Sabato 19 e domenica 20 settembre torna a Milano la quinta edizione dell’appuntamento dedicato al mondo del cinema. Ecco cosa ci ha raccontato il direttore artistico della manifestazione Cristiana Capotondi
Quasi sicuramente ci saranno meno assembramenti, forse magari non si raggiungerà i livelli di pubblico degli scorsi anni con oltre 100.000 persone coinvolte, ma la quinta edizione di Fuoricinema è pronta a accendere il weekend di Milano (qui il programma). Come da tradizione tanti gli eventi, gli ospiti, da Antonio Albanese Stefano Accorsi, Fabrizio Gifuni, Neri Marcorè, Andrea Morricone, Cochi Ponzoni, Vittoria Puccini. Un’edizione 2020 comunque pensata all’insegna della sicurezza e che come ci ha raccontato Cristiana Capotondi, una delle due direttrice artistiche (l’altra è Cristiana Mainardi) rientra nello spirito originario della manifestazione: quello cioè di far conoscere il mondo del cinema attraverso il rapporto diretto con il pubblico.
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Come prima cosa vorrei chiederle quanto è stato difficile organizzare l’edizione di Fuoricinema 2020?
Sicuramente l’organizzazione dell’’edizione di quest’anno è stata un po’ più complicata rispetto a quelle del passato per una serie di motivazioni legate principalmente al rispetto dei protocolli di sicurezza dovuti al Covid 19 sia al contingentamento che impatterà non poco sullo svolgersi della manifestazione. Poi c’è anche stata una ripercussione dal punto di vista economico, con le aziende e gli sponsor che hanno sempre sostenuto Fuoricinema. La nostra organizzazione sì è mossa in ritardo, non per negligenza, ma perché davvero non sapevamo se nel mese di settembre saremmo stati in grado di portare avanti Fuoricinema. La conseguenza è che abbiamo dovuto ridefinire gli obiettivi strategici ed economici con i nostri storici sostenitori. Non è mancato invece il sostegno e gli attestati di stima dei tanti artisti che saranno presenti alla manifestazione di quest’anno.
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Che Fuoricinema si aspetta? Dal programma sembra molto ricco di ospiti e di eventi
Io mi aspetto lo spirito che ha sempre caratterizzato Fuoricinema, ovvero il piacere della condivisione e della passione comune che appartiene sia al pubblico che agli artisti. E' sempre stato un festival dove non si presentano progetti a livello promozionale, non ci sono film da lanciare sul mercato ma lo sì è sempre vissuto più come una festa per ritrovarsi che come un vero e proprio festival. Fuoricinema era stato immaginato così e così mi piacerebbe che rimanesse, soprattutto quest’anno. Spero che l’edizione 2020 sia ricordata come il tentativo di ritrovare quella socialità e quella condivisione di passione per il mondo del cinema. Naturalmente in totale sicurezza.
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Quest’anno Il titolo di questa edizione è Fuoricinema – L’arte che salva. Può spiegarci meglio
Io credo che il cinema, come in generale l’arte, abbia un valore sociale e culturale che abbiamo troppe volte sottovalutato e che ora dobbiamo assolutamente tornare a considerare strategico. L’arte che salva non vuole essere solo un slogan ad effetto ma un messaggio affinché si ritrovino dei modelli culturali e sociali diversi rispetto a quelli che sembra imperare oggi. Questo naturlmente vale per tutte le manifestazioni artistiche e anche per il cinema. Il riferimento potrebbe essere davvero la grande cultura italiana e la diversa concezione che si aveva dell’uomo e della sua “humanitas”. Ritornare a considerare come centrale il valore salvifico della cultura significa attribuirgli una funzione strategica e formativa straordinaria. Ritengo che questo non può più essere ignorato e chi fa cinema, gli autori, gli attori, i registi debbano essere coscienti ma anche responsabili. Quindi, secondo me bisognerebbe fare delle scelte anche di racconto e di interpretazione che vadano nel solco della importanza e della rilevanza sociale che il cinema possiede.
Ci sono degli eventi di questa edizione 2020 di cui è particolarmente orgogliosa?
Io credo che la cosa che mi farà emozionare di più quest’anno è la presenza (sabato 19 settembre alle 18.30) di Unita (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo). Si tratta di una associazione nata nel giugno 2020, quindi poco dopo le riaperture post-Covid, che ha tra i suoi molti propositi quello, per esempio, di ragionare sul futuro dell'’industria del cinema, del ruolo dell'attore in questi nuovi contesti, attraverso anche la discussione di un contratto nazionale di categoria dove si possa definire identità e nuove normative per il lavoro attoriale.
Aggiungo che il successo di Unita con più di 400 iscritti in soli tre mesi di vita mi ha regalato grande gioia. Soprattutto perchè ci vedo un nuovo modo di stare insieme e un nuovo spirito di condivisione. Strano a dirsi ma questo è un regalo del Covid 19.
Fuoricinema vede due donne, lei e Cristiana Mainardi come direttrici artistiche. Che contributo possono dare le donne al cinema di oggi e a quello di domani
Io credo che le donne nel cinema ma anche nella vita in generale fanno accadere le cose. Ho scoperto che la sinergia uomo-donna connette creatività e operatività e credo che il ruolo che le donne si sono conquistate all’interno della società sia un fatto molto positivo. È una posizione che definirei di contenimento, inteso come il tenere tutto insieme, ma che non rinuncia allo sviluppo. È in fondo quello che le donne facevano all’interno delle famiglie e quello che adesso fanno fuori.
Lei crede che le sale cinematografiche esisteranno ancora in futuro?
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Credo che le sale ci saranno ancora. Cambierà forse la fruizione di consumo attraverso sia schermi più piccoli o al contrario sempre più grandi. Sono sicura che però non perderemo mai il gusto di una visione condivisa. Le belle storie viste e vissute con gli altri non spariranno mai. Ne sono sicura.