Roan Johnson: "La vita è un paradosso, ve lo racconto in State a Casa". VIDEO

Cinema

Denise Negri

Una commedia molto nera o una tragedia molto brillante. Il regista presenta così il film che arriva al cinema dal 1° luglio. Quattro amici, il lockdown, un vicino di casa dalle numerose ombre. Ecco le parole di Roan Johnson.

Roan, parlaci di questo lavoro che è un po' diverso dalle tue corde cinematografiche, anche se ritroviamo delle sfumature che ovviamente ti appartengono. Insomma parti dal lockdown per arrivare ad altro.

 

“E’ vero perché il film parla della pandemia ma è la scusa per parlare di noi e dei nostri demoni, dei nostri lati oscuri. Spesso quando veniamo messi sotto pressione reagiamo in maniera inaspettata. Volevo comunque divertirmi e ridere.

Cerco di non rinunciare mai a una risata sfrontata rispetto ad eventi catastrofici. Ovviamente il film prende una piega più dark rispetto, ad esempio, ai “Delitti del BarLume” però anche qui cercavo un certo brio e una certa leggerezza.”

 

Il film è un crescendo di colpi di scena e di emozioni, con un finale a sorpresa. Ci mostri personaggi dalle numerose sfumature grigie.

 

“Si, io credo che sia molto più frequente trovare dentro di noi ambiguità, contraddizioni e paradossi. Ognuno di noi ha dei lati che in alcuni momenti escono fuori più forti o meno. Le nostre azioni non sono sempre sono prevedibili.

Dobbiamo ad esempio molto spesso fare i conti con la nostra vanità e il nostro narcisismo”.

 

“State a casa” mi sembra anche una riflessione sull’amicizia?

 

“E’ vero. L’età che racconto in questo film, quella tra i 20 e i 30 anni, è un’età che si fonda sulle amicizie. Le relazioni più durature e importanti si stabiliscono spesso in questo momento della vita. Anche qui c’è una piccola noce di paradosso perché in alcuni momenti ti chiedi quanta profondità può avere un legame con un amico e ti chiedi se il rapporto sarà in grado di reggere alle prove della vita.

Naturalmente in questo film è tutto estremizzato.”

Volevo fare i complimenti ai quattro protagonisti, tutti molto bravi: Dario Aita, Giordana Faggiano, Lorenzo Frediani, Martina Sammarco. E’ un rischio, per un regista, puntare su un cast poco conosciuto?

 

Devo dire che sono quattro fuoriclasse. Non ho fatto calcoli in scrittura nemmeno durante i casting e ringrazio tutta la produzione che mi ha lasciato libero di fare un film che punta sui giovani e osa molto. Mi sembra chiaro che i giovani paghino sulla propria pelle e più di altri, la difficoltà di questo momento storico.

Ho voluto quindi provare a mettermi nei loro panni e mi sono detto che dovevo essere coraggioso perché i ragazzi se lo meritano. Tutti credo dovremmo essere più coraggiosi!”

 

Una menzione a parte la merita Tommaso Ragno, bravo come sempre, al quale hai affidato un ruolo a dir poco fastidioso.

 

“Eh si, Tommaso è un po' il “Demone” più oscuro di tutta questa vicenda.

Avevo già lavorato con lui e mi ero trovato molto bene. Quando scrivevo la sceneggiatura avevo in mente proprio lui. Sapevo che sarei andato sul sicuro.

Tra l’altro questo è un film girato in piano sequenza, quasi senza stacchi, ci sono delle scene di anche sette minuti girate come fossero piccole performance teatrale. Quindi ribadisco che sono stati davvero bravi tutti”.

 

Al cinema dal 1 luglio: la gioia di ritornare in sala?

 

“Grandissima gioia. Il paradosso del nostro settore è stato che noi abbiamo continuato a girare in questi mesi difficili, mentre chi veramente si porta sulle spalle il peso della crisi è la sala cinematografica. Andare al cinema insieme agli altri è una grande gioia. Speriamo di ripartire bene e di avere un grande autunno in sala.

Ce lo meritiamo tutti”.

 

 

 

 

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