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Blonde, Ana De Armas in un biopic tra Norma Jeane e Marilyn Monroe. La recensione del film

Cinema

Paolo Nizza

L'attrice interpreta l’iconica diva in un film che racconta tutto il fascino e la vulnerabilità di un’anima divisa. Presentata in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, l'opera è disponibile su Netflix (visibile anche su Sky Q e tramite la app su Now Smart Stick) 

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"Era rimasta solo la bellezza e tu te la sei portata dietro come un sorriso obbediente. L’obbedienza richiede troppe lacrime inghiottite, il darsi agli altri, troppi allegri sguardi che chiedono la loro pietà! Così ti sei portata via la tua bellezza. Sparì come un pulviscolo d’oro". Sono versi scritti da Pierpaolo Pasolini in occasione della morte di Marilyn Monroe, avvenuta il 5 agosto del 1961. Una sorta di contraltare poetico di Blonde, il film presentato in concorso alla 79a Mostra del cinema di Venezia  e diretto dal regista neozelandese Andrew Dominik. Il cineasta è tornato  al Festival, dopo che nel 2007 aveva portato al Lido L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (Coppa Volpi a Brad Pitt per la migliore interpretazione maschile). Tratto dall’omonimo libro di Joyce Carol Oates in cui convivono realtà e finzione, il lungometraggio, che non ha ottenuto nessun riconoscimento al Festival, ma è stato accolto dal pubblico af fine proiezione da una standig ovation di 14 minuti,  è un biopic dall’anima divisa in due. Una pellicola incentrata sul perpetuo e pericoloso oscillare tra Marilyn Monroe e Norma Jeane, tra la maschera e il volto. Il  film è disponibile sulla piattaforma Netflx a partire da mercoledì 28 settembre

Blonde non è una corriva e scialba riproduzione della vita di un’icona del cinema e non solo. Ma un ambizioso tentativo di decifrare il codice dell’anima di una star, troppo spesso confinata nell’angusta prigione della giuliva. Carattere, vocazione e destino dell’attrice sono interpretati alla luce di un’infanzia negata. Bambina mai amata, a causa di un madre indigente e mentalmente disturbata e di un padre mai conosciuto, Norma Jeane trova nel suo alter ego Marilyn Monroe un’ancora di salvezza, una via di fuga. La ragazzina avvilita con una tigre di pezza come unica amica si specchia nel formoso simulacro desiderato dall’intero globo terracqueo. Ma un io diviso, con il tempo, perde il senso della realtà e il lume della ragione. Certo, "è sempre meglio piangere in una Roll Royce, che in un tram affollato". Tuttavia, alla fine, il dolore ti uccide.

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In Blonde non assistiamo alla pedissequa ricostruzione della carriera e degli amori di Miss Monroe. Tant’è che sia il nome Joe Di Maggio, sia quello di Arthur Miller non vengono mai pronunciati nel film. La star li chiama sempre”daddy”. Eppure, il personaggio interpretato da Bobby Cannavale è un celeberrimo asso del baseball in pensione. Al pari di Adrien Brody che veste i panni di un affermato scrittore. Insomma, quelli che vediamo sullo schermo sono i due mariti della diva, ma raccontati sempre attraverso gli occhi della protagonista del biopic. Al resista Andrew Dominik interessa raccontare l’odissea dello strazio, il viaggio al termine della notte di una bionda anomala. Un’attrice che legge Dostoevskij e vorrebbe recitare Cechov, ma che si trova a posare senza veli. Perché Norma Jeane è la schiava di Marilyn Monroe.

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Los Angeles brucia, mentre Norma cresce sola. E dal cameo in Eva Contro Eva, in compagnia del titano George Sanders sino alle schermaglie con Billy Wilder sul set di A Qualcuno piace caldo, il film esplora con ricchezza frugale i momenti principali dell’esistenza della vita. In un gioco a rimpiattino fra cinema e vita, in un alternarsi di sequenze e a colori, Blonde trasporta sullo schermo la logorante scissione fra il corpo e l’anima. Un duello da tragedia greca con un epilogo davvero tragico, dalla valenza universale. Secondo il filosofo Edgar Morin, la dipartita di Miss Monroe fu “il rintocco funebre dello Star System”. Ma Marilyn sarà una stella che brillerà per sempre. In fondo quando osserviamo il cielo, guardiamo il passato. Così le mancate maternità, le visioni uterine, i martini cocktail, i provini, il sofà del produttore, i flash di fotografi, i sonniferi, si trasfigurano nei testimoni della marcia funebre di una donna che avrebbe voluto essere madre, oltre che moglie o irraggiungibile sogno erotico.

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Il mito di Marilyn è dappertutto. Ed era un gran rischio trasportarlo sul grande schermo in un’opera di fiction. L’effetto spettacolino da villaggio vacanze è alle porte, perché non bastano una parrucca e un abito bianco a evocare la celebre scena di Quando la moglie è una vacanza. Ma Ana de Armas si cala benissimo nei panni di una bionda. Tre ore al trucco per ogni giorno di riprese e lezioni per perdere l’accento cubano. Il risultato è che l’attrice ci restituisce l’anima oltre che il corpo della Monroe. Anche nella controversa e audace scena di sesso con il presidente degli Stati Uniti (di cui tutti continuano a parlare, ma non si può ridurre l'intero film a questa sola sequenza), il suo primo piano abbacina e colpisce. E  quella tigre di pezza diventa una sorta di equivalente di “Rosebud” di Quarto Potere. E magari sarà ancora vero che gli uomini preferiscono le bionde, ma il mondo raccontato da Blonde, invece, no. La vita di Norma Jeane non somiglia alla  sequenza finale di A Qualcuno piace caldo, con l'iconica battuta  finale "Nessuno è perfetto"  pronunciata dal  miliardario Osgood Fielding II.  Tra le cover patinate, il make Up di Max Factor, i flash dei paparazzi e i barbiturici, non c'è nessun lieto fine. E si ritorna a Pasolini e ai versi finali della poesia dedicata a Miss Monroe: "Ora sei tu, quella che non conta nulla, poverina, col suo sorriso, sei tu la prima oltre le porte del mondo abbandonato al suo destino di morte."

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