, interpretazione dopo interpretazione, il testo ci guida alla scoperta di una filmografia che comprende oltre 80 pellicole, senza contare le partecipazioni televisive. Lontano anni luce dalla corriva agiografia o peggio dall’ottusa denigrazione, l’autore analizza con appassionata lucidità l’ascesa e il tramonto di un interprete di una star unica nel suo genere. Un uomo taciturno e schivo, che amava stare in famiglia con i figli, dipingere quadri con i fiori e che si descriveva con queste parole: “Probabilmente ho l'aspetto di una cava rocciosa che qualcuno ha fatto esplodere.”

Una bomba a mano senza sicura

E sempre a proposito di deflagrazioni, per John Huston, Charles Bronson “era una bomba a mano senza la sicura, sempre sul punto di esplodere.” D’altronde, non era certo il ragazzo della porta accanto o il damerino con il cocktail in mano. Parliamo di una star che sul grande schermo ha preso a pugni Robert Redford, ha crivellato di colpi Henry Fonda, ha messo al tappeto Elvis. Gli veniva naturale cavalcare destrieri, guidare auto veloci, maneggiare armi, nuotare e combattere. Ma non era soltanto questo. Era un attore che a 33 anni dopo una schidionata di comparsate più o meno illustri decide di cambiare cognome. Nell’America della caccia alle streghe comuniste chiamarsi Buchinsky poteva risultare letale. Opta per il nome di una strada: la Bronson Avenue. Ma la strada per raggiungere il successo sarà tortuosa e lunghissima. Ma alla fine arriverà la stella sulla Walk of Fame e pure una dedica postuma firmata Quentin Tarantino alla fine di Kill Bill Volume 2. Solo che Charles resterà sempre un solitario, un orso con una corazza impenetrabile, alieno al coté hollywoodiano per indole, per scelta. Come disse in una famosa intervista: “A volte mi comporto come un vero bastardo. Non sono uno che mente, ruba e tradisce, ma mi capita di trattare male la gente.”

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La lunga strada verso il successo

In 24 capitoli (come i fotogrammi al secondo della pellicola cinematografica) dalla premessa all’epilogo, Moscati scandaglia con perizia certosina e precisione chirurgica la vita e la carriera di Charles Bronson. Dal trionfo ottenuto in Francia a fianco di Alain Delon con Due sporche carogne - Tecnica di una rapina (1968) a L’uomo venuto dalla pioggia (1970), thriller diventato un cult in cui l’attore giganteggia e obnubila la performance di Marlène Jobert, il percorso verso il successo di Bronson procede lento e inesorabile parimenti alla goccia che scava la pietra. Impreziosito da suggestive locandine originale in bianco e nero, il libro ci illustra l’epopea di un divo agli inizi venerato in Europa ma ignorato da Hollywood. Un destino per certi versi simili a quello di Clint Eastwood. Solo che Charlie sceglierà di non passare mai dietro la macchina da presa per dirigere un film. Ça va sans dire c’è spazio per l’incontro con Sergio Leone e il capolavoro. C’era una volta il West. Tra flashback e lembi di soprabito impigliati in un cespuglio, tra un cappio al collo e un modellino di legno, la vendetta si compirà. “I Sogni non si vendono, “dice Armonica, il giustiziere che ha il volto scalpellato di Bronson. Ma come scopriremo in seguito, Charlie sa che nella realtà i sogni muoiono all’alba. Tant’è che in seguito dichiarerà: “Sono solo un prodotto, come una saponetta, da vendere quanto più possibile.” 

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C’era una volta Il giustiziere della notte

Con autorevolezza e grandissima onestà intelettuale, il libro affronta a viso aperto il Giustiziere della notte (1974) e i suoi epigoni, mai all’altezza del prototipo. Si afferma giustamente che Death Wish (questo è il titolo originale del lungometraggio “è un classico e uno dei film più importanti e sottovalutati degli anni Settanta. Una cartina di tornasole di un’epoca e di una società. In virtù di un’attenta analisi del romanzo di Brian Wynne Garfield che ha ispirato la pellicola e del percorso del regista inglese Michael Winner (che aveva già diretto Bronson in Chato, Professione assassino e L’assassino di Pietra) Moscati finalmente rende giustizia al giustiziere senza pregiudizi, né fanatismi. Cionondimeno, il volume, scevro da qualsivoglia becero gossip, ci svela il rapporto di Charlie con la seconda moglie, l’attrice britannica Jill Dorothy Ireland: l’attore la voleva sempre al suo fianco sullo schermo e la imponeva ai produttori. Insomma, da  Il comandante Johnny di Henry Hathaway sino all' ultima, contenuto ma indimenticabile ruolo nel magnifico Lupo solitario (opera prima di Sean Penn) Charles Bronson, il duro di Hollywood ci offre un ritratto autentico, veemente e niente affatto edulcorato di una star che tra luci e ombre ha fatto la storia del cinema. A volte solo con uno sguardo o con un semplice gesto. 

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