Corro da te, le interviste ai protagonisti del film Miriam Leone e Pierfrancesco Favino

Cinema

Denise Negri

Arriva in sala dal 17 marzo il nuovo film di Riccardo Milani che unisce per la prima volta insieme Miriam Leone e Pierfrancesco Favino. Dissacrante e spiazzante, ma anche piena di risate, è una pellicola pensata nella piena tradizione della commedia all'italiana

Riccardo Milani presenta “Corro da te” (tratto dal film francese “Tout le monde debout” di Franck Dubosc”) lavorando per la prima volta con Pierfrancesco Favino e Miriam Leone e facendo lavorare insieme, per la prima volta, i due attori.

Una pellicola che parla di disabilità, della difficoltà dell’accettare il diverso e di come la forza non sia, necessariamente, nella prestanza fisica.

Favino interpreta un uomo di successo, scapolo impenitente, narciso ed egoista che fingendosi sulla sedia a rotelle cerca di conquistare Chiara (interpretata da Miriam Leone) una ragazza che ha perso l'uso delle gambe dopo un incidente automobilistico. Tra i due, quello che imparerà qualcosa di nuovo sulla vita sarà chi credeva di sapere già tutto. Ecco che cosa ci hanno raccontato.

 

MIRIAM LEONE E PIERFRANCESCO FAVINO

 

Pierfrancesco, possiamo dire che interpreti il ruolo di un uomo disturbante, decisamente cinico ed egoista?

 

“Assolutamente si, certo. Sono orgoglioso di aver dato voce al cinismo che tutti quanti noi abbiamo e che spesso è soffocato dal nostro buonismo.

Direi che è un personaggio che incarna quanto di peggio c’è nella nostra società per il suo narcisismo, per la sua ossessione verso il successo, la giovinezza e i soldi, così come la sua collezione di conquiste femminili.

Diciamo che non è propriamente una persona che incarna i valori di una volta!

Però avevamo bisogno di un uomo così, che viene direttamente dalla commedia all’italiana, per fare questo film e fargli fare il salto che fa dopo aver incontrato il personaggio di Miriam”.

 

Miriam il tuo personaggio dice parlando alla sorella e riferendosi al personaggio di Favino: “Lui mi guarda come si guarda una donna”. Allora ti chiedo, così come la bellezza sta negli occhi di chi guarda, possiamo dire che sia così anche nella disabilità?

 

Sicuramente mi verrebbe da dire che il disagio è negli occhi di chi guarda.

Avendo vissuto in carrozzina in diverse situazioni per preparami al film, devo dire che ho notato spesso uno sguardo completamente diverso su di me.

Quello sguardo dall’alto verso il basso e poi la voltata di testa per cercare qualcuno con cui condividere l'imbarazzo del fatto di trovarsi di fronte a un disabile.

Tutto questo mi ha fatto capire come sia importante mettersi nei panni degli altri e superare così le nostre paure. Il diverso insomma siamo anche noi, siamo tutti noi, e questo è l’insegnamento più grande che ricevo da mestiere di attrice”.

A entrambi chiedo: cosa vi ha fatto maggiormente decidere di scegliere questo film?

 

Favino:“ Sicuramente l’idea di lavorare con Riccardo Milani e Miriam Leone ma anche la voglia di lavorare ad una storia un po' scorretta e il fatto di poter parlare delle cose come si chiamano. Avevo anche voglia di poter lavorare insieme alle associazioni di disabili. Credo che in un momento di “iper correttismo” e di tentativo di ripulire ogni cosa, nominare finalmente le cose per come si chiamano può sembrare un gesto rivoluzionario.”

 

Leone: “Anche per me la molla è stata sicuramente l’idea di lavorare con Riccardo e Pierfrancesco, e di lavorare a una sceneggiatura del genere.

Credo poi che ci sia un grande equivoco nella nostra società che scambia la prestanza e l’aggressività, per forza. Ecco un personaggio come quello di Chiara che sembra docile e solare, in realtà esprime una forza straordinaria. Il film ci ricorda la grande forza che ci può essere nella dolcezza, o nel fingersi a volte anche meno intelligenti di quello che si è pur di essere felici.”

 

RICCARDO MILANI

 

Hai fatto, come sempre riesci a fare, un film molto delicato trattando un tema così spinoso come la disabilità. C’era qualcosa che ti preoccupava particolarmente? Magari come sarebbe stato percepito dal pubblico?

 

La mia preoccupazione era solo quella di mettere in scena bene, in maniera adeguata e con un briciolo di realismo, l’argomento. Ci è stato dato un aiuto molto prezioso da alcune associazioni di disabili che ci hanno seguito sia nella preparazione che nelle riprese (aiutando soprattutto Miriam Leone).

Ecco mi preoccupavo che ci fosse adeguatezza in questo e che ci fosse da parte nostra una messa in scena credibile. I problemi a monte li avevamo superati nel momento in cui avevamo deciso di fare questo film su questo argomento.

Non volevamo essere politicamente troppo corretti, volevamo andare magari un po' oltre e avevamo voglia anche di raccontare questa storia nel nostro paese in una chiave di commedia. Volevamo cercare di far ridere molto il pubblico su una storia che aveva come elemento portante anche la disabilità”.

 

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Riccardo riesci sempre a fotografare molto bene il nostro paese. Dal tuo punto di vista, senza voler dare insegnamenti a nessuno, l’Italia “a che punto è” con l’integrazione delle persone disabili?

 

Spero sempre che il mio paese sia un po' più avanti di quello che è realmente. Questo mi succede in tutto perché lo amo molto. Penso comunque che personaggi “orribili” come quello di Pierfrancesco Favino siano diffusi e forse siano persino una maggioranza. Lui rappresenta quelle persone che scansano tutto ciò che gli è da ostacolo nel percorso individuale. Per questo qualsiasi cosa possa essere un “fastidio”, anche una persona disabile, viene appunto accantonato, gli si passa vicino ignorandolo. Però non c’è solo questo: i ragazzi disabili che ci hanno aiutato nel film ci hanno dato una grande lezione di autoironia. Fin dall’inizio facevano a vicenda, o su se stessi, battute veramente feroci facendoci ridere moltissimo.

Forse è stato il loro modo di dirci che sarebbero stati contenti se li avessimo rappresentati anche per le belle cose che fanno. Ci hanno davvero chiesto: “Fateci fighissimi, perché così siamo, fighissimi!”.

 

L’ultima riflessione riguarda gli attori: Pierfrancesco Favino e Miriam Leone. Che siano bravi è indubbio ma poteva essere un rischio dare dei personaggi così difficili a degli attori così conosciuti e comunque noti per aver interpretato ruoli completamente diversi da questi? Insomma la loro “notorietà” poteva essere uno svantaggio?

 

“Guarda quello che ho visto da subito è che sono due attori completamente diversi tra di loro e due persone altrettanto diverse e che appunto interpretavano due personaggi distantissimi dal loro modo di essere.  Però tutti questi aspetti messi insieme, quasi miracolosamente, hanno fatto sì che la chimica tra di loro fosse bella. Tra di loro si è creata una complicità di fondo molto importante, bella e credibile. Credo che Pierfrancesco e Miriam si vogliano bene, un pochino, adesso nella vita, così come io voglio bene a loro, perché siamo stati tutti complici di un’operazione che aveva i rischi di cui abbiamo parlato!”.

 

CORRO DA TE, LA TRAMA DEL FILM


Bello, sportivo, single incallito e seduttore seriale, Gianni è un quasi cinquantenne in carriera a capo di un importante brand di scarpe da running che vanta tra i suoi testimonial i più grandi atleti del momento. Disposto a tutto pur di conquistare la giovane donna di turno, per una serie di circostanze arriva a fingere di essere costretto su una sedia a rotelle – questa volta puntando tutto sulla pietà, per lui l’unico sentimento che è possibile provare nei confronti di un disabile. Ma quando incontra Chiara, una donna solare e dinamica, musicista per lavoro e tennista per passione nonostante l’incidente che l’ha resa paraplegica, inizia a provare per lei tutt’altro tipo di sentimenti.  Attraverso lei e i suoi amici, sportivi e vitali almeno quanto lei, Gianni non potrà far altro che cambiare prospettiva su molte cose: la vita, l’amore, la disabilità in sé. Imparerà che l’unico vero handicap è l’assenza di forza d’animo, per ritrovarsi infine totalmente cambiato sia come uomo che come businessman.

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