La commedia è stata presentata come un’opera “esilarante e commovente” e rappresenta il primo film senza il fratello per il regista Bobby Farrelly. La pellicola arriva poi a 30 anni di distanza dall’uscita di un vero cult, in cui il protagonista Woody Harrelson vantava già una discreta familiarità con la palla a spicchi
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Esattamente trent’anni fa Woody Harrelson dimostrava a tutti sullo schermo che “anche i bianchi possono saltare” a canestro. Il tempo passa però e stavolta toccherà a lui imparare qualcosa attraverso il basket in Champions, l’opera prima “da solista” di Bobby Farrelly. Il protagonista di White Men Can’t Jump (da noi Chi non salta bianco è) riprende in mano il pallone arancione per diventare Marcus Marakovich, un allenatore caduto in disgrazia che troverà il proprio riscatto grazie a una squadra molto speciale.
Woody Harrelson e la passione tutta made in USA per i coach della pallacanestro
“Non devono diventare i Lakers, devono solo sentirsi una squadra”, questo si sente rispondere un disorientato Harrelson quando fa notare che quei ragazzi con disabilità per lui sono “non alienabili”. Coach Marakovich si ritrova in un batter d’occhio dall’iper-competitiva realtà della NBA a un mondo dalle atmosfere decisamente più rilassate. Alla fine non trasformerà i propri allegri giocatori in membri della gloriosa franchigia gialloviola ma riuscirà comunque a cacciar fuori qualcosa di speciale da questi ragazzi. Champions è una classica favola americana con al centro una storia di redenzione attraverso lo sport, la classica vicenda su cui gli statunitensi hanno creato buona parte della loro epica. Il Marcus Marakovich di Woody Harrelson è l’opposto del personaggio di Nick Nolte in Basta vincere (in originale Blue Chips). Se in quella pellicola l’allenatore protagonista perdeva la sua innocenza pur di rincorrere il trionfo nel combattutissimo torneo NCAA, qui la parabola percorre un senso contrario. In generale va detto che la figura del coach di pallacanestro affascina il cinema americano da tempi non sospetti, regalandoci allenatori che diventano a loro modo figure paterne oltre che condottieri: basti pensare ad esempi come il Gene Hackman in Hoosiers o il Samuel L. Jackson di Coach Carter. Il protagonista della pellicola diretta da Bobby Farrelly sembrerebbe all’inizio non avere il carisma e le capacità per ricoprire un ruolo del genere ma poi, in un film leggero e senza troppi colpi di scena, si guadagnerà la sua possibilità di andare oltre i limiti. Probabilmente il riferimento più vicino visto sul parquet cinematografico è piuttosto recente: anche il Ben Affleck di Tornare a vincere si rimette in carreggiata ripartendo dal livello più basso del mondo della pallacanestro. Certo la differenza tra le due storie è comunque sensibile, non solo per i temi e il tono diverso cui sono raccontate ma anche perché coach Marakovich non è un sex symbol al livello del marito di Jennifer Lopez. Come dice la giovane giocatrice Cosentino al suo allenatore: “Non sei Matthew McConaughey”.
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Farrelly to Harrelson, la connection torna a più di un quarto di secolo di distanza
Alla regia del film troviamo Bobby Farrelly, voglioso anche lui di emergere dopo il grande successo riscosso dal fratello con il suo esordio “solista”. Green Book era una storia divertente e in grado di regalare importanti messaggi senza sacrificare l’intrattenimento vero e proprio. L’Academy lo adorò, portò a casa diversi Oscar e per un attimo tutti sembrarono quasi dimenticare che Peter Farrelly era stato a lungo solo la metà di un duo di fratelli dediti alla regia. Ora tocca a Bobby emanciparsi dal passato, provando a curare senza nessuno a fianco la direzione di una pellicola. Champions in qualche modo sembra poter ricordare nella formula proprio l’exploit di Green Book: grandi temi raccontati con discreto humor e facendo in modo di arrivare a più pubblico possibile. Harrelson ha detto sì al progetto, nonostante sia in un periodo piuttosto impegnato della sua carriera. Tra i suoi prossimi progetti spicca per esempio il nuovo lavoro del nostro Paolo Sorrentino, che sarà sicuramente molto diverso da quest’opera presentata come “esilarante e commovente” dagli autori. Una pellicola che sicuramente punta molto sulla simpatia dei suoi protagonisti/outsider ma anche sul feeling che c’è tra regista e star. Un’intesa affinata nel tempo e che ha radici antiche se si pensa che la prima collaborazione tra Farrelly e Harrelson risale addirittura al 1996, quando insieme fecero Kingpin. Curiosamente anche al centro di quella commedia di buon successo c’era sempre uno sport (il bowling) e un personaggio legato all’Iowa. Il tiro da tre punti riuscirà anche questa volta, dopo 26 anni, alla coppia Harrelson