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Hometown, il trailer del film che scava nei ricordi di Roman Polanski e Ryszard Horowitz

Cinema

Manuel Santangelo

Screenshot dal trailer

Il documentario in arrivo al cinema il prossimo 25 gennaio non è solo la storia personale di due grandi artisti che tornano a casa, riaprendo nel percorso le ferite del loro doloroso passato. È un viaggio filmico necessario nella memoria altrui che diventa collettiva e che va preservata, prima che sia troppo tardi

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A un certo punto di Hometown si sente la voce di Ryszard Horowitz dire: “Le persone non imparano dalla storia, non traggono alcuna lezione”. È il momento in cui ci auguriamo davvero che il fotografo per una volta non abbia ragione, anche solo perché, se fosse proprio così, questo documentario di cui è protagonista sarebbe unicamente una bella opera d’arte e non una testimonianza preziosa da preservare. Il film di Mateusz Kudla e Anna Kokoszka - Romer è un documento storico importante, che fa tornare indietro nel tempo due grandi artisti per raccontare una vicenda, che è allo stesso tempo personale e collettiva.

Hometown aveva già conquistato tutti all’ultima Festa del Cinema di Roma e, dal 25 gennaio, è finalmente pronto ad approdare nelle sale. Per questa pellicola i due autori hanno chiesto ai loro protagonisti (Horowitz e il regista Roman Polanski) uno sforzo grande quanto doloroso: tornare indietro nel tempo, a un periodo confinante con l’infanzia che per loro è stato quantomeno complicato a causa dello spettro incombente dell'Olocausto. Per capire quanto sia stato difficile per i due fare questo passo, rimettendo piede a Cracovia dopo mezzo secolo, basta ascoltare Polanski  quando rivela di non aver accettato in passato la regia di Schindler’s List proprio per “salvare la sua memoria”. Tornare in quella città che lasciarono giovanissimi per i due artisti è insieme catartico e distruttivo, come se certi ricordi riprendessero vita per poi rimanere lì, dove si sono formati per la prima volta. Cracovia per Horowitz e Polanski è la casa dei giochi d’infanzia ma anche il luogo dove hanno visto per l’ultima volta i loro genitori, in un’infanzia a tratti poetica, quasi sempre dura ma soprattutto forzatamente breve.

Un difficile ritorno a casa

“Conserviamo i ricordi belli. Quelli brutti diventano sfuocati”, è l’auspicio di Horowitz, che forse spera anche nella vita di poter scegliere come nel suo lavoro quale negativo sviluppare e trasformare in un’istantanea. I “fantasmi” cui accenna Polanski affolleranno sempre le sue notti ma forse sono necessari per arricchire la dimensione umana del cineasta di Chinatown. “Durante  la realizzazione del film, ho voluto che i personaggi si sentissero a proprio agio, permettendo allo spettatore di conoscere gli eroi da un punto di vista molto personale – ha raccontato Kudla. – Da qui l’idea che la camera potesse seguire discretamente gli amici mentre camminavano e parlavano tra loro. Prima di ogni scena, discutevamo l’argomento della conversazione lasciando spazio per spontanee interazioni naturali. Roman e Ryszard hanno ripercorso luoghi che hanno suscitato ricordi di infanzia e giovinezza, e ciò li ha incoraggiati ad aprirsi e condividere i loro sentimenti nascosti. Il percorso è completato dalla narrazione di Ryszard fuoricampo che, con voce affettuosa, introduce lo spettatore al contesto drammatico degli eventi che racconta, condivide i suoi sentimenti e riflessioni, dipinge un ritratto del suo amico, e allo stesso tempo scopre qualcosa di importante di sé”. Alla fine il risultato finale è un racconto sincero e accorato, ma senza pietismi e lontano dalla retorica. Quando nel trailer Horowitz chiede a Polanski se accetterebbe di rivivere la propria vita esattamente come è stata, senza cambiamenti, il regista risponde all’amico senza esitare che no, lui avrebbe voluto nascere alle Hawaii. Perché quelle sofferenze possono formarti, possono aiutarti forse persino a diventare quello che desideri, ma non si cancellano. E per questo bisogna evitare che qualcun altro possa riviverle in futuro.

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