Nel giorno della nascita della Repubblica italiana rivediamo come il capolavoro di Dino Risi, interpretato dal grande attore italiano, ha raccontato il referendum del 1946
A volte basta una sequenza per raccontare un intero mondo. In pochi minuti si concentrano anni. Una meravigliosa sineddoche capace di concentrare la Storia e l’Arte, il tempo e lo spazio. Succede quando ci si trova di fronte a capolavori come Una vita difficile. Il film di Dino Risi, non a caso inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, racconta l’Italia nel momento del referendum tra Monarchia e Repubblica, in maniera più efficace, emozionante e accessibile, rispetto a molti saggi e articolesse. Ed è importante rendergli omaggio nel giorno della Festa della Repubblica Italiana
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Una vita difficile, un capolavoro per la Festa della Repubblica Italiana
Una vita difficile segna un passo fondamentale nella carriera di Alberto Sordi. Al netto di personaggi indimenticabili, ma assolutamente sopra le righe e caricaturali come Il vedovo, o Il vigile, il personaggio di Silvio Magnozzi, ferito e umiliato da un’esistenza crudele e ingiusta ha una profondità, una cognizione del dolore che raramente si è vista nella pur vasta galleria di tipi umani interpretati da Albertone; con il sorriso sulle labbra, ma con l’amarezza nel cuore la pellicola ci racconta l’evoluzione del nostro Paese, (dal 1944 al 1961) con una lucidità e un’ironia inusitate. L’origine di tanta perfezione è da ricercarsi, oltre che nella superba performance di Sordi, nella regia di un Maestro della ricchezza frugale come Dino Risi e della sceneggiatura di uno scrittore del calibro di Rodolfo Sonego che ha costellato il film di momenti autobiografici. Peraltro, il film in origine era molto più lungo e molte sequenze sono state accorciate, dal cameo di Vittorio Gassman, all’incontro fra Silvio e il Pastore. Tuttavia la scena del referendum ambientata nella casa di un gruppo di nobili è rimasta intatta, per fortuna.
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Alberto Sordi, Lea Massari e il Referendum per scegliere tra Monarchia e Repubblica
Siamo nel 1946, alla vigilia del referendum istituzionale per determinare la forma di Stato da dare all’Italia, dopo la seconda guerra mondiale. Silvio Magnozzi lavora a Il Popolo, quotidiano di sinistra e vorrebbe titolare la prima pagina con un esplicito “Fuori il re!”. Ma il direttore invita il giornalista a una certa moderazione. Tanto la vittoria dei repubblicani è comunque certa. Ciò che invece, risulta assai incerto, e come Silvio, insieme alla sua compagna Elena Pavinato (Lea Massari) riuscirà a rimediare una cena. Nella solita trattoria, tra un “Si fa credito domani, “giovedì Gnocchi” e “Sabato Trippa”, il Magnozzi e fidanzata vengono rimbalzati perché vorrebbero pagare con una cambiale. Stesso esito pure al Ristorante all’Assassino. Come spesso accade in questi casi è il caso a decidere. Elena, infatti incontra un suo vecchio amico il marchese Daniele Capperoni, interpretato dal grande caratterista Daniele Vargas. L’aristocratico invita la coppia a casa dei Rustichelli. Il Magnozzi tentenna perché non ha l'abito per una cenea di gala. Tuttavia il marchese lo rassicura con queste parole: "Voi artisti non avete il dovere di essere eleganti:"
Così, tra camerieri, imponenti lampadari e posate di pregio, i due si ritrovano tra una schidionata di nobili conservatori, fieri sostenitori del Re. Peraltro spesso e volentieri, Sordi sul grande schermo si ritrova a manducare con principi e principesse. Tuttavia, questa volta, la ragione dell’invito non è dei più eleganti. Silvio ed Elena sono stati reclutati per evitare che i nobili si ritrovassero in 13 a tavola. Intorno a un luculliano pasticcio al forno con tanto di polpette, Sordi inizia a baccagliare con i monarchici, tra i quali spicca Carlo Kechler, celebre campione ippico nonché altro grande caratterista che recitò nella Dolce Vita di Fellini. Elena cerca di svelenire il clima con un “Ma che poteva fare il re, combatteva a settant'anni, piccolo, un po' malato?" Ma finalmente la radio annuncia l’esito. Leggiamo il comunicato ufficiale del referendum popolare fra monarchia e repubblica." È calato il silenzio: "Monarchia voti 10 milioni 709 mila 423." I nobili esultano. "Repubblica voti 12 milioni 718 mila 019. Da oggi l'Italia è repubblicana. I nobili, mesti abbandonano il desco. Il marchese al telefono si concede un rivolo di speranza “Non piangere papà, non tutto è perduto". Soli davanti a quel manicaretto degno di Trimalcione, Sordi e Massari brindano con una coppa di Champagne. È il 2 giugno del 1946. Inizia la Storia della Repubblica italiana.