Al Pacino, la sua autobiografia Sonny Boy è “splendida” e narrata come un film

Spettacolo

Camilla Sernagiotto

Credits: Getty e copertina del libro "Sonny Boy"

È uscito il libro in cui il divo di Hollywood si racconta, ripercorrendo la sua vita e la sua carriera: dalla vita difficile fino all’ascesa nell’olimpo dello star system, quello che viene soprannominato appunto "Sonny Boy" (da cui il titolo dell’opera, che deriva dalla canzone omonima di Al Jolson) si racconta partendo forse dal suo primo ricordo: nel 1943 ha tre anni e sua madre, Rose, lo porta nel cinema del quartiere

È uscita l’autobiografia di Al Pacino, intitolata Sonny Boy: A Memoir.

Si tratta di un libro in cui il divo di Hollywood si racconta, ripercorrendo la sua vita e la sua carriera: dalla vita difficile fino all’ascesa nell’olimpo dello star system, quello che viene soprannominato appunto "Sonny Boy" (da cui il titolo dell’opera, che deriva dalla canzone omonima di Al Jolson) si racconta partendo forse dal suo primo ricordo: nel 1943 ha tre anni e sua madre, Rose, lo porta nel cinema del quartiere.

 

Al Pacino ripercorre il suo cammino verso il successo, soffermandosi tanto sui film che si sono rivelati dei flop quanto sui suoi più grandi successi.
Quella che ne esce è un’autobiografia che Kathryn Hughes del quotidiano britannico The Guardian definisce come “splendida”.
L’inizio è molto commovente, con l’incipit dedicato alla mamma, la giovane e graziosa Rose, dotata di una sensibilità straordinaria, professione operaia. Con lei, il piccolo Al va al cinema e insieme si immergono in quei mondi e in quelle storie che si srotolano come per magia sullo schermo.

 

Scopriamo tutto quello che bisogna sapere su Sonny Boy di Al Pacino.

La tristezza della madre

Nelle prime pagine del libro di Al Pacino viene presentata Rose, la sua amata madre. Una donna che, suo malgrado, ha vissuto una vita molto triste: il marito è fuggito, risposandosi con un’altra donna, motivo per cui Rose ha riportato il piccolo Alfredo (questo il nome di Al) nel South Bronx per vivere con i suoi genitori, nonni materni di Al Pacino.

La vita difficile nella New York del dopoguerra

Il racconto di Al Pacino passa a focalizzarsi sulle strade difficili della New York del dopoguerra in cui cresce.

La sua narrazione è molto cinematografica, forse per deformazione professionale, fatto sta che tutto quello che racconta sembra di vederlo passare sul grande schermo, da lui magistralmente interpretato come sempre.

 

Al Pacino presenta la sua banda di piccoli duri: Cliffy, Bruce e Petey sono ragazzini suoi amici che, assieme a lui, marinano la scuola e incominciano a combinare parecchi guai.
È solo grazie alla cura e all'attenzione di sua madre Rose - scrive a chiare lettere Al Pacino - che lui non finisce come i suoi amici, tutti morti entro i 30 anni a causa della droga. Spiega nelle pagine dell’autobiografia che l’influenza della madre è stata fondamentale per lui: il suo incoraggiamento è stato la sua forza, il suo motore. Ed è così che Sonny riesce a ottenere un posto alla High School of Performing Arts di New York.

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La salute mentale della madre

Al Pacino racconta che dovrà ben presto abbandonare la recitazione per incominciare a lavorare: deve guadagnare abbastanza soldi per pagare i trattamenti necessari per la salute mentale della madre, salute che è in declino.
Ma tanto, comunque, Pacino ancora non sa quanto per lui sia di vitale importanza recitare. E nulla ancora conosce di quel mondo, tanto che, quando dopo una performance molto buona una persona gli dice "Ehi ragazzo, sei il prossimo Marlon Brando", lui non sa nemmeno chi sia questo Marlon Brando…

 

Lascia così la High School of Performing Arts di New York dopo un anno perché Rose ha bisogno che lui inizi a lavorare per pagare i trattamenti elettroshock e i barbiturici necessari per la sua salute mentale in declino.

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Al Pacino divorava i testi delle opere teatrali

Tutto il tempo libero che aveva a disposizione quando era ragazzo, lo trascorreva nelle biblioteche pubbliche, divorando Anton Čechov, Hemingway e Odets.
Nel frattempo, sua madre Rose, "fragile e incontrollabile", farà un’infausta fine, dimostrando quel destino oscuro quasi da personaggio di un’opera di Tennessee Williams, per rimanere nell'ambito dei drammaturghi tanto amati da Pacino . Come in un dramma di Williams, Rose morirà per overdose accidentale nel 1962, quando il figlio Sonny ha solo 22 anni.

Pacino condivide un appartamento con Martin Sheen

Sonny condividerà un appartamento con Martin Sheen, come racconta in questa sua autobiografia. È il periodo in cui entrambi non sono ancora star di Hollywood, chiaramente: si conoscono mentre studiano recitazione e nel periodo in cui cercano di trovare il proprio posto in quel mondo difficilissimo, quel sistema in cui emergere sembrava davvero un’impresa impossibile.

Ma alla fine, come ben sappiamo, entrambi diventeranno dei divi di quella Hollywood che inizialmente sembrava loro così lontana, così un miraggio irraggiungibile.

Il nonno nato a Corleone decisivo per la parte ne Il padrino

“Ciò che il lettore attende, ovviamente, è il momento in cui nel 1972 Francis Ford Coppola lo sceglie per co-interpretare Il padrino”, scrive a giusta ragione Kathryn Hughes su un articolo pubblicato nelle scorse ore sul quotidiano britannico The Guardian.
Lo studio voleva Jack Nicholson, ma quando Al Pacino scopre che suo nonno, il padre di Rose, era nato in un paese siciliano chiamato Corleone, tutto inizia a sembrare predestinato.

Tante pagine dedicate ai film flop

Al Pacino dedica più tempo, più attenzione e più pagine ai film che non hanno funzionato rispetto a quelli che hanno avuto successo.

Sebbene non si rammarichi di aver rifiutato il ruolo di Han Solo in Star Wars, si chiede però anche perché abbia lottato così tanto per realizzare film fallimentari come Bobby Deerfield e Revolution di Hugh Hudson, entrambi titoli che ammette essere stati davvero dannosi per la sua carriera.

Il rapporto con l’alcol

L’alcolismo è un capitolo della vita - e dunque anche di questa autobiografia - di Al Pacino. Tuttavia, benché venga spontaneo definirlo come un capitolo doloroso e negativo, lui spiega che in realtà gli ha risparmiato il lungo dolore della perdita di sua madre. Aggiunge che senza l'alcol sarebbe finito anche lui al Bellevue, l'ospedale psichiatrico.

Racconta di come nel suo caso la terapia (“quella costosa dove vai cinque volte a settimana per decenni”) sia stata ciò che ha fatto la differenza, salvandolo dall’inevitabile baratro.

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Gli amori

Le pagine della sua autobiografia non possono di certo tralasciare la fetta romantica della sua vita.

Un quasi-matrimonio con Jill Clayburgh è seguito da lunghe relazioni con Diane Keaton e Tuesday Weld. E nel 2023, Al Pacino diventa padre per la quarta volta con la produttrice Noor Alfallah. Il piccolo Roman Pacino è ancora in fasce, mentre il suo papà ha 84 anni. Si interroga sul giorno in cui tenterà di spiegare a suo figlio com'era crescere nel Bronx negli anni '40. Secondo lui, sembrerà “assurdo come la Londra di Oliver Twist”.

Non ha più nulla da temere né da nascondere

Sonny Boy è l’autobiografia di un uomo che non ha più nulla da temere né da nascondere. Tutti i grandi ruoli, le collaborazioni essenziali e le relazioni importanti vengono esplorati a fondo. Il filo conduttore del libro è lo spirito dell’amore. Al Pacino è stato abbastanza fortunato da innamorarsi profondamente di un mestiere prima ancora di avere la minima idea delle sue ricompense materiali, e non ha mai smesso di amarlo. Questo ha fatto tutta la differenza.

 

L’attore ha ottenuto il suo primo ruolo da protagonista in The Panic in Needle Park nel 1971 e, nel 1975, aveva già recitato in quattro film — Il padrino, Il padrino - Parte II, Serpico e Quel pomeriggio di un giorno da cani — che non solo sono stati grandi successi, ma veri e propri pietre miliari nella storia del cinema. Quelle interpretazioni sono diventate leggendarie e hanno cambiato la sua vita per sempre. Non si vedeva un attore imporsi con una tale forza culturale dai tempi di Marlon Brando e James Dean negli anni '50.

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Una vita bohémien

Al Pacino ha vissuto diverse vite. Figura di spicco nel teatro d'avanguardia di New York, ha condotto una vita bohémien, lavorando in vari impieghi occasionali per sostenere il suo mestiere.

Cresciuto da una madre amorevole ma mentalmente instabile e dai suoi nonni dopo che suo padre li ha abbandonati, in un certo senso fu però cresciuto anche dalle strade del South Bronx e dalla banda di giovani amici avventurieri con cui passava il tempo.

 

Dopo che un insegnante riconobbe il suo talento per la recitazione e lo spinse verso la celebre High School of Performing Arts di New York, il destino ha fatto il suo corso. Nei momenti buoni e cattivi, nella povertà e nella ricchezza, la recitazione è stata la sua ancora di salvezza, e la comunità degli attori la sua tribù.

Cosa scrive la critica dell’autobiografia di Al Pacino

La critica mondiale è entusiasta. "Il libro è un viaggio meraviglioso”, scrive il New York Times Magazine.
"Profondo... Sembra di passeggiare attraverso la storia del cinema americano degli ultimi 50 anni”, si legge sul Los Angeles Times. "Straordinariamente cinematografico... Una splendida autobiografia”, scrive il sopracitato The Guardian.

 

Da uno degli attori più iconici della storia del cinema, un resoconto sorprendentemente rivelatore di una vita creativa vissuta appieno. “L'impegno di Pacino con la sua arte è stato un modello di come si può impegnarsi con passione — e in modi diversi — con il mondo... È sempre stato perfetto? No. Punta a qualcosa di più rischioso e vivo della perfezione. È sempre perspicace, libero, imperdibile? Assolutamente sì... Sono certo che ci siano innumerevoli persone che si sentono altrettanto legate al lavoro di Pacino. È quello che succede quando illumini così tanto il comportamento umano... Il libro è un viaggio meraviglioso. Lo è anche lui”, queste le parole di David Marchese su The New York Times Magazine.


“Leggendo Sonny Boy, si percepisce qualcosa di irrequieto e quasi indefinibile — fino a quando tutto si concentra, incandescente, nel momento dell’espressione drammatica. Il momento dell'accensione... ‘La professione dell’attore,’ disse Strasberg, ‘l'arte fondamentale della recitazione, è una cosa mostruosa perché viene fatta con gli stessi muscoli di carne e ossa con cui compi azioni ordinarie, azioni reali.’ Sonny Boy ci presenta il Pacino delle azioni quotidiane, che si muove goffamente nelle sue esperienze, e vediamo che è al servizio — soggiogato — di Pacino l’attore. E se i suoi ricordi a volte sono un po' sfumati o impressionistici, lo capiamo: non vuole violare, con troppa introspezione, il prezioso mistero che sta al centro del suo mestiere. Non vuole compromettere chi è quando ascolta Beethoven”, scrive James Parker su The Atlantic.


“Profondamente riflessivo... Leggere Sonny Boy spesso dà la sensazione di essere immersi nella storia del cinema americano degli ultimi 50 anni... Intriso di quella che sembra essere un’onestà autoironica che accompagna la tipica sicurezza di Pacino”, scrive Chris Vognar sul Los Angeles Times.  

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