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Santa Maradona, il film con Libero De Rienzo che diventò cult per una generazione intera

Cinema

Giuseppe Pastore

Vent'anni fa l'attore napoletano si era imposto all'attenzione di critica e pubblico nel ruolo di Bart che gli era valso anche un David di Donatello: una commedia generazionale che ancora oggi viene ricordata con affetto dalle migliaia di fan

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Si trattò, e si tratta ancora, di un piccolo miracolo: quasi un esemplare unico in un panorama fin troppo pianeggiante come quello delle commedie italiane dagli anni Novanta in avanti, un genere che solo negli ultimi anni ha ritrovato guizzi, coraggio e voglia di osare. Santa Maradona uscì quasi di nascosto nell'autunno 2001, trainato soprattutto dalla popolarità di Stefano Accorsi che in quei mesi spopolava come protagonista ne L'ultimo bacio, di cui l'opera prima del torinese Marco Ponti era in opposizione quasi diametrale: quanto accorato, intenso e melodrammatico era il film di Gabriele Muccino, tanto ironico, indolente e scanzonato era Santa Maradona. E già dopo pochi minuti si capiva che nel film c'era un altro numero 10: Libero De Rienzo.

Santa Maradona, citazione di una canzone dei Mano Negra che scorre sui titoli di testa in sottofondo alle immagini del Pibe de Oro (anche se il calcio non è certo l'argomento principale del film), ha anticipato inconsapevolmente l'estetica imposta da Youtube negli ultimi 15 anni: quasi ogni scena riesce a vivere di vita propria, illuminata da una battuta, una smorfia, tempi comici perfetti che la fanno esistere anche al di fuori del contesto del film. Merito dell'eccellente sceneggiatura di un regista e scrittore mai più tornato a quei livelli, ma anche dello stato di grazia dei suoi giovani attori, Libero De Rienzo su tutti: per questo film vinse nel 2002 il suo unico David di Donatello come miglior attore non protagonista, dedicandolo alla causa dei palestinesi e invocando il rispetto della Convenzione di Ginevra. Un discorso anti-convenzionale per un film vent'anni fa poco compreso dalla critica, che lo ritenne vuoto e dominato da un'estetica da videoclip fine a sé stessa, ignorandone la prodigiosa sintonia con gli adolescenti e i ventenni del tempo, perfettamente rappresentati da Andrea Straniero (Accorsi) e Bartolomeo “Bart” Vanzetti (De Rienzo), nome e cognome da anarchico vero.

 

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I dialoghi sono crepitanti, recitati a ritmi da autovelox: per una piena comprensione servono una terza o una quarta visione (ma tanto il film si lascia guardare molto volentieri). C'è tanto cinema, guardato e citato: da Europa di Lars Von Trier a Butch Cassidy, da Trainspotting a Basic Instinct. C'è tutta la cultura pop di cui è imbevuto l'immaginario collettivo delle giovani generazioni, dalla Champions League a Rocco Siffredi, pianeti di un grande universo in cui tutto è interconnesso. E poi c'è Bart che si aggira con la sua camminata trascinata, le camicie aperte, la barba sfatta, i capelli in disordine, lo sguardo assonnato e le risposte fulminanti che abbiamo sempre sognato di dare, solo che nessuno ci ha mai fatto la domanda giusta (lo ammette anche lui, in una celebre scena con “l'indiana” Mandala Tayde). C'è la vita quotidiana da studente universitario sfaccendato tra la cucina e il divano come ognuno di noi è stato per un periodo troppo breve della propria vita; ci sono aspirazioni improvvise, voli pindarici, velleità assurde a cui è bello credere anche per soli dieci minuti, magari rientrando a casa in macchina ascoltando i Subsonica. La trama di Santa Maradona è molto scarna, gira attorno a due-tre situazioni standard della commedia di tutti i tempi (la ricerca di un lavoro, la storia d'amore tra Andrea e Dolores, l'affitto da pagare...), un puro pretesto per confessioni, elucubrazioni, improvvisate sedute di autoanalisi a cui ognuno di noi, tra i venticinque e i trent'anni, ha dovuto e voluto sottoporsi almeno una volta.

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Dalle undici di stamattina, da quando si è diffusa la notizia della scomparsa improvvisa di Libero De Rienzo, migliaia di trentenni e quarantenni italiani si stanno telefonando o scrivendo questa o quella citazione sul “perché si fuma” o sulla “sregolatezza senza genio”, oppure si stanno inviando su Whatsapp le scene da Youtube di Santa Maradona. Ridendone, e ricordando cos'erano e cosa sognavano vent'anni fa. E questo è un modo molto piccolo, ma molto concreto, di essere immortali.