Pinocchio, il vero finale della storia

Cinema

Il lieto fine di Pinocchio non rappresenta il vero finale scritto da Collodi. Ecco come si concludevano le avventure del burattino

A partire dal 19 dicembre 2019 Matteo Garrone porta al cinema la propria versione di Pinocchio, classico senza tempo di Collodi, giunto al cinema e in televisione in svariate forme, come film d’animazione o lungometraggio con attori reali. Il celebre regista italiano ha optato per quest’ultima soluzione, proponendo un cast d’eccezione. Nel ruolo di Geppetto l’attore e regista Premio Oscar Roberto Benigni, che torna a cimentarsi con questa fiaba dopo la sua versione sul grande schermo. Per lui il ruolo di Geppetto, con Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini come Gatto e la Volpe, mentre a Gigi Proietti è stato proposto il ruolo di Mangiafuoco. A un adattamento della fiaba sta lavorando anche Guillermo del Toro, per quella che è una storia senza tempo, che si adatta perfettamente sia a una narrazione più classica, per bambini e famiglie, che a una più adulta, dai toni anche dark, volendo. Ciò riconduce a quello che è in realtà il finale originale di Pinocchio, ben differente da quello che tutti conoscono.

Pinocchio, il vero finale di Collodi

Quando si parla di Pinocchio la mente di molti bambini vola in automatico alla versione Disney. Si tratta però di uno dei libri più famosi al mondo, tradotto in un numero impressionante di lingue. Se oggi è disponibile come volume unico, è bene spiegare come non sia nato con tale forma. Si trattava infatti di un romanzo a puntate, la cui pubblicazione ha avuto inizio nel 1881 sul “Giornale per bambini”. L’autore era Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista toscano Carlo Lorenzini.

La sua fiaba, classica e moderna allo stesso tempo, con un tocco di duro verismo, venne suddivisa in otto puntate illustrate. Queste raccontavano le avventure di Geppetto e del burattino parlante Pinocchio, in una veste alquanto simile a quella che oggi tutti conoscono grazie alla varie trasposizioni.

Ciò che oggi sorprenderebbe chiunque però nel leggere quella versione è il finale. Si tratta infatti di una conclusione totalmente differente da quella alla quale siamo tutti abituati. Non esiste infatti alcun lieto fine per Pinocchio. Il burattino non è in grado di tramutarsi in un bambino vero. Il suo cammino si interrompe molto prima, pagando a caro prezzo il suo vagabondare, terminando nelle grinfie del Gatto e della Volpe, che lo impiccano a un albero. I bambini del tempo si ritrovarono dunque a leggere le seguenti parole: “Oh babbo mio! Se tu fossi qui! E non ebbe fiato per dir altro. Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le gambe e, dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito”.

Un finale duro come un pugno nello stomaco, che spinse i giovanissimi lettori a scrivere in massa alla redazione, chiedendo che Collodi salvasse la vita del burattino. L’autore si ritrovò dunque costretto in qualche modo a modificare la propria visione della fiaba, donandole un lieto fine che soddisfacesse tutti. Furono necessari due anni per modificare il tutto, andando a operare dei cambi in altre sezioni del romanzo, tradotto in circa 240 lingue.

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