Il documentario "Er gol di Turone era bono" arriva al cinema

Cinema

Manuel Santangelo

©Getty

Dal 24 al 27 ottobre arriva in sala il documentario di Francesco Micciché e Lorenzo Rossi Espagnet, incentrato su uno degli episodi più discussi nella storia dello sport italiano. Il film non cerca di prendere posizione o di scoprire se davvero la rete era regolare o meno. Ascoltando tutti prova piuttosto a ricordare un calcio (e un’Italia) che non esiste più

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Er gol di Turone era bono è un documentario che dura un’ora e mezza anche se è incentrato su un evento durato di fatto pochi secondi e che poi è stato per giunta cancellato dai tabellini, quasi come se non fosse mai esistito. Resta invece nell’immaginario collettivo, spiegandoci cosa è (e soprattutto cosa era) il calcio in Italia.

È il pomeriggio del 10 maggio 1981. Al Comunale di Torino si gioca lo Juventus-Roma probabilmente più importante della storia, almeno fino a quel momento. Siamo alla terzultima giornata e tra bianconeri e giallorossi c’è un solo punto di distanza. Se la Roma vince é sorpasso ma la partita non vuole saperne di schiodarsi dallo zero a zero.  Al minuto 72 Maurizio Turone decide di salire dalla difesa per sfruttare i suoi centimetri in area. Il compagno Bruno Conti dalla trequarti mette in mezzo il pallone. Pruzzo, il goleador della squadra della Capitale, fa sponda proprio per Turone che anticipa anche il fenomenale brasiliano Falcao. È gol. Il Comunale gremito di romanisti esplode. L’arbitro Paolo Bergamo inizialmente convalida la rete ma poi ci ripensa: il guardalinee Giuliano Sancini gli ha detto che è fuorigioco e lui si fida ciecamente del suo collaboratore. La prodezza del libero nato a Varazze diventa inutile. Il match finirà zero a zero, risultando decisivo per l’ennesimo scudetto bianconero. A Roma la decisione arbitrale non verrà mai davvero digerita e “Er gol di Turone era bono” diventerà per i tifosi giallorossi quasi uno slogan, un modo per ricordarsi le ingiustizie della vita.

Una vita da libero

Maurizio Turone non è il classico sportivo cui di solito si dedica di solito un documentario. Arcigno difensore in attività principalmente tra gli anni Settanta e Ottanta, era uno che i gol più che farli li evitava. Se la rete rappresentava il trionfo della bellezza e della gioia, Turone stava lì per ricordare con pragmatismo che quell’esplosione di felicità andava meritata, scontrandosi contro mastini come lui. Nonostante abbia giocato con maglie prestigiose come quelle di Milan e Roma, Turone non ha neanche mai vinto un campionato. Eppure, per quella tremenda ma a suo modo poetica ironia che solo lo sport sa regalare, Turone è entrato nell’immaginario collettivo proprio per un gol non assegnato che poteva regalargli quello scudetto mai più neanche sfiorato. La storia di ciò che accadde in quel 10 maggio 1981 sul campo della Juventus negli anni continua a perseguitarlo, anche se oggi lui ormai vorrebbe solo chiudere il capitolo: “Non ho proprio più voglia di parlare di questa storia. Purtroppo quello che è successo è successo”, ha detto di recente a Il Giornale. D’altronde Turone (da giocatore era così restio a mettersi in mostra da rifiutare persino di pubblicizzare l’Ovomaltina) non è mai voluto essere un personaggio e non ha mai sfruttato quell’episodio per avere visibilità. Nel documentario presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022, lui non appare quasi mai anche se è nel titolo: l’uomo che veniva chiamato Ramon è più che altro evocato, spettro di un calcio che non c’è più e difficilmente tornerà.

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Sassi che il mare ha consumato sono le mie parole d'amore per te

Carlo Sassi è stato per almeno un paio di generazioni l’incarnazione della moviola e per lui il gol di Turone è stato sempre irregolare, tanto da confermarlo anche in questo docufilm a più di quarant’anni di distanza. L’ex difensore ligure, da parte sua, chiude la questione citando il conterraneo Gino Paoli e dedicandogli i versi: “Sassi che il mare ha consumato sono le mie parole d'amore per te”. Meno poetica e accondiscendente alla visione del moviolista fu invece la reazione da Roma, dove alcuni decisero di fare un esperimento con l’allora avvenieristico telebeam per dimostrare che Turone non era in posizione irregolare per dieci centimetri. Quanto quell’esperimento fosse attendibile non lo sa nessuno. Er gol di Turone era bono d’altra parte non nasce per dare risposta all’arcana domanda se la rete fosse o meno da convalidare.

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Una questione di centimetri

I registi  Francesco Micciché e Lorenzo Rossi Espagnet sentono chiunque, ascoltando le ragioni di juventini e romanisti senza prendere posizione. Il racconto è bipartisan e coinvolge tutte le parti in causa, dai giocatori in campo fino ai tifosi vip come il giallorosso Enrico Vanzina o il bianconero Luca Beatrice. Quello che ne viene fuori è l’affresco di un’Italia dove lo sport era lo specchio di un mondo oggi radicalmente diverso. L’attore Paolo Calabresi racconta dell’atmosfera di quel periodo quando "allo stadio c'era la purezza di Roma, tra ciriole con la mortadella e felicità” e anche le polemiche suonavano più genuine. Il documentario è pure il racconto di un esodo collettivo, un momento che segnò per molti romani la prima occasione per uscire dal Raccordo. “Questo lavoro è in effetti un tentativo di raccontare una Roma che non c’è più e di un essere romanisti che forse è cambiato”, ha ammesso il regista Francesco Micciché a Dire senza volersi poi soffermare troppo sulla controversia sportiva. D’altra parte, due anni dopo, la Roma avrebbe comunque vinto il sospirato tricolore davanti proprio alla Juventus. Il presidente giallorosso Dino Viola, che nel 1981 aveva inviato all’avvocato Agnelli un metro per ricordargli che il campionato era stato “questione di centimetri”, poté quel giorno finalmente gioire. Lui e tutti i romanisti, almeno per un po’ di giorni, finirono finalmente per dimenticare quel gol che forse era “bono”. E Turone? Lui quello scudetto non lo festeggiò. Nella stagione della rivalsa romanista stava spendendo gli ultimi spiccioli di carriera lontano, al Bologna. Poco male, un pezzo di quel campionato era forse lo stesso anche suo e comunque a volte non serve per forza vincere per rimanere nel cuore dei tifosi.

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