Incroci sentimentali, un uomo, una donna incontra Jules e Jim e vince sempre la Francia

Cinema

di Alessio Accardo

Arriva nelle nostre sale l’ultimo film di Claire Denis, strepitosa prova d’attore di due interpreti raffinatissimi come Juliette Binoche e Vincent Lindon. Commovente.

Ci si reca al cinema con un sentimento di sospettosa sufficienza difronte a un titolo così anodino, dimenticabile. E dopo, in sala, assistendo alla più classica vicenda d’amour fou, complicata da un triangolo, si viene assaliti dalla colpevole voglia di sbirciare macchinalmente l’orologio. Poi però accade il miracolo: come fosse cosa viva, la pellicola di Claire Denis inizia all’improvviso ad animarsi gagliardamente, ti investe prepotentemente con la forza della verità. Ti entra nell’anima impudentemente, e la scuote quando non lo avresti mai detto, impedendoti di rimanere indifferente.

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E allora indaghi e ti accorgi che il film che hai visto è tratto da un romanzo (Un tournant de la vie) scritto da Christine Angot, controversa scrittrice francese celebre soprattutto per un libro dal titolo emblematico: L’incesto. Che la regista del film è l’esperta Claire Denis, nata a Parigi nel 1946 e divenuta autrice di rara sensibilità, dopo una gavetta con una serie di mostri sacri del calibro di Jacques Rivette, Costa-Gavras, Jim Jarmusch e Wim Wenders. Che il titolo originale è Avec amour et acharnement, ovvero “con amore e determinazione”; che è stato presentato al Festival di Berlino dove ha vinto l’Orso d'argento per la miglior regia.

La trama è esile: si narra di un amore appassionato tra Sara e Jean - giornalista radiofonica lei, ex-giocatore di rugby con un passato turbolento lui - che si conoscono e si amano da dieci anni. Un amore tenero prima e poi torrido, romantico e spudorato; apparentemente sano, adulto, maturo. Come maturi sono i due personaggi, due sessantenni con la bella presenza di Vincent Lindon (classe 1959) e Juliette Binoche (1964). Si precisa l’età perché, malgrado non siano due ventenni, i due protagonisti sembrano non essere per nulla sazi di appagare i loro sensi, in una fase della vita in cui ciò non è affatto scontato. Lo fanno perché, a quanto pare, si amano; o per lo meno così si ripetono spesso, in un modo che parrebbe quasi sdolcinato e stucchevole. Quasi ci si trovasse di fronte a una riedizione dei baci e abbracci patinati di Un uomo, una donna di Claude Lelouch.

E invece no. Dopo un paio di sequenze di dolci baci e languide carezze, cambia tutto: entra scena François, miglior amico di Jean ed ex amante di Sara, il quale risveglia forsennatamente antiche passioni; che, nei tipici canoni del film-melodramma, si rivelano struggenti, insopprimibili dunque devastanti.

Però, dopotutto, qui siamo ancora nei limiti del risaputo: quante ne abbiamo lette, sentite, viste di storie così, di ménage à trois passionali e dilanianti? Jules e Jim e The Dreamers sono soltanto i primi titoli che vengono in mente. Sentimenti traditi, sensi di colpa, colpi bassi; vendette, lacrime e rancori. Ecco, quando tutto lascerebbe presagire lo svolgimento stanco di una storia già sentita, il film di Denis decolla. La regista parigina, infatti, consapevole della bravura dei suoi due interpreti (entrambi già diretti: la Binoche in L'amore secondo Isabelle, Lindon in Les Salauds), decide di trasformare la pellicola in un thriller sentimentale: li rinchiude nel loro appartamentino parigino e dà loro carta bianca, mentre la sua macchina da presa li tampina senza requie, assediandoli senza dargli fiato.

 

Il risultato è prodigioso: i due attori si ricordano di essere due fuoriclasse della recitazione e iniziano a possedere il copione con un coefficiente di verosimiglianza eccezionale, come nella performance teatrale di un teatro off-off. In un modo che ricorda da vicino quanto fatto da Jessica Chastain e Oscar Isaac nel remake americano di Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, ma con in più quell’esprit de finesse che solo il cinema transalpino riesce a trasmettere.

È così che una trama che continua a scorrere in maniera tuto sommato prevedibile inizia a brillare di una luce originalissima, vibrante di impetuosa autenticità, divenendo un’esperienza di visione sconvolgente. In un ruolo minore troviamo Bulle Ogier, icona vivente (e forse implicito omaggio) al cinema della Nouvelle Vague.

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