Spoleto 68, Monique Veaute: “Sarà un festival di sorprese. Baricco sfiderà Bollani”

“Ci sono opere che racchiudono un'idea del mondo, che si fanno specchio della nostra sensibilità e del nostro tempo. Opere che attraversano epoche e culture, eppure restano vive, pulsanti, necessarie. È ancora una volta una sfida a cui sono chiamati gli artisti ospiti con le loro creazioni, e gli spettatori con la loro presenza al Festival di Spoleto: continuare, con disperata decisione, a essere se stessi”. Con questa filosofia Monique Veaute ha pensato alla 68esima edizione del Festival dei Due Mondi, in linea con quanto ha fatto dal 2021 a oggi come direttrice artistica. Anche quest’anno Spoleto conferma la sua larga visione aperta al dialogo multidisciplinare, con un cartellone eterogeneo che spazia tra musica, pittura, teatro, danza, perfomance, drammi e romanzi. Oltre 60 spettacoli, dal 27 giugno al 13 luglio, con nomi di spicco da tutto il mondo. Per questa nuova edizione arriveranno 700 artisti da 13 Paesi diversi. Quale sarà l'eccellenza che quest’anno porterà a Spoleto? Un po' tutto, basterebbe citare anche solo la Scala, che viene per la prima volta con il Quartetto d’archi e l’Ensemble di percussioni, o l’Accademia Santa Cecilia. O a Ersan Mondtag, artista protagonista del padiglione della Germania alla Biennale d’Arte di Venezia lo scorso anno, e Berliner Ensemble che mettono in scena "Woyzeck" di Georg Büchner con musicisti dal vivo. O alla danza con compagnie da tutto il mondo, come la Sydney Dance Company. Il titolo "Il Canto della Terra" è un evidente richiamo a Mahler ed è un po' il filo conduttore di questa edizione. Ci può spiegare meglio? Per me già il titolo è qualcosa di molto significativo su cui riflettere. Gustav Mahler ha scritto questa composizione come omaggio al rapporto dell'uomo con la natura già nel secolo scorso e per me oggi è importante anche solo ricordare questo. "Il Canto della Terra" insieme alla "Sinfonia n. 5" saranno eseguiti nel concerto finale in Piazza Duomo dalle orchestre in residenza al Festival, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e la Budapest Festival Orchestra, dirette da Iván Fischer. Ci saranno anche una serie di concerti a mezzogiorno, che quest’anno raddoppiano e saranno anche alle 17, dedicati al repertorio liederistico. La tradizione dei concerti di mezzogiorno è una cosa bellissima che ho voluto riprendere perché permette alla gente di ritrovarsi a quell’ora, ascoltare musica, andare a bere un bicchiere e pranzare, e poi ripartire dal pomeriggio con altri concerti fino a notte fonda. E poi la musica di Mahler guida i passi della compagnia australiana Circa, che mischia circo, danza e musica classica. Avete scelto un’apertura potente, l’opera "Hadrian" ispirata alle "Memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar, e presentata in prima italiana, di Rufus Wainwright, compositore americano che lei ha paragonato un po' ad Elton John… Sì, si conoscono molto bene e sono amici. Elton John l'ha molto ammirato e sostenuto e hanno anche fatto tantissime cose insieme. Rufus Wainwright verrà a Spoleto e ci starà anche un bel po’ di tempo per le prove. Abbiamo rifatto tutto il cast e farà anche un concerto in Piazza Duomo dove canterà le sue canzoni. Lui scrive musica, canta, balla, fa tutto. L’"Hadrian" è un'opera molto particolare ed è a 360 gradi perché c'è il coro, l'orchestra anche abbastanza ampia, con tantissime arpe. Noi conosciamo molto bene il repertorio classico dell'opera italiana ed è interessante sapere che all’estero si sono sviluppate tantissime forme d'opera che si ispirano anche al mondo di oggi, alle musiche contemporanee. A Spoleto tornerà anche Alessandro Baricco che sarà in scena in quello che lei ha definito in conferenza stampa una sorta di sfida con Stefano Bollani. In che senso? Sarà un vero e proprio duello in una specie di rievocazione di Novecento in cui Baricco sarà un pianista che parla più che suonare e che Bollani andrà a sfidare sulla nave. Metteranno in scena proprio questo momento e siamo tutti molto curiosi di vedere quello che accadrà. Una vera sfida tra parole e musica. E ho chiesto a Baricco: “Ma chi vince?”. Mi ha risposto: “Io, ovviamente”. Tra i tanti nomi rilevanti di questa edizione, per il teatro ci saranno anche Umberto Orsini e Luca Marinelli, appartenenti a generazioni diverse… Sì, sono due opposti direi. Umberto Orsini porterà in scena un po’ la sua vita in "Prima del Temporale". La nuova regia di Massimo Popolizio, che lo vede protagonista, è una rievocazione di una lunga carriera teatrale. A 84 anni, Orsini è un po’ il figlio del secolo, per fare un gioco di parole che ci porta all’altro grande attore che citava adesso, Luca Marinelli che per me è un genio. La prima volta che l'ho incontrato mi parlava con passione di quello che aveva fatto durante il Covid, cioè ripetere la scimmia di Kafka. Così gli ho detto: “Se vuoi vieni, ti metti dentro un teatro, provi e vedi come funziona”. E così due anni fa ha debuttato a Spoleto con la regia di "Una relazione per un'Accademia", trasposizione teatrale del testo di Kafka. Ed è stato stupendo. Ha una visione cinematografa di fare teatro davvero unica. Così gli ho chiesto di tornare a Spoleto e quest’anno farà un testo di Italo Calvino, "Cosmicomiche", prendendosi il doppio rischio: sarà regista e attore. A proposito di sfide, nel programma di danza avete inserito un nuovo "Bolero". Cosa dobbiamo aspettarci? È una nuova creazione del coreografo israeliano Shahar Binyamini in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita di Maurice Ravel. È molto giovane e molto dotato. Mi ha detto che aveva un sogno e quando qualcuno mi dice così mi convince subito. Certo si è preso un bel rischio perché è sicuramente il balletto più coreografato al mondo. Per questo "Bolero" ha riunito una trentina di danzatori da tutto il mondo che conosceva, tutti molto giovani. Ho visto qualche immagine delle prove ed è bellissimo. Sarà una sorpresa, come molte cose che presentiamo in questo che potremmo definire un "festival a sorpresa". Si chiude con questa edizione la sua esperienza come direttrice artistica. Che bilancio fa di questi 5 anni? Quali sono state le maggiori soddisfazioni? Gli artisti, sono stati loro la mia più grande soddisfazione. Poi ho rimesso a posto il patrimonio del Festival, i costumi, le scenografie, tutti quegli oggetti preziosi che erano dimenticati in una sorta di caverna di Alibabà. Abbiamo restaurato anche tantissime cose, persino un teatro. E poi le tante collaborazioni fatte, come quella con Umbria Jazz, le coproduzioni e tanto altro che conserverò per me. E se dovesse scegliere un ricordo? La sorprenderò perché non è uno spettacolo ma il rapporto creato con la città, con i quartieri, con il pubblico. Non avevo mai lavorato in una piccola cittadina e ho scoperto che sono contesti in cui nascono delle relazioni uniche. Ho conosciuto tanti amici, tra cui la signora Ada Urbani, che ha creato un’associazione di amici del Festival di Spoleto a cui per tre anni di seguito ha offerto, una domenica, una gigantesca frittata al tartufo. Buonissima, non ha idea della bontà. Ed è diventata una tradizione del Festival, tanto che gli artisti ora mi chiedono in quale giorno sarà in programma la frittata della signora Ada!

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