Emma Marrone racconta il tumore all'ovaio scoperto a 25 anni: "Non avevo sintomi"

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Sul palco del Teatro Manzoni di Milano, in occasione di Ieo per le Donne, l’evento annuale organizzato dall’Istituto Europeo di Oncologia per le pazienti, e in compagnia di Paolo Veronesi, primario di Senologia di Ieo, la cantante ha ripercorso la sua malattia, dalla diagnosi, alla recidiva, alla guarigione, sempre con un pensiero ai genitori: "Ho visto mia mamma e mio papà invecchiare di cent’anni di colpo, cadere in mille pezzi”

“Il mio problema non era quello che stava succedendo nel mio corpo, ma salvare i miei genitori. Ho visto mia mamma e mio papà invecchiare di cent’anni di colpo, cadere in mille pezzi”. Sul palco del Teatro Manzoni di Milano, in occasione di Ieo per le Donne, l’evento annuale organizzato dall’Istituto Europeo di Oncologia per le pazienti, e in compagnia di Paolo Veronesi, primario di Senologia di Ieo, Emma Marrone, 41 anni, ha raccontato la sua esperienza con la malattia che ha avuto, un tumore all’ovaio. La cantante aveva ricevuto la diagnosi quando non aveva ancora compiuto 25 anni. “Stavo benissimo, avevo accompagnato un’amica dalla ginecologa e mentre eravamo lì mi hanno detto: ma perché non fai una visita anche tu?”, ha ricordato di fronte al pubblico, 1500 donne accomunate dalla passata o presente malattia. La dottoressa aveva cambiato espressione. ““Non voglio allarmarti, ma vedo qualcosa che non mi convince. Ti consiglio di ascoltare un altro parere””, le aveva suggerito. Un secondo controllo con il ginecologo di famiglia aveva confermato la prima visita: “Il medico disse ai miei: “Le cose non sono per niente belle”. Mi ricordo la sensazione, è come se da quel momento mi fossi estraniata dal mio corpo”. Immediata la preoccupazione per i suoi cari: “Il mio problema era salvare i miei genitori, prima ancora che salvare me stessa”.

"RIBALTATEVI COME CALZINI E FATE CONTROLLI"

Altre visite hanno preceduto l’intervento a Roma, effettuato per esportare la massa tumorale. “Poi è iniziata la mia vita, la mia carriera. È come se la mia testa si fosse completamente estraniata dal corpo: non ero quel corpo, non ero quel cancro, ero una ragazza giovane che voleva fare carriera, cantare, vivere e vedere i suoi genitori sereni”. Per 10 anni, in ogni caso, Emma ha convissuto con la malattia, che ha attraversato anche una fase di recidiva. “La rabbia mi ha salvato”, ha detto. “Non sono una abituata a piangersi addosso. Poi in verità, ragazze, c'è stata tanta paura di non farcela. Eppure, la rabbia mi ha spinto sempre a dire alla malattia: “Non puoi vincere tu””. Fondamentale è stato anche il supporto dei dottori:“A volte mi sono sentita trattare come un numero e a volte invece sono finita nelle mani di medici che mi hanno fatto sentire come se fossi loro figlia, e questo mi ha aiutato molto, la sensazione di non essere una patologia, un referto medico, ma di essere parte di una battaglia condivisa col mio medico mi ha aiutato molto”. Oggi Emma vorrebbe restituire quel sostegno alle donne che stanno vivendo il suo stesso problema. “Io non avevo sintomi, ma non sempre vuol dire stare bene. Ho iniziato a parlare di questo tema per spingere le ragazze a fare i controlli: ogni anno un check-up completo di tutto. Ribaltatevi come dei calzini e fate dei controlli perché a volte, sì, non si hanno dei sintomi”. Prima di intonare alcuni suoi successi, compreso il brano Amami, Emma ha concluso: “Abbiamo bisogno anche della cura più importante, che è l'amore e il rispetto per il nostro dolore".

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