A Milano l’urlo punk delle Pussy Riot: “Non c’è destino, c’è una scelta”

Spettacolo

Valentina Clemente

“Non importa quale lingua parliamo o il nostro paese di provenienza: dobbiamo essere uniti contro questa guerra. Non restate in silenzio. Continuate a lottare!” L’urlo, la richiesta di tenere alta l’attenzione su quello che sta accadendo, ma anche su quello che è successo a una di loro, Masha. In un concerto – pièce teatrale portato al Teatro Arcimboldi, le Pussy Riot raccontano la loro storia, portano il loro ultimo singolo sulla tragedia di Bucha e lanciano un messaggio: “Non c’è destino, c’è una scelta”

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“È una canzone contro la guerra, e una parte parla di quello che è accaduto a Bucha. Abbiamo preso una frase di un giovane soldato russo, registrata dall’esercito ucraino, mentre diceva alla madre che non c’erano i nazisti. Attraverso le sue parole e la nostra musica vogliamo raccontare gli effetti della propaganda in Russia”: Maria Alyokhina, una delle Pussy Riot, racconta così una delle canzoni che il collettivo russo ha portato in scena al Teatro Arcimboldi di Milano. Unica data italiana, per la prima volta in un teatro. “Solitamente ci esibiamo in club, dove tutte le persone sono in piedi. Questa per noi è stata la prima occasione a teatro, ma la risposta del pubblico è stata bellissima. Poter portare la nostra storia e raccontare quello che sta accadendo in Russia, oggi, è molto importante. Tanto quanto lo è non restare in silenzio e continuare a lottare” aggiunge Masha, come viene chiamata.

"Riots days", tra punk e proteste

Uno show punk, completamente in russo, con la traduzione in italiano, che ripercorre proprio la storia di Masha, dalle prime proteste all’arresto, il braccialetto elettronico. Ma anche dei 442 prigionieri politici, perseguitati in Russia, di cui durante il loro spettacolo-racconto si vedono alcune foto. Musica forte, che ti entra nell’anima, soprattutto per il messaggio che lanciano attraverso ogni singola frase. In un concerto di circa un’ora le quattro rioters cantano, si esibiscono, urlano. Dietro di loro scorrono video che descrivono quello che sta accadendo in Russia, le teorie di complotto, di come la loro protesta sia sempre stata una necessità. Video e frasi chiave, tra cui spiccano “Riot days” (il titolo del libro di Maria Alyokhina da cui è stato tratto lo spettacolo), “Russia Free” (Russia libera), “We won’t disappear (non spariremo). Messaggi che lanciano a tutti, non solo alla Russia di Putin. Al termine uno spazio è lasciato alla richiesta di sostegno di questa causa: parte dei proventi dei concerti verranno donati a un ospedale pediatrico a Kiev, che le Pussy Riot hanno cercato di supportare economicamente sin dall’inizio della guerra. Con la richiesta, l’urlo di tenere alta l’attenzione su quello che sta accadendo. Il saluto delle rioters è affidato a uno striscione, portato dal pubblico, dove si legge “Milano è contro la guerra”.

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