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Luci e ombre di D'Annunzio: al cinema "Il cattivo poeta" con Sergio Castellitto

Cinema

Denise Negri

Il regista Gianluca Jodice racconta la parabola degli ultimi momenti del poeta italiano tra i più amati in vita e rinnegati dopo la morte. Una pellicola corale con al centro la straordinaria interpretazione di Sergio Castellitto.

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L’ultimo anno di vita di Gabriele D’Annunzio, quando “malato e vecchio affronta, dice Sergio Castellitto, l’ultimo corridoio della sua esistenza”.

L’attore romano interpreta, con la grandezza di sempre, il “poeta Vate” l’artista che con più vigore e forza si è imposto nel panorama culturale dell’Italia degli anni '30

del '900. "Il cattivo poeta" in sala dal 20 maggio è un affresco con “molte penombre” per usare le parole del protagonista.

Al suo fianco, tra gli altri, Francesco Patanè nei panni del Federale Comini un giovane fascista che avrà l’incarico di sorvegliare il poeta ormai inviso a Mussolini e riferire al Partito di sue eventuali opposizioni.

Un personaggio affascinante, per cui il titolo di “cattivo poeta” diventa, secondo Castellitto, quasi un ossimoro. Ecco la sua intervista.

 

Sergio, nel film vediamo “l’inverno del Vate” che poi coincide volendo anche con “l’inverno della nostra nazione”.

 

“E’ vero: conosciamo D’Annunzio nell’ultimo anno della sua vita, quando ormai vecchio e malato affronta l’ultimo corridoio della sua esistenza con solitudine e pieno di ipocondrie. Nonostante tutto, nonostante D’Annunzio sentisse che la sua fine era vicina il suo maggiore cruccio era quello di non voler lasciare l’Italia di Mussolini nelle mani di Hitler. Credeva che fosse un grandissimo errore, non si fidava di Hitler e di conseguenza non si fidava più di Mussolini.

Per queste sue idee il Partito Fascista gli mette in casa delle spie, diciamo degli uomini che avevano il compito di controllarlo e studiarlo appunto, di tenerlo d’occhio. Al Vittoriale arriva anche il Federale Comini (interpretato da Francesco Patanè) con il quale invece si crea un rapporto particolare. Nasce tra i due una sorta di “educazione sentimentale alla vita” che metterà in crisi il giovane Federale tanto da fargli mettere in discussione la sua fedeltà al regime."

 

Quanto era importante per D’Annunzio essere amato e seguito dalla gente?

 

“E’ stato un grande trascinatore, basti solo pensare all’impresa di Fiume che è stata una specie di Woodstock ante literam nella quale aveva dato il voto alle donne o la libertà sessuale. La modernità di quest’uomo è incredibile. Non credo che esista un personaggio che in vita sia stato più amato di lui per essere poi tanto odiato e vilipeso dopo la morte.”

Perché a tuo avviso è stato così rinnegato?

 

“E’ stata sottolineata in maniera ingiusta la sua connivenza con il Fascismo.

In realtà lui ha usato il Fascismo, soprattutto all’inizio, e il Fascismo lo ha usato a sua volta. Da sempre il potere accarezza gli artisti. Basti pensare che ai suoi tempi stavano nascendo il cinema e la fotografia, per cui i libri erano potentissimi. D’Annunzio, curiosamente, è stato ad esempio rinnegato da Pier Paolo Pasolini eppure personalmente tra i due artisti trovo molte similitudini perché entrambi hanno fatto del loro corpo il loro vero capolavoro. Hanno pagato sul proprio corpo le loro gesta e la loro vita. D’Annunzio è stato sicuramente un poeta-soldato.

Insomma non era di certo un pacifista. Dobbiamo però sempre ricordare il periodo storico nel quale ha vissuto, l’Italia era vilipesa, massacrata e voleva riscattarsi.

Lui ha cercato il riscatto attraverso gli strumenti della letteratura.”

 

Com’è stato girare al Vittoriale?

 

“E’ stato incredibile. Ci hanno lasciato pieno accesso anche se naturalmente controllavano in continuazione che nulla venisse spostato o rotto!

Tutto ciò che dico, che era scritto nel copione, sono state le vere parole pronunciate dal poeta in quei luoghi. Abbiamo ad esempio girato la scena della morte sulla scrivania dove lui è morto davvero.”

 

Tra Mussolini e D’Annunzio c’era una “cordiale inimicizia”, giusto?

 

“Si. All’inizio c’erano ammirazione e stima, poi come tutte le relazioni tra personalità molto forti si è trasformata nel tempo. D’Annunzio non accettò mai l’alleanza con la Germania Nazista. Il film in qualche modo credo che gli renda giustizia, anche da un modo un po' troppo sommario con il quale viene oggi studiato nelle scuole”.

 

Che uomo è stato quindi Gabriele D’Annunzio?

 

“Un uomo che ha costruito tutta la sua poetica sull’idea della giovinezza, della forza e dell’impeto ma che affronta invece l’ultimo corridoio della sua esistenza completamente solo, affrontando la propria fragilità. Ma in quella fragilità c’è una potenza straordinaria tipica solo degli artisti più grandi”

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