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Indiana Jones e il Quadrante del Destino: la nuova avventura dell'archeologo. Recensione

Cinema

Letizia Rogolino

@Ufficio Stampa Disney

Harrison Ford torna a vestire i panni di Indiana Jones per un addio nostalgico e coinvolgente

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Quando un film viene annunciato come l’addio a una saga storica, la nostalgia gioca sicuramente un ruolo quasi invadente, ma James Mangold celebra l’importante eredità portando sullo schermo un Indiana Jones anziano ma ancora tosto e sarcastico, costretto a una nuova avventura internazionale per salvare il mondo. Indiana Jones e il Quadrante del Destino, al cinema dal 28 giugno, è il quinto capitolo della saga di Indiana Jones e il primo a non essere diretto da Steven Spielberg. Harrison Ford torna nei panni del leggendario archeologo e avventuriero con cappello e frusta che ha mantenuto intatti l’umorismo e lo stile che hanno conquistato per anni il pubblico di ogni età in tutto il mondo.

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L’antefatto ci porta nel 1944 in Germania, durante la Seconda Guerra Mondiale con un Indiana Jones digitalmente più giovane che si ritrova ancora una volta contro i nazisti che prendono ciò che vogliono. In particolare questa volta finisce nelle loro mani la metà di un artefatto creato da Archimede, il quadrante del destino, che consente al suo proprietario di controllare le forze dello spazio e del tempo. Lo studioso greco lo ha prudentemente diviso in due e ha nascosto l'altra metà, pertanto anni dopo il nazista Jürgen Voller (Mads Mikkelsen) alla fine degli anni ’60 torna sulle tracce di questo prezioso reperto mentre il vecchio scontroso Indiana Jones si sta ritirando dalle scene. Solo il buon vecchio Indy può fermare Voller, insieme alla sua figlioccia scapestrata Helena Shaw che si guadagna da vivere con aste illegali di oggetti d'antiquariato sul mercato nero con l’aiuto del piccolo Teddy (Ethann Isidore).

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Tanta azione e un cast carismatico

Fin dall’inizio del film non si contano gli inseguimenti, acrobatici e ben costruiti che tengono incollati allo schermo. La corsa a bordo dei tradizionali tuk-tuk nei vicoli di Tangeri, gli incontri ravvicinati con insetti inquietanti e una tomba sotterranea i cui passaggi si aprono risolvendo alcuni enigmi, sono tutti ingredienti che rendono omaggio all’anima della saga di Indiana Jones. Non manca l’archeologia, la storia, l’avventura vecchio stile e lo schema sembra riprendere Il Tempio Maledetto e I Predatori dell’Arca Perduta. Sicuramente questo quinto film è più Indiana Jones dell’ultimo con Shia LaBeouf Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo del 2008. Mads Mikkelsen come villain è di spessore e convincente, mentre la scelta di Phoebe Waller-Bridge come co-protagonista nei panni dell’eroina adulta e audace che accompagna Indy nella sua missione suicida è perfetta. Tra lei e Harrison Ford si instaura la giusta chimica sulla scena tra frecciatine e quel sentimento di amore-odio che rende piccante la narrazione.

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Il viaggio nel tempo che abbiamo sempre voluto vedere

La vecchia scuola vince e riporta all’atmosfera dei primi film, raccontando una storia avvincente e curiosa che introduce il viaggio nel tempo in un modo divertente e originale. Vedere uno studioso di storia come Indiana Jones che ne ha passate tante e ha sempre sognato di vivere alcune epoche in prima persona, finire in alcune pagine storiche del passato è un’idea geniale e spassosa. La lezione è che non puoi cancellare i tuoi problemi cambiando il passato, ma puoi sempre ricordare il bene che hai vissuto. E che se “sei tedesco, non puoi essere spiritoso” come dice Indy al cattivo di turno in una scena del film. Il finale vi farà scendere qualche lacrima, ma in nome di una commozione semplice e sincera che i fan di questo personaggio iconico possono provare pensando che la frusta e il cappello resteranno d’ora in poi appesi al muro. Ma ne siete proprio sicuri?

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