L'attore, protagonista de I delitti del BarLume, si racconta al vicedirettore Omar Schillaci nella nuova puntata del ciclo di interviste ai protagonisti dello spettacolo. In onda martedì 14 gennaio alle 21 su Sky TG24, sabato 18 gennaio alle 12:30 su Sky Arte e sempre disponibile on demand
È Filippo Timi il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Paolo Bonfadini, l’attore, regista e scrittore si racconta in “Filippo Timi – Stella danzante”. In onda martedì 14 gennaio alle 21:00 su Sky TG24, sabato 18 gennaio alle 12:30 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand.
In arrivo su Sky e NOW "IDelitti del BarLume”, la serie Sky Original prodotta da Sky Studios e Palomar, ispirata ai romanzi di Marco Malvaldi. Nella dodicesima stagione, composta da tre nuove storie, in onda rispettivamente il 13, 20 e 27 gennaio, Filippo Timi veste i panni di Massimo Viviani: “È talmente forte l’impronta di Roan Johnson che appena lo sento parte il Viviani. Parlo in toscano, divento un po' più burbero e un po' sfigato”. Racconta poi: “La cosa che mi diverte, ma che un pochino è anche un pretesto è andare a scoprire la verità. Perché è talmente esilarante, è talmente godurioso tutto l'intreccio delle vicende umane e sentimentali che ci succedono, che poi c'è anche la parte dell'indagine. Però, insomma, a me poi diverte più quello che accade tra me e La Tizi, me e Beppe, me e i vecchietti”.
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La storia di Filippo Timi inizia dalla sua infanzia, da un paesino vicino Perugia: “In una casa anni 70, con un televisore Grundig, prima in bianco e nero poi per la comunione è arrivata a colori. Finalmente quando ho visto ‘I'm singing in the rain’ mi ballettavano i piedi, la mia mamma si è arrabbiata e mi diceva ‘ma che balletti i piedi?’ E io ‘voglio ballare’”. Più volte si è parlato di origini molto semplici, anche povere: “Finché ero un bambino non avevo un paragone. Cioè, mangiare sempre la pasta al pomodoro era normale, perché ero convinto che tutti la mangiassero. Quando ho capito che alcuni mangiavano invece la pasta al caviale, lì ho fatto il confronto. È chiaro che quando fai i paragoni, caschi sempre male. Il mio ricordo, però, è davvero un'infanzia allegra. Poi la sofferenza mi arrivava comunque perché anche se la mamma ti dice ‘guarda che va tutto bene’ tu lo senti che magari ha le preoccupazioni. Però ringrazio la semplicità dell'avere poco”. Nella sua carriera cinematografica recita in ‘Saturno contro’ diretto da Ferzan Ozpetek. In una parte del film l’attore recita una cosa che in realtà ha, e che ha affrontato anche per la recitazione, la balbuzie: “Credo di averlo proposto io a Ozpetek proprio per caratterizzare un po' la fragilità di quest'uomo. Cioè l'ho trovato una caratteristica. Poi magari inconsciamente l'ho voluto fare anche perché se glielo dico prima che balbetto magari non diventa un problema, anzi. Ho proposto questa caratteristica, forse per rendere il ruolo mio, renderlo speciale”. Nel 2008 ottiene il ruolo per ‘Come Dio comanda’ di Gabriele Salvatores, film di grande intensità in cui interpreta il ruolo di un padre violento: “A un certo punto vengo preso da Gabriele senza neanche farmi il provino per questo film. Aveva visto un cortometraggio che ho fatto con Matteo Rovere e mi ha detto ‘sei perfetto’, e io ‘fammi il provino, Gabriele, fammi il provino’, senza però convincerlo. Ho un senso di gratitudine enorme per Gabriele. Lo stesso giorno ho fatto il provino per ‘Vincere’ di Marco Bellocchio, e mi hanno preso entrambi. C'è stato un momento in cui avrei dovuto scegliere tra i due film. Ho chiamato entrambi e ho detto ‘ragazzi non potete farmi scegliere tra la mamma e il papà, io li voglio fare entrambi’. E quindi si sono messi d'accordo”. Tra le fragilità Filippo Timi ha parlato più volte del morbo di Stargardt, una malattia che coinvolge la vista: “Mi condiziona molto, poi sono bravo, sono abituato a non farlo pesare neanche a me stesso. Metto in conto che non ci vedo”. Ripensando alla giovane età, dopo le superiori inizia l’università, in particolare viene ricordato un esame su Socrate che in termini di risultati non andò benissimo: “Io non volevo fare il filosofo anche se studiavo filosofia. Per dare l'esame su Socrate avevo letto che si dipingeva con l'ombretto azzurro, perché era il colore degli dèi, e si vestiva un po' da donna. Quindi io vado a dare l’esame in jeans e maglione però sopra mi metto una sottoveste e il rimmel blu elettrico, e fin qui va tutto bene, ognuno si veste come vuole. Il professore non mi ha cacciato per questo ma perché ho applicato il metodo socratico, ovvero a domanda rispondo con domanda e alla sesta domanda su domanda il professore mi ha detto ‘senta, prego’ e io ‘ha ragione lei’. Ho alzato le mani e lì ho capito che non volevo fare l'università ma volevo fare teatro, magari. Volevo diventare Socrate.” Nel 2022 esce il ‘Il filo invisibile’ di Marco Simon Puccioni, siamo nella commedia anche se si parla di un tema di grande attualità, la gestazione per altri: “Fino dieci anni fa questa sceneggiatura non sarebbe esista, ed è bellissimo per me aver potuto interpretare una commedia poi. Il far capire che i genitori non ci capiscono niente in ogni caso con un figlio. Un film stupendo, mi sono divertito moltissimo e ho avuto un sacco di soddisfazioni”. L’attore conclude con un aneddoto divertente su ‘Dostoevskij’, la serie Sky Original scritta e diretta dai fratelli D’Innocenzo in cui interpreta il poliziotto Enzo Vitello: “Faccio il provino e dopo uno si accorge se va bene o no, io sentivo che era stata una cosa bella, che c’eravamo capiti. Ho scrollato i miei contatti nel telefono ma non ho trovato nessuno a cui dire la bella notizia, e quindi niente ho abbracciato un albero e proprio in quel momento Damiano e Fabio mi hanno visto”.