Francesco Guccini: "Canto Canzoni da Intorto e io resto un troiano, sto con i perdenti"

Spettacolo

Fabrizio Basso

Credit Mattia Zoppellaro

A dieci anni di distanza dall’ultimo album in studio, L'Ultima Thule, arriva il nuovo disco del Maestro del cantautorato italiano in uscita venerdì 18 novembre 2022 per BMG esclusivamente in formato fisico. L'INTERVISTA

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Un progetto speciale ma romantico. Nonostante le canzoni vadano dai morti di Reggio Emilia a quell'idea(le) che si chiama anarchia. Indubbiamente Canzoni da Intorto è un progetto unico nel suo genere, è il concept album dell'anima che Francesco Guccini ha sempre desiderato realizzare e che ora prende finalmente vita, regalandoci a sorpresa la sua voce e, ancora una volta, un pezzo di storia. Composto da undici brani appartenenti alla cultura popolare, con arrangiamenti dal richiamo balcanico e folk, Canzoni da Intorto è un pezzo di cuore di Francesco Guccini, qui arrangiate e interpretate in una veste nuova. Frammenti di poesia della musica italiana e internazionale con le quali il cantautore di Pavana ha dato vita a una sorta di biografia musicale, un’opera dal valore culturale, quasi educativo.


Francesco come sono state scelte le canzoni che compongono Canzoni da Intorto?

Parto dicendoti che è un giorno pessimo, mi hanno già intervistato in 16 con le 16 solite domande e una è questa. Questa folle operazione che nasce parecchio tempo fa. Molti anni addietro volevo fare un disco di cover ma ho trovato resistenza e non si è mai fatto. Ma avrei scelto canzoni molto diverse, stavolta ho scelto quelle cantate con gli amici e le amiche nelle scarse riunioni conviviali che facevo ultimamente. Sono quelle di una vita notturna fatta di partite a carte dove non ci siamo mai giocati neanche un caffè; ma prima si cantava. Sono quelle che ho proposto quando mi hanno chiesto di realizzare questo album. L’unica cosa di cui non sono responsabile è l’ordine con cui appaiono nel disco.
Ti diverti a spaziare nel mondo dei dialetti.
Il milanese e il modenese sono lontani cugini. Ce ne è anche una in dialetto piemontese, Barun Litrun, e mi dicono che non è fatta male. Ho rinunciato a quelle in francese perché una volta mi sono cimentato con Jacques Brel e una amica mi ha detto di lasciare perdere. Considera che sono tutte canzoni che ho imparato ascoltandole.
Intorto è un sinonimo di seduzione. Anche una star come te aveva bisogno della chitarra per...intortare le  ragazze?
Non sono una star ma un povero cog***ne che è un’altra storia. L'idea di canzoni da intorto nasce da una intuizione di mia moglie Raffaella in occasione di una cena con la BMG. Viene dall’idea di canzoni marginali: il messaggio è che la canto a una ragazza che non la ha mai sentita, magari è una canzone piemontese del '700 e qui nasce l’intorto perché fai vedere che sei un fighetto e che non vendi puttanate.
I Morti di Reggio Emilia lo avete alleggerito con una veste musicale quasi danzante.
Non sono responsabile degli arrangiamenti che giudico belli e intelligenti e mi sono piaciuti.

Molti brani usano parole forti, non sono neutrali: oggi c’è un altro colore che ci governa, ci hai pensato?
Quando ho fatto il disco si intuiva quello che sarebbe successo ma non c’era ancora. Qui mostro in maniera serena il mio punto di vista, mi fa piacere che sia di un certo tipo anche se io quelle canzoni le cantavo già tempo fa. Sai in seconda media abbiamo studiato l'Iliade e c'era in classe un piccolo gruppo che tifava per i troiani, che erano i perdenti, io ero tra questi tifo ancora oggi per i troiani. A pensarci bene sono tutte canzoni perdenti.
Ma esistono ancora gli anarchici?
Io non sono anarchico però mi sento a loro vicino, è una idea romantica. Sono sempre stato un simpatizzante anarchico ma converrai con me che nel 2022 è difficile esserlo. Lo era il ferroviere della mia canzone, La Locomotiva, ma parliamo di un'altra epoca.
Canzoni da Intorto uscirà solo in formato fisico. Perché niente piattaforme?
Ignoro cosa sia uno streaming e dunque non è colpa mia. A parte gli ultimi due album non ho mai presentato neanche i miei dischi, sono un po’ all’antica.
Oggi il mondo della discografia è in costante mutamento.
Mi auguro che sulle canzoni dei miei 18 anni cali un velo pietoso. Le prime le hanno cantate l’Equipe 84 poi i Nomadi. Dio è Morto è la mia prima canzone da iscritto alla Siae. Io scrivevo perché mi piaceva scrivere, se non avessero avuto successo non so se avrei continuato. Le hanno scelte per caso, perché ero amico dell’Equipe 84 e dell’arrangiatore dei Nomadi.
Nella politica italiana è ancora accesa la fiamma tricolore nei simboli: che ne pensi?
La fiamma tricolore non la hanno tolta ma si sono dichiarati contro i totalitarismi. E' imparagonabile dice il professore Alessandro Barbero lo stalinismo al nazismo, perché il comunismo aveva una ragione di speranza in più. Non mi piace che ci sia ancora la fiamma ma gli italiani pare siano contenti, staremo a vedere. I Carri armati americani furono una grande speranza di democrazia e spero che in qualche modo si proceda in quella direzione nel senso che spero si possa andare avanti con la forza delle idee e della democrazia. Le canzoni fasciste sono spesso bolse e retoriche ma due sono interessanti perché hanno quell'amarezza che trasmette il senso della sconfitta e sono Le donne non ci vogliono più bene perché portiamo la camicia nera e La sagra di Giarabub.
Hai canzoni nuove pronte o in fase di elaborazione?
Ho smesso di scrivere canzoni con L’ultima Thule, non ne sono più capace, ho smesso per non dovere cercare qualcosa che non veniva più. Non suono più la chitarra e quindi non riesco a comporre. Non ho mai detto che non avrei più cantato ma che non avrei scritto canzoni. E’ capitato questo disco ed è stato quasi una scommessa che mi ha incuriosito.


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