Beatrice Rana: “La musica è potere perché riesce a parlare a tutti i popoli”

Portare la musica classica in luoghi non convenzionali. Trasformare una masseria, un uliveto o una terrazza affacciata sul mare in una sala da concerto. Creare delle vere e proprie cartoline sonore nel Salento. È la magia di Classiche Forme, il festival ideato e diretto da Beatrice Rana, da anni una delle pianiste più apprezzate nel panorama internazionale, giunto alla sua nona edizione che anche quest’anno ha portato in Puglia per una settimana artisti e spettatori da ogni parte del mondo. Abbiamo incontrato Beatrice Rana nel week end finale di questa vera e propria maratona musicale. Che valore ha, in un’edizione dedicata al rapporto tra musica e potere, suonare nel Santuario de Finibus Terrae a Santa Maria di Leuca, là dove la terra finisce e si incontrano due mari, pagine così strazianti come quelle del Quartetto per la fine dei tempi di Olivier Messiaen? Il concerto che abbiamo immaginato qui a Santa Maria di Leuca è sicuramente il concerto simbolo di questa edizione, perché viene appunto eseguito il celebre Quartetto di Messiaen e ho pensato che non ci potesse essere scenario migliore che farlo nel lembo più a sud del Salento, alla fine della giornata. Il rapporto fra musica e potere è sempre stato estremamente forte. La musica non solo ha raccontato tempi difficili come quello per esempio in cui Messiaen è vissuto, non dimentichiamoci che questo brano è stato scritto in un campo di concentramento, ma ha offerto anche una chiave di libertà e di liberazione. E infatti proprio questo Quartetto ha permesso poi al compositore di uscire dal lager. Qual è il messaggio che arriva da queste partiture? Il tema dell'edizione è “musica e potere” ma credo che alla fine di questo festival il tema sia diventato “la musica è potere”, con il verbo essere, perché la musica dà veramente quella possibilità alle persone non solo di raccontare dei momenti vissuti ma anche di sospendere il tempo, di immaginare possibili futuri diversi, di trovare punti di vista differenti fra le varie persone e, allo stesso tempo, la musica è veramente un linguaggio universale e quindi può parlare di tutti i periodi a tutti i popoli. Il festival Classiche Forme unisce sempre grandi compositori del passato ma anche nuova musica. Qual è la Commissione d'opera di quest'anno? Avere una Commissione d'opera scritta appositamente per il Festival è un grande privilegio perché al tempo di compositori come Bach, Chopin o Schumann, i brani si scrivevano proprio per il compositore stesso oppure per altri interpreti e quindi questa dimensione così umana fra compositore e interprete è un valore aggiunto per il risultato musicale. La Commissione d'opera di quest'anno è stata affidata a Riccardo Panfili che è uno straordinario compositore italiano che ha scritto un lavoro proprio per un quartetto d'archi, che è l'ensemble principe della musica da camera. È un Quartetto estremamente difficile e compatto e sono molto felice di averlo affidato al Chaos String Quartet, artisti giovanissimi della scena internazionale che lavorano insieme da tanto tempo. È una composizione estremamente attuale anche per il tema che affronta, quello della guerra… La musica ha sempre avuto la capacità di raccontare dei momenti anche molto difficili della storia. Lo scenario nel quale stiamo vivendo dà alla musica un valore persino più importante di quello che ha solitamente perché non è solamente uno sfondo, una cartolina musicale di determinate situazioni ma è proprio testimonianza di vite complicate. E secondo me il Quartetto di Riccardo Panfili è esattamente una chiave di lettura di questo momento difficile. È una commissione che rispecchia pienamente il tema dell'edizione, musica e potere, e ha un movimento molto drammatico al suo interno, in cui racconta l'orrore della guerra visto con gli occhi dei bambini. Devo dire che quando ho aperto la partitura e ho visto il titolo del movimento centrale, che è appunto la Padana dedicata ai bambini vittime di guerre, mi sono particolarmente commossa. Perché la guerra viene vista sempre dalla parte dei potenti, di chi guida la situazione. Ma la musica ha il potere di dare voce a tutti, anche agli innocenti e, in questo caso, ai bambini. Siamo arrivati alla fine della nona edizione, tu hai fondato Classiche Forme nel 2017 quando avevi soltanto 23 anni. Il Festival è cresciuto ed è diventato sempre più internazionale non soltanto per gli artisti che porti qui, in Salento, ma anche perché quest'anno, per esempio, c'è stata un'anteprima a Londra. Qual è la tua soddisfazione più grande? Sicuramente l’anteprima a Londra, avvenuta in un contesto estremamente prestigioso, mi rende molto fiera ma la cosa che in assoluto mi rende più contenta è vedere la sala piena di gente del Salento. Perché questo è un festival che io ho immaginato come un regalo per la mia terra. E infatti il nome Classiche Forme viene da un gioco di parole che è “Classic For Me” e quindi è un qualcosa per me, salentina, e per tutti gli abitanti del Salento che per una settimana possono abitare il nostro territorio come se fossero in una grande capitale europea.

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